IL TEMA DI MATURITÀ DELLE SCUOLE SUPERIORI DI QUEST'ANNO, HA AVUTO COME TRACCIA UNA FRASE TRATTA DALLA PREFAZIONE DI UN LIBRO DI CLAUDIO MAGRIS.
LETTERATO ITALIANO, LAUREATOSI A TORINO NEL '62, VIVENTE, MA PER I PIÙ MISCONOSCIUTO, CERCHIAMO DI APPROFONDIRE INSIEME LA SUA FIGURA.
Uno dei più notevoli saggisti contemporanei e dei più penetranti e geniali studiosi di letteratura mitteleuropea, erede della grande tradizione culturale triestina, lo scrittore e germanista Claudio Magris nasce il 10 aprile 1939 a Trieste. Finissimo letterato, di vastissima e straordinaria cultura, è uno dei più profondi saggisti contemporanei, capace come pochi di scandagliare non solo il patrimonio della letteratura mitteleuropea ma anche di ritrovare le ragioni profonde sedimentate dietro ogni libro con cui viene a contatto. Infine, Magris è indubbiamente uno dei letterati di più grande umanità e sensibilità, come testimoniato periodicamente anche dai suoi sempre acuti, a volte commoventi, interventi.
Il mondo della sua infanzia e della sua adolescenza — l’humus vitale, in cui Magris appare fortemente radicato — è per l’appunto Trieste, città di «frontiera» plurietnica e pluriculturale: «“collage” in cui niente si è trasferito nel passato e nessuna ferita si è rimarginata nel tempo, in cui tutto è presente, aperto e acerbo, in cui tutto coesiste ed è contiguo: impero asburgico, fascismo e Quarantacinque, nostalgie imperialregie, nazionalismo e indipendentismo… la caparbia sapienza della mitteleuropea ebraica, la ritrosa intelligenza slovena e quella epica e tranquilla del Friuli…».
Oltre che alla sua città natale, la sua formazione intellettuale è legata anche a Torino — luogo del mondo intellettuale e dell’età adulta. A Torino, infatti, Magris si laurea nel 1962 in Lingua e Letteratura Tedesca con Lionello Vincenti. Dopo un periodo di apprendistato all’Università di Freiburg, Magris è stato, dal 1970 al 1978, ordinario di Lingua e Letteratura Tedesca all’Università di Torino, mentre ora insegna all’Università di Trieste.
La sua tesi di laurea, dal titolo Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna, pubblicata da Einaudi nel 1963, ha dato il via alla sua produzione e — sul piano degli studi, ma anche su quello dell’editoria e dell’interesse dei lettori — a un recupero della letteratura mitteleuropea. Da allora, in molteplici lavori saggistici, relazioni, introduzioni, prefazioni ed elzeviri — soprattutto per il «Corriere della Sera» — Magris analizza la letteratura del nostro secolo, in particolar modo quella mitteleuropea e scandinava, come metafora della crisi della civiltà moderna, contribuendo a diffondere, in Italia e all’estero, la letteratura del “mito asburgico”.
Fra i suoi principali saggi e studi critici (di indirizzo storicistico e lukacsiano) ricordiamo, dopo Wilhelm Heinse (1968) e Tre studi su Hoffmann (1969), la pubblicazione negli anni Settanta di Lontano da dove, Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale (1971), L'anarchico al bivio. Intellettuale e politica nel teatro di Dorst (scritto con Cases Cesare, 1974), Dietro le parole (1978), e L’altra ragione. Tre saggi su Hoffmann (1978). Seguono nel 1982 Itaca e oltre e Trieste. Un’identità di frontiera (scritto con Angelo Ara). Ed infine nel 1984 pubblica L'anello di Clarisse. Grande stile e nichilismo nella letteratura moderna — summa del suo pensiero e specchio saggistico del contemporaneo Illazioni su una sciabola, con cui lo scrittore triestino, in quello stesso anno, esordisce nella narrativa, imponendosi come uno degli autori italiani più originali ed apprezzati all’estero. Sempre nell’84 esce Giuseppe Wulz (scritto con Italo Zannier), e l’anno successivo Quale totalità.
Nel 1986 Magris dà alle stampe il suo capolavoro, Danubio — suggestivo diario sentimentale e viaggio nello spazio e nel tempo, da cui nel 1997 il regista Pressburger ha ideato per il Mittelfest uno spettacolo teatrale itinerante. Danubio, tradotto in più di diciassette lingue, è stato scritto, in buona parte, nei pomeriggi trascorsi a un tavolo del suo caffè prediletto, il Tommaseo — un antico caffè triestino, sul tipo di quelli della vecchia Europa, «dove il tempo si è rappreso in grumi distinti e adiacenti». Scrittore dall’esistenza ritmata da abitudini e gesti quotidiani, sposato con due figli, Magris ama, quando non è altrove, scrivere e leggere anche al Caffè San Marco.
Superata, con Illazioni e Danubio, la linea di demarcazione che separa il saggista dallo scrittore, Magris — già studioso del teatro in lingua tedesca e traduttore di testi teatrali (di Buechner, Kleist, Ibsen, Schnitzler) — si cimenta anche con il dramma teatrale, e nel 1988 pubblica Stadelmann.
Dopo il romanzo breve Un altro mare (1991) e l’intenso e musicale racconto Il Conde (1993), nel 1995 pubblica Le voci.
Nel 1997 lo scrittore triestino vince con Microcosmi il prestigioso Premio Strega, mentre nel 1999 torna alla saggistica con Utopia e disincanto, Saggi 1974-1998, una raccolta di brevi saggi e articoli giornalistici. Del 2001 è La mostra.
Nella saggistica di Magris, il dato scientifico si fonde con quello umano, così come, nella sua produzione narrativa, persone, luoghi ed esperienze di vita si fanno spaccato di civiltà mitteleuropea.
Nel 2005, simile al cieco Omero, Claudio Magris raccoglie le tante voci che popolano la narrazione e cerca pazientemente di ordinarle e unificarle in un poema, Alla cieca, che non cela le cuciture e gli strappi e neppure la mescolanza e l’intreccio di variazioni diverse sulle stesse leggende e storie. Prima che l'anno si concluda, percorriamo ancora in compagnia dell'autore gli itinerari di L’infinito viaggiare e ci accorgiamo di come l’esperienza del viaggio possa condensarsi in una necessaria educazione dello sguardo; in uno stupefacente (anche doloroso) romanzo di formazione. Uno splendido quaderno di viaggi – righe fitte d’inchiostro e vita vissuta.
sabato 29 giugno 2013
sabato 22 giugno 2013
Bellezze di Roma: i Castelli Romani
CHI VA A ROMA COME TURISTA NON DOVREBBE PERDERE IL FAMOSO
GIRO DEI CASTELLI ROMANI TRA I SUOI COLLI, I MONASTERI, LE FONTANE I SITI ARCHEOLOGICI E LE FAMOSE VILLE ROMANE...
DOPO OSTIA ANTICA E I MUSEI VATICANI, È SICURAMENTE UN
PERCORSO OBBLIGATO PER NON PERDERE LE MERAVIGLIE DI QUESTI LUOGHI: PERCHÉ ROMA,
NON È SOLO... ROMA!!!
Le
origini del nome
Dopo la caduta
dell'Impero Romano, nell'area dei Colli Albani, iniziarono ad essere costruiti
punti fortificati di proprietà di varie famiglie baronali romane, che si
evolvettero in seguito anche in veri e propri castelli durante l'età
medioevale. Il toponimo di "Castelli Romani" per indicare i
quattordici -o sedici- comuni dei Colli Albani si iniziò a diffondere a partire
dal XIX secolo, divenendo d'uso comune durante il XX secolo.
Età antica (3000
a.C. - 476)
In età preistorica, l'area dei Castelli Romani fu abitata
fin dal primo millennio a.C. da popolazione indoeuropee che praticavano
l'inumanto dei cadaveri: questi popoli, chiamati Albani o più generalmente
Latini, diedero vita alla cultura laziale. Secondo il mito, i Castelli Romani
furono teatro della guerra tra Enea e Turno, che si concluse con la vittoria
dei Troiani e la fondazione di Lavinio. Ascanio, figlio di Enea, fondò quindi
una nuova capitale, Alba Longa, situata nei dintorni del Lago Albano, nel
territorio degli attuali comuni di Castel Gandolfo, Marino, Albano Laziale e
Rocca di Papa. Altre importanti città latine erano Aricia, in comune di
Ariccia, Cobrium, forse l'attuale Rocca Priora, Cabum, nel territorio di Rocca
di Papa, Bovillae e Mugillae, in territorio di Marino, Corioli, presso Genzano
di Roma, Lanuvium, oggi Lanuvio, Velitrae, oggi Velletri, Labicum,
probabilmente Colonna.
Medioevo (476 - 1501)
Subito dopo la
caduta dell'Impero Romano, le antiche città romane iniziarono a decadere.
Bovillae scomparve dalle carte geografiche già prima del 1000, Aricia venne
saccheggiata più volte dai barbari, i Castra Albana furono abbandonati dalla
Legio II Parthica, Labicum divenne Labicum Quintanenses, prima di scomparire
anche dalle cartine geografiche.
Età moderna (1501
- 1798)
Il XVI ed il XVII secolo.
Il XVI secolo vede ai Castelli una grande
intensificazione dell'edilizia monumentale e dell'urbanizzazione in generale.
Ciò è dovuto al cessare del periodo di insicurezza legato alle continue guerre
tra le famiglie baronali romani, e alla maggiore attenzione data ai feudatari
anche alla parte estetica dei loro feudi. Anzitutto, nel 1604 Castel Gandolfo
fu inclusa da papa Clemente VIII tra i beni de non alienandis, et infeudandis
della Santa Sede, ovvero il feudo castellano sarebbe rimasto perennemente
infeudato alla Camera Apostolica. In seguito a ciò, diversi Pontefici si
curarono di migliorare la vita del feudo: nel 1611 papa Paolo V ordinò il
prosciugamento del Laghetto di Turno e la conduzione a Castel Gandolfo delle
acque di Palazzolo; lo stesso Papa nel 1619 consacrò sempre a Castel Gandolfo
la Chiesa di Santa Maria Assunta con il convento dei PP. Francescani Riformati.
Ma papa Paolo V aveva un grande progetto, cioè la realizzazione della residenza
estiva ufficiale dei Pontefici: a questo scopo aveva iniziato a far costruire
Villa Mondragone a Monte Porzio Catone. Il suo successore papa Urbano VIII
(1623-1644) sarà però di diversa tendenza: nel 1626 Urbano VIII fu infatti il
primo Papa ad emanare una bolla ex Arce Gandulphi, avviando così l'usanza delle
villeggiature papali nel Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, appena
edificato sotto la direzione di Carlo Maderno. Sempre ad Urbano VIII dobbiamo
la realizzazione delle due "gallerie" alberate, la Galleria di Sotto
e la Galleria di Sopra, che collegano Albano e Castel Gandolfo. Nel frattempo,
anche nel resto dei Castelli fervevano fabbriche di nuove costruzioni: a
Frascati, nel 1612 fu consacrato il Santuario del Capocroce, mentre
l'architetto Ottaviano Nonni tra il 1599 ed il 1636 completava la Basilica
Cattedrale di San Pietro, ancora priva di facciata. A Marino il principe
Filippo I Colonna, che poteva fregiarsi del titolo di Duca di Marino concesso
allo zio cardinal Ascanio nel 1606, ordinò nel 1622 la costruzione della torre
quadrangolare di Palazzo Colonna, ultimo tassello alla fabbrica del palazzo.
Sempre a Filippo I Colonna dobbiamo la costruzione della Villa Colonna di
Belpoggio a Marino. Suo figlio, cardinal Girolamo Colonna, ordinò
all'architetto Antonio del Grande di realizzare a Marino la Basilica Collegiata
di San Barnaba (1640-1662), e a Rocca di Papa la Parrocchiale di Santa Maria
Assunta (1664-1731). Nel 1636 la Congregazione dei Chierici Regolari Minori
iniziò la costruzione della Chiesa della Santissima Trinità a Marino come sede
per un miracoloso Crocifisso. Il cardinal Girolamo Colonna fu anche il
committente di due ville suburbane, una nella frazione Frattocchie di Marino,
Villa della Sirena, una in località Palazzolo di Rocca di Papa, Villa del
Cardinale. Ad Albano i Savelli, nonostante le grandi difficotà economiche in
cui versavano, posero in opera la costruzione della Chiesa di San Bonaventura
con annesso convento dei PP. Cappuccini (1619). In quel di Genzano, il duca
Giuliano III Cesarini nel 1636 provvide a ricostruire la Chiesa di Santa Maria
della Cima (1636-1650), sotto la guida dell'architetto Giovanni Antonio De Rossi:
difatti a partire dal 1643 lo stesso duca iniziò a concepire, assieme
all'architetto Ludovico Gregorini, il sistema stradario delle Olmate, grandi
stradoni fiancheggiati da quattro file di olmi che formano oggi due tridenti
attorno ai quali è cresciuta la Genzano Nuova sei-settecentesca. A Genzano si
stabilirono, presso l'attuale Convento dei Cappuccini, i PP. Cappuccini
scacciati nel 1637 da Nemi a causa della carenza di acqua condotta. A Nemi nel
frattempo il feudatario Mario Frangipane finanziò la ricostruzione della
Parrocchiale di Santa Maria del Pozzo. Velletri nella prima metà del XVI secolo
ottenne finalmente l'acqua condotta dalle sorgenti della Faiola e di Monte
Artemisio, grazie ad un progetto dell'architetto Giovanni Fontana datato
attorno al 1612: iniziarono così ad essere edificate molte fontane, di cui
ricordiamo le fontane gemelle di piazza Cairoli, di cui oggi sopravvive solo la
più recente, datata 1622; l'altra incompiuta era del 1618; la fontana di piazza
Mazzini, datata 1612 ma rifatta nel 1623. Sempre a Velletri tra il 1622 ed il
1759 si ricostruì la Chiesa di Santa Maria del Trivio, su progetto di Carlo
Maderno. Papa Alessandro VII (1655-1667) fu il secondo Papa della famiglia
Chigi; finanziò la costruzione della Collegiata di San Tommaso da Villanova
(1658-1661) su progetto di Gian Lorenzo Bernini e la sistemazione del Palazzo
Pontificio a Castel Gandolfo (1660) e ordinò la realizzazione della odierna
Strada Provinciale dei Cappuccini, già via Alessandrina, che congiunge Castel
Gandolfo ed Albano a Palazzolo lungo il crinale meridionale del Lago Albano. I
nipoti di papa Alessandro VII, il principe Agostino Chigi ed il cardinal Flavio
Chigi, quest'ultimo già possessore di una villa a Pavona, decisero di
acquistare nel 1661 il feudo di Ariccia dalla famiglia Savelli, oberata dai
debiti. Appena venuti in possesso del feudo, i Chigi si interessarono a
migliorarlo anche esteticamente: fecero erigere così la Collegiata di Santa
Maria Assunta (1663-1665) e l'antistante Palazzo Chigi, circondato dal grande
Parco Chigi: nella progettazione di tutti questi edifici mise mano Gian Lorenzo
Bernini. Il duca Filippo Cesarini nel 1675 finanziò la ricostruzione della
Collegiata di Santa Maria Maggiore a Lanuvio, il cui campanile è attribuito a
Francesco Borromini. Nello stesso anno, fu realizzata a Lanuvio la monumentale
fontana degli Scogli. Al di là delle grandi opere realizzate, il XVI secolo
portò ai Castelli anche una grande pestilenza, quella del 1656-1657. La peste a
Roma si diffuse nel giugno 1656, via Napoli, partendo dal Trastevere:
immediatamente, le autorità presero provvedimenti al riguardo. L'area più
colpita dalla peste ai Castelli fu quella tra Frascati, Grottaferrata e Marino:
alcuni studiosi ipotizzano che il toponimo Valle dei Morti dato alla vallata
sottostante Marino verso Colle Cimino sia collegabile alla pestilenza del 1656,
in quanto questa zona, fondo dell'Abbazia di San Nilo di Grottaferrata, fu
concessa dai monaci come luogo di sepoltura per gli appestati. Anche a Velletri
la peste imperversava, e in città i PP. Cappuccini furono incaricati di
occuparsi della cura degli ammalati nel corpo e nello spirito. Ariccia, quasi
per miracolo ma molto più per la posizione allora fuori mano dell'abitato,
venne risparmiata dal morbo, tanto che gli abitanti eressero una nuova chiesa
dedicata a san Rocco, protettore degli appestati. Nuovi luoghi di culto a san
Rocco sorsero un pò dovunque, da Frascati, dove i santi Rocco e Sebastiano
furono proclamati patroni e gli fu dedicata l'ex-cattedrale, ora Chiesa di
Santa Maria al Vivaro, a Marino, dove nel mese di agosto erano solenni i
festeggiamenti per il santo, ad Albano, fino a Rocca di Papa e Velletri.
Il XVIII secolo
Nel XVIII secolo furono portate a compimento molte grandi
opere urbanistiche: dalle Olmate di Genzano fino alla ricostruzione della
Basilica Cattedrale di San Pancrazio ad Albano (1719-1721), opera
dell'architetto Filippo Buratti.
Età contemporanea (1798 - 1944)
La Repubblica Romana (1798-1799)
Il 10 febbraio 1798 il generale francese Louis Alexandre
Berthier entrò a Roma sfruttando come pretesto l'uccisione in un tumulto
popolare del generale francese Leonard Duphot, in servizio presso l'ambasciata
di Francia nello Stato Pontificio. Si dice che in concomitanza dell'invasione
francese, alcune immagini della Madonna (Madre di Dio)|Madonna abbiano pianto:
una di queste, la Madonna di Giani, è ancora oggi esposta a Marino. Il
cardinale vescovo di Velletri Giuseppe Albani abbandonò Roma insieme ad altri
prelati, riparando a Velletri. Nel frattempo, il 15 febbraio nel Foro Romano
venne proclamata la Repubblica Romana, presente come patriota anche il principe
Francesco Sforza-Cesarini, signore di Genzano e Lanuvio. Appena giunse ai
Castelli la notizia che a Roma era stata proclamata la Repubblica e che il Papa
si apprestava a fuggire a Siena, la minoranza filo-francese prese il
sopravvento: già il 12 febbraio 1798 Frascati aveva proclamato una repubblica,
e il 18 febbraio Albano e Velletri si auto-proclamarono "repubbliche
sorelle" della Repubblica Romana, abbattendo i simboli pontifici e
innalzando nelle piazze principali gli alberi della libertà. Marino si proclamò
"repubblica sorella" solo ai primi di marzo 1798. Viste le difficoltà
incontrate dai nuovi regimi repubblicani, specialmente nelle località
ex-dominio della Camera Apostolica come Albano, Castel Gandolfo, Frascati e
Velletri, il popolo ben presto insorse contro il nuovo regime: il 25 febbraio 1798
così insieme agli abitanti di Trastevere insorsero contro i francesi anche gli
abitanti di Castel Gandolfo, Albano e Velletri. Rimasero invece fedeli ai
francesi Marino e Frascati. Genzano e Lanuvio furono mantenute fedeli alla
causa repubblicana dalla presenza del principe Francesco Sforza-Cesarini, di
idee repubblicane, anche se alcuni cittadini di Nemi e Lanuvio si unirono
singolarmente ai rivoltosi. Ad Ariccia infine, il tumulto popolare contro la
Repubblica fu placato dall'intervento del clero, che temeva una rappresaglia
francese. Il primo scontro tra francesi e reazionari avvenne lungo la via
Appia, tra le Frattocchie e Castel Gandolfo, la notte del 28 febbraio 1798: i
francesi erano comandati dal generale Gioacchino Murat e spalleggiati da un reparto
di marinesi guidato dal frascatano Bartolomeo Bona; i reazionari ascendevano a
qualche migliaio, ed erano dotati di alcune armi da fuoco. La vittoria arrise
ai francesi, che occuparono Castel Gandolfo, saccheggiando e devastando il
Palazzo Pontificio; in seguito occuparono e saccheggiarono Albano, e Gioacchino
Murat si installò con il suo quartier generale a Villa Doria-Pamphilj. I
velletrani furono perdonati per la ribellione purché ricostituissero un governo
repubblicano. Il 29 novembre 1798 l'esercito napoletano di re Ferdinando IV di
Borbone entrò a Roma, già abbandonata dai francesi, segnando la prima fine
della Repubblica Romana e delle sue "sorelle". In seguito, il 7
dicembre i francesi rientrarono a Roma, facendo riprendere la breve parentesi
della Repubblica Romana fino al 30 settembre 1799, data dell'ingresso a Roma
del cardinal Pietro Ruffo, alla testa dell'armata napoletana, composta in buona
parte da contadini coscritti ed ex-briganti: i reparti più irrequieti, come
quello di Frà Diavolo, furono fatti accampare ai Castelli, per cui Frascati,
Marino ed Albano subirono saccheggio.
L'età napoleonica
(1800-1816)
Il 17 maggio 1805 il Lazio fu accorpato all'Impero di
Francia per volere di Napoleone Bonaparte; perciò i Castelli diventarono per undici
anni un angolo di Francia. Frascati, Marino, Albano, Genzano e Velletri furono
create capoluogo di Cantone del Dipartimento di Roma. Il feudalesimo fu
abrogato, e così anche vennero soppressi gli ordini religiosi e i loro beni
divennero del demanio: fece eccezione solamente l'Abbazia di San Nilo a
Grottaferrata, ai cui monaci fu concesso di rimanere nel monastero come privati
cittadini vista l'antichità dell'istituzione; il territorio dell'ex-Commenda di
Grottaferrata venne accorpato alla Municipalità di Marino. Nel 1808 venne
consacrata la Collegiata della Santissima Trinità a Genzano, grande luogo di
culto in stile neoclassico edificato su progetto di Giovanni Camporesi.
La Restaurazione dello Stato Pontificio (1816-1870)
Con il motu proprio Per ammirabile disposizione di papa
Pio VII del 6 luglio 1816, emanato appena l'intero territorio dello Stato
Pontificio tornò sotto la piena giurisdizione del Papa, venne istituita la
Comarca di Roma, forma speciale di Delegazione Apostolica, che includeva il
territorio dei Castelli Romani suddiviso nei Governi di Frascati, Albano e
Velletri. Con lo stesso motu proprio papa Pio VII incoraggiò l'eversione del
feudalesimo, perciò la maggior parte dei feudi fu abbandonata dai feudatari al
governo delle Comunità locali, da Marino ad Ariccia a Genzano, e rimasero
luoghi baronali ai Castelli solamente Colonna e Nemi, evertiti nel 1870. Papa
Gregorio XVI il 1° febbraio 1832 con motu proprio Luminose prove istituì la
Delegazione di Velletri, una nuova Delegazione Apostolica scorporata in parte
dalla Comarca di Roma in parte dalla Delegazione di Frosinone. Velletri divenne
così, oltre che capoluogo di Governo quale già era, anche sede di Delegazione e
dunque ospitò un tribunale di prima istanza. Inoltre, nell'ambito della
riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato Pontificio, papa Gregorio XVI
istituì i Governi di Marino e Genzano, elevando entrambe le località a Città
rispettivamente nel 1835 e nel 1828. Ancora a papa Gregorio XVI si deve la
realizzazione di importanti infrastrutture viarie nell'area dei Castelli:
dall'apertura della via Gregoriana a Frascati, arteria che congiunge la via
Tuscolana e la via Maremmana, alla costruzione del ponte Gregoriano della via
Maremmana a Marino, fino alla realizzazione dei viadotti della via Appia tra
Ariccia e Genzano e alla progettazione del ponte di Ariccia. Il ponte di
Ariccia, alto 62 metri, venne inaugurato nel 1854 da papa Pio IX e fu una
maniera per aggirare gli antichi tracciatoi della via Appia, che erano accidentati
e più lunghi. Papa Pio IX tuttavia fu anche il primo Papa, nonché l'ultimo, ad
autorizzare la costruzione di linee ferroviarie nello Stato Pontificio: nel
1856 infatti venne inaugurata la ferrovia Roma-Frascati, prima linea
ferroviaria dello Stato Pontificio ed una delle prime d'Italia; alla
realizzazione di essa seguì l'inaugurazione, nel 1863, della ferrovia
Roma-Velletri, terza ferrovia dello Stato Pontificio, che originariamente
arrivava a Napoli via Valmontone e Cassino. Nell'anno 1856 la rete telegrafica
raggiunse Velletri. Il 3 giugno 1848 papa Pio IX concesse a Grottaferrata, che
dal 1816 era stata un appodiato, ovvero una frazione, della Comunità di
Frascati, la sospirata autonomia amminsitrativa: Grottaferrata aveva allora 695
abitanti, che diventeranno 1300 nel 1875. È il primo comune dei Castelli ad
ottenere l'indipendenza da un'altro comune. Nel 1849, durante le vicende della
Repubblica Romana, anche il territorio dei Castelli venne attraversato dalle
vicende alterne della guerra. Il 24 novembre 1848 papa Pio IX, fuggendo da
Roma, fece sosta ad Ariccia dove salì sulla carrozza dell'ambasciatore di
Baviera conte Spaur, diretto a Gaeta; in seguito all'invasione straniera dello
Stato ribelle, l'esercito napoletano di Ferdinando II di Borbone occupò
Velletri, quindi Genzano ed Albano: ma dovette ripiegare su Velletri dove una
colonna guidata da Giuseppe Garibaldi attaccò la celebre battaglia di Velletri,
conclusasi con la ritirata di entrambe le parti. Nel settembre 1870 l'esercito
italiano entrò a Roma dopo la presa di Porta Pia, ed anche i Castelli Romani
furono attraversati nei giorni precedenti e successivi al 20 settembre da
colonne di militari provenienti da Roma e da Frosinone. I Castelli entrarono
così a far parte del Regno d'Italia. Nel 1880 il Comune di Marino, per ovviare
ai lunghi tempi di progettazione della ferrovia dei Castelli, rimasta peraltro
ancor oggi una fantasia, decise autonomamente di realizzare una linea
ferroviaria, in realtà una tramvia a vapore, tra l'allora frazione di Ciampino,
già collegata a Roma per via ferrata, e il centro storico di Marino. Questa
linea, chiamata ferrovia Portonaccio-Marino, fu nel 1881 ripresa per realizzare
la ferrovia Roma-Albano, completata nel 1889, che in origine conduceva a
Nettuno via Cecchina.
Il XX secolo
Nel 1984 è stato creato il Parco Regionale dei Castelli
Romani, ente regionale di diritto pubblico con un territorio di circa 12.000
ettari dislocato nei comuni di Albano Laziale, Ariccia, Castel Gandolfo,
Frascati, Genzano di Roma, Grottaferrata, Lanuvio, Lariano, Marino, Monte
Compatri, Monte Porzio Catone, Nemi, Rocca di Papa, Rocca Priora e Velletri. La
sede del parco è stata collocata a Rocca di Papa, in Villa Barattolo. Dal 1988
invece parti dei comuni di Marino e Ciampino sono state incluse nel territorio
del Parco Regionale dell'Appia Antica, esteso su 3500 ettari ubicati in maggior
parte del comune di Roma.
Monumenti e luoghi d'interesse.
Chiese e conventi
Frascati: Basilica Cattedrale di San Pietro. Chiesa di
Santa Maria in Vivario. Chiesa del Gesù. Convento dei Padri Cappuccini. Chiesa
di San Bonaventura. Santuario di Santa Maria del Capocroce.
Grottaferrata : Abbazia di San Nilo. Chiesa del Sacro
Cuore.
Marino : Basilica Collegiata di San Barnaba Apostolo.
Chiesa della Santissima Trinità. Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Convento
del Santissimo Rosario. Convento dei Padri Trappisti. (Frattocchie) Santuario
di Santa Maria dell'Acquasanta.
Castel Gandolfo
: Collegiata di San Tommaso da Villanova
Chiesa di Santa Maria Assunta. Chiesa della Madonna del Lago. (Lago Albano)
Chiesa della Madonna della Cona.
Albano Laziale : Basilica Cattedrale di San Pancrazio.
Chiesa di San Pietro. Chiesa di San Paolo. Convento dei Padri Cappuccini.
Chiesa di Santa Maria della Stella. Santuario di Santa Maria della Rotonda.
Ariccia :
Collegiata di Santa Maria Assunta. Santuario di Santa Maria di Galloro.
Genzano di Roma : Collegiata della Santissima Trinità.
Chiesa di Santa Maria della Cima. Chiesa di Santa Maria Annunziata.
Nemi :
Parrocchiale di Santa Maria del Pozzo. Santuario del Crocifisso.
Lanuvio : Collegiata di Santa Maria Maggiore. Santuario
di Santa Maria delle Grazie.
Velletri : Basilica Cattedrale di San Clemente Magno.
Chiesa di Santa Maria del Trivio. Chiesa di San Martino da Tours. Convento dei
Padri Cappuccini.
Lariano : Parrocchiale di Sant'Eurosia.
Rocca di Papa :
Parrocchiale di Santa Maria Assunta. Santuario di Santa Maria del Tufo.
Rocca Priora : Parrocchiale di Santa Maria Assunta.
Chiesa di San Giuseppe Artigiano al Buero.
Monte Compatri : Parrocchiale di Santa Maria Assunta.
Convento di San Silvestro. Santuario di Santa Maria del Castagno.
Monte Porzio
Catone : Parrocchiale di San Gregorio Magno.
Eremo di Camaldoli.
Colonna :
Parrocchiale di San Nicola.
Palazzi e ville
Frascati : Palazzo
Marconi. Palazzo della Rocca. Villa Aldobrandini. Villa Grazioli. Villa Sora.
Villa Falconieri. Villa Torlonia.
Grottaferrata : Palazzo Santovetti. Palazzo della
Commenda. Villa Muti. Villa Lancellotti.
Marino : Palazzo Colonna. Palazzo Matteotti. Villa
Colonna di Belpoggio. Villa della Sirena. Barco Colonna. Giardini Colonna.
Castel Gandolfo :
Palazzo Pontificio. Villa Barberini.
Albano Laziale :
Palazzo Savelli. Palazzo Vescovile. Palazzo Pamphilj. Villa Doria-Pamphilj.
Villa Ferrajoli. Villa Venosa.
Ariccia : Palazzo Chigi. Barco Chigi.
Genzano di Roma :
Palazzo Sforza-Cesarini. Parco Sforza-Cesarini.
Nemi : Palazzo
Ruspoli.
Velletri : Palazzo Comunale. Palazzo Ginnetti. Palazzo
Vecchio. Villa Borgia.
Rocca di Papa : Villa del Cardinale.
Monte Compatri :
Palazzo Annibaldi.
Monte Porzio Catone : Palazzo Borghese. Villa Gammarelli.
Villa Mondragone. Barco Borghese.
Colonna : Palazzo
Colonna.
Castelli e fortificazioni
I Castelli Romani devono il loro toponimo alle
fortificazioni edificate sulle alture di questi luoghi da varie famiglie
baronali romane. La maggior parte di quelle fortificazioni oggi sono state
tuttavia distrutte o "ingentilite" e tramutate in residenze estive.
Ad oggi, l'unica vera fortificazione completamente conservata della zona è
rappresentata dalla cerchia muraria dell'Abbazia di San Nilo a Grottaferrata,
realizzata nel XVI secolo dall'abate commendatario Giuliano Della Rovere.
Rimangono visibili parti più o meno consistenti delle antiche fortificazioni
anche nei centri storici di: Marino, con le torri della Rocca Frangipane in
piazza Giacomo Matteotti, scampate sia agli sventramenti seicenteschi che ai
bombardamenti del 1944; Genzano di Roma, con la torre "saracinesca"
del Corso Vecchio, salvatasi dall'estetizzazione ottocentesca; e Nemi, con la
torre di Palazzo Ruspoli, inglobata in quest'ultima struttura. Gli antichi castelli
baronali che invece sono stati riadattati a residenza patrizia a partire dal XV
secolo, sono:
Palazzo Vescovile o della Rocca a Frascati.
Palazzo Colonna a Marino, edificato sulla trecentesca
Rocca Orsini; sul fianco occidentale, rimasto incompiuto, si vedono ancora le
antiche mura della Rocca, chiamate "mura bramantesche" per una
probabilmente erronea attribuzione del progetto di esse al Bramante: invece il
bastione della Rocca venne inglobato nel costruendo palazzo progettato da
Antonio da Sangallo il Giovane.
Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, edificato su
progetto di Carlo Maderno a partire dal 1628 sui resti dell'antico Castrum
Ganduplhorum, il castello baronale che fu già dei Gandolfi e poi dei
Savelli.
Palazzo Savelli ad Albano Laziale, edificato a partire
dal XII secolo dai Savelli al centro di Albano, sulla via Appia, come complesso
fortificato, di questa antica funzione restano testimonianza solo le due torri
e la scarpata situate sul retro del palazzo, in piazza San Pietro.
Museo di geofisica di Rocca di Papa a Rocca di Papa,
edificato nel nucleo principale al tempo di papa Eugenio III, è stata usata a
lungo come fortezza pontificia prima di divenire un osservatorio astronomico.
Palazzo Savelli a Rocca Priora, edificato come castello
dei Savelli e cadente fino al XIX secolo, è stato ricostruito dal Comune dopo
il 1870, diventato sede municipale.
Palazzo Borghese a Monte Porzio Catone, nato
presumibilmente come ingresso fortificato al paese.
Numerose sono le fortificazioni erette nelle campagne a
controllo di vie di comunicazioni importanti o siti strategici, e tra questi
vanno menzionati:
Borghetto di Grottaferrata, sulla via Anagnina in comune
di Grottaferrata, la cui cerchia è oggi quasi interamente integra; edificato
nel X secolo dai Conti di Tuscolo, passò alla famiglia Savelli e infine
all'Abbazia di San Nilo di Grottaferrata;
Castello di Molara, nella Valle Latina sempre in
territorio di Grottaferrata, edificato dalla famiglia Annibaldi che ne fece il
proprio principale castello nella zona; fu abbandonato nel corso del XVI
secolo;
Castel Savello, in comune di Albano Laziale, fu un
importante castello dei Savelli raso al suolo nel 1436 e spopolatosi del tutto
nel XVII secolo;
Castello di Malafitto, edificato dai Savelli e in seguito
appartenuto ai Colonna, i suoi resti sono situati a picco sul Lago Albano tra i
comuni di Albano Laziale, Ariccia e Rocca di Papa, domina l'antica via postale
tra Roma e Velletri ed è collocato in un'area ricca di acque;
Castel de Paolis, situato tra Marino e Grottaferrata su
un'antica villa romana, appartenne all'Abbazia di San Nilo di Grottaferrata;
Castel San Gennaro, situato tra Genzano di Roma e
Velletri lungo l'antico tracciato della via Appia, fu a lungo conteso tra la
Comunità velletrana e i Colonna;
Castello di Lariano, in comune di Lariano, fu antica e
importante castellania inalieanbile di proprietà dei Savelli sulle pendici del
Monte Artemisio, fu distrutto nel 1436;
Castelluccia, ubicato in comune di Marino, l'antico
castello sorse nel X secolo e venne raso al suolo da Cola di Rienzo nel 1347;
Torre Iacova, situata in comune di Colonna, è un
importante punto di vedetta sulla Valle Pedana;
Torrione Micara, situato in comune di Frascati, è una
torre di vedetta sulla via Tuscolana;
Tor di Montagnano, situata tra i comuni di Albano
Laziale, Ariccia e Genzano di Roma, è un'antica torre di vedetta posta verso il
mar Tirreno.
Fontane
e monumenti
Fontane
Tra le fontane più note dei Castelli c'è sicuramente la
seicentesca fontana dei Quattro Mori di piazza Giacomo Matteotti a Marino,
risalente al 1632 e nota per il "miracolo del vino", che si ripete
ogni anno per la Sagra dell'Uva. Ancora, a Marino è presente la fontana del
Tritone, opera dello scultore Michele Tripisciano risalente al 1889. Un'altra
nota fontana del Vino è situata a Genzano di Roma, in piazza Tommaso Frasconi,
e risale al XIX secolo. La fontana degli Scogli a Lanuvio è una celebre opera
dell'architetto Carlo Fontana risalente al 1675, situata in piazza Giuseppe
Mazzini. È monumentale anche la fontana di piazza San Pietro a Frascati,
risalente al XVII secolo e costruita in abbinamento alla vicina Cattedrale di
San Pietro. Gian Lorenzo Bernini forse realizzò il progetto della Barcaccia di
piazza Giuseppe Garibaldi a Rocca di Papa, realizzata in un unico blocco
tufaceo. Sempre a Rocca di Papa, sono notevoli la fontana di piazza della
Repubblica, risalente al XIX secolo, e il fontanile di piazza XX Settembre, già
piazza Vecchia, risalente all'epoca di edificazione del castello. A Velletri,
molte fontane monumentali furono realizzate nel XVII secolo dopo che
l'ingegnere Giovanni Fontana porto a termine la costruzione dell'acquedotto:
tra le altre, ricordiamo la fontana monumentale di piazza Cairoli, edificata
nel 1622, originariamente accoppiata sulla stessa piazza ad una fontana gemella
rimasta incompiuta e quindi distrutta, e la fontana monumentale di piazza
Mazzini, realizzata nel 1612 con la raffigurazione di alcune scene mitologiche.
Monumenti
Ad Ariccia, in piazza di Corte, il principe Sigismondo
Chigi volle far costruire un monumento a Simon Mago: fece collocare sotto il
porticato monumentale da lui finanziato un sarcofago romano rinvenuto nel Barco
Chigi ed un monumento sepolcrale per il personaggio evangelico Simon Mago,
secondo la leggenda sepolto lungo la via Appia fuori Roma.
Resti archeologici
Il territorio dei Castelli Romani è una della aree più
ricche di reperti archeologici della provincia di Roma. Sono da menzionare
particolarmente:
Rovine di
Tusculum, in comune di Monte Porzio Catone. Antica città latina, fondata sul
Tuscolo, fu a lungo potente antagonista di Roma; nel Medioevo, divenne residenza
dei potenti Conti di Tuscolo, fino a che non venne rasa al suolo nel 1191.
Sulla sommità del colle rimagono i ruderi di numerose ville suburbane, fra cui
un fondo di Marco Tullio Cicerone, resti dell'abitato, del Foro e del teatro
romano, dell'Acropoli e di varie costruzioni medioevali, fra cui anche una
chiesa.
Circuito archeologico dei Castra Albana, ad Albano
Laziale. I Castra Albana furono un complesso fortificato edificato sulla via
Appia da Settimio Severo come alloggiamento della Legio II Parthica. Oggi
restano in luce le grandi Terme di Caracalla o di Cellomaio, la Porta Pretoria,
i Cisternoni, l' Anfiteatro, e parte dell'antica cerchia muraria, oltre al
ninfeo romano che oggi è occupato dal Santuario di Santa Maria della Rotonda.
Museo delle Navi e Tempio di Diana Nemorense, in comune
di Nemi sul Lago di Nemi. Il Museo delle Navi è stato costruito nel 1932, ma le
due grandi navi attribuite a Caligola sono state bruciate durante la seconda
guerra mondiale nel 1944. Restano tuttavia alcuni reperti interessanti, assieme
ai resti del famoso Tempio di Diana Nemorense, noto per la pratica
dell'elezione del rex Nemorenses.
Mitreo di Marino, a Marino. Scoperto nel 1962, è uno dei
due mitrei dipinti d'Italia oltre che uno dei meglio conservati al mondo.
Complesso monumentale di Lanuvium, a Lanuvio. È il
complesso rappresentato dall'antica città latina e poi romana e dall'annesso
Tempio di Giunone Sospita. Interessante anche ponte Loreto, poco fuori
dall'abitato moderno, ponte romano della via Anziate.
Villa di Domiziano
a Castel Gandolfo, nell'area extra-territoriale di Villa Barberini a Castel
Gandolfo. È un enorme complesso residenziale voluto dall'imperatore Domiziano,
dotato di circo, teatro, santuario, ninfei e palazzo monumentale. Sono visibili
i ruderi del criptoportico, del teatro, e dell'ingresso al palazzo.
Altri siti di interesse archeologico sono quello di
Bovillae, in comune di Marino, in cui sono venuti alla luce resti del circo
romano, e di Aricia, in comune di Ariccia, dove sono visibili i resti del
monumentale viadotto della via Appia. In età romana, vennero edificate varie
ville suburbane sui Colli Albani. Oltre alla grande Villa di Domiziano a Castel
Gandolfo, sono oggi visibili alcune di queste ville, mentre altre sono andate
distrutte. Fra le più importanti:
Villa di Gneo Pompeo Magno, ad Albano Laziale dentro
Villa Doria-Pamphilj;
Villa di Publio Clodio Pulcro, a Castel Gandolfo, in
località Ercolano;
Villa di Aulo
Vitellio Germanico, ad Ariccia, in località Monte Gentile;
Villa di Caio Giulio Cesare, a Nemi;
Villa della gens Ottavia, a Velletri;
Villa degli Scriboni-Libones, tra Marino e Grottaferrata,
in località Colle Cimino;
Villa di Lucio Licinio Lucullo, a Frascati. Si pensa che
una villa romana sorgesse anche in prossimità dell'attuale cimitero di Genzano
di Roma. Invece l'ubicazione di una villa di Marco Tullio Cicerone è poco
chiara, forse perché possedeva due tenute, una villa vera e propria a
Grottaferrata, nel sito dell'Abbazia di San Nilo, e un fondo sul Tuscolo. Due
catacombe sono state scoperte nel territorio castellano:
Catacombe di Ad Decimum, a Grottaferrata;
Catacombe di San Senatore, ad Albano Laziale.
Un terza catacomba venne scoperta nel XVIII secolo sulla
via Appia in comune di Marino, ma se ne è persa attualmente l'ubicazione.
Infine luoghi molto importanti dal punto di vista archeologico sono:
Monte Cavo, in comune di Rocca di Papa, sulla cui vetta
sono stati rinvenute agli inizi degli anni venti del XX secolo tracce del
leggendario tempio di Giove Laziale, tempio che era il santuario confederale
della Lega Latina; inoltre le pendici del monte sono calcate dalla Via Sacra,
strada lastricata che dalla via Appia giunge alla cima di Monte Cavo
attraversando anche il comune di Ariccia.
Palazzolo, in
comune di Rocca di Papa, dove lungo la Via Sacra presso la Villa del Cardinale
c'è un monumento marmoreo, probabile sepoltura di uno Scipione: la fantasia
degli antichi pensò che fosse un palazzo dell'antica Alba Longa, donde il
toponimo palatiolum. In prossimità di questo sito, comunque, si pensa
comunemente sorgesse la leggendaria Alba Longa. Alcuni resti risalgono anche
all'età preistorica: interessanti reperti sono conservati presso il Museo
Civico di Albano Laziale e presso il Museo Civico Oreste Nardini di Velletri,
mentre a Villa Cavalletti, tra Frascati e Grottaferrata, è stata rinvenuta una
necropoli neolitica che con una cinquantina di tombe è la necropoli neolitica
più grande del Lazio; altri resti preistorici sono stati trovati a Marino,
località San Rocco, a Castel Gandolfo, località Pascolari, ad Albano Laziale,
località Castel Savello e Colle dei Cappuccini, ad Ariccia, località
Ginestreto, a Rocca Priora, presso il Monte Algido, a Monte Porzio Catone, sul
Tuscolo, e a Velletri. Recentemente è stata scoperta nel territorio comunale di
Albano Laziale, località Cecchina, l'ubicazione dell'antico Lucus Ferentinus,
cioè il luogo sacro dove si riuniva la federazione delle città appartenenti
alla Lega Latina. Secondo altre ipotesi, il Lucus potrebbe essere ubicato in
località Prato della Corte, tra i comuni di Marino e Rocca di Papa, dove già è
stato identificato comunemente il Caput Aquae Ferentinum.
martedì 18 giugno 2013
STORIA DELL’OLIVETTI: UNA GRANDE FAMIGLIA
RACCONTIAMO OGGI LA STORIA SECOLARE DI UNA GRANDE IMPRESA ITALIANA, CHE PURTROPPO FINISCE NELLE MANI DEI GRANDI MANAGER...
"Perché lavorando ogni giorno tra le pareti della
fabbrica e le macchine e i banchi e gli altri uomini per produrre qualcosa che
vediamo correre nelle vie del mondo e ritornare a noi in salari che sono poi
pane, vino e casa, partecipiamo ogni giorno alla vita pulsante della
fabbrica".
Adriano
Olivetti
Camillo Olivetti ingegnere
eclettico e geniale, nel 1908 aveva fondato a Ivrea (Torino) "la prima fabbrica
italiana di macchine per scrivere". Adriano, il figlio negli anni della
formazione, è molto attento al dibattito sociale e politico. Dopo essersi
laureato in chimica industriale al Politecnico di Torino, nel 1924 inizia
l'apprendistato nell'azienda paterna come operaio. L'anno seguente,
accompagnato da Domenico Burzio, compie un viaggio di studi negli Stati Uniti,
dove visita un centinaio di fabbriche. Questo viaggio fu fondamentale non solo
per la sua professione, ma anche per la sua vita. Quando tornò, per due anni
approfondì l’esperienza leggendo casse di libri sul miracolo economico,
sull’organizzazione scientifica del lavoro, sui sistemi per incrementare la
produttività e sul segreto che si celava dentro le industrie, veri “templi”
dell’America dei primi anni ‘20. Arrivò così a capire che la produttività delle
industrie americane era dovuta all’applicazione rigorosa di metodi scientifici
di organizzazione del lavoro ad ogni problema dell’azienda. Grande lezione gli
fu data dalla visita agli stabilimenti Ford di Highland Park, dove ebbe
occasione di entrare in contatto con la filosofia fordista: “My life and work”,
scritto appunto da Ford. Egli aveva rivoluzionato il sistema, raddoppiando di
colpo il salario ai suoi operai e trasformandoli così in consumatori,
innescando una spirale di "ricchezza" che portò al miglioramento della vita di
molte persone. Dopo questo viaggio e con il modello paterno, anche Adriano
iniziò a vedere nella fabbrica, che prima sentiva fredda e ostile, un mezzo per
diffondere i suoi ideali ed inverare le proprie convinzioni. Ritornato ad Ivrea
iniziò subito a sperimentare il Taylorismo.
Dal 1926 al 1932,
l’azienda Olivetti subì una trasformazione totale, con l'adozione di una
miriade di provvedimenti in favore dei dipendenti e di un vasto programma di
progetti e innovazioni per modernizzare l'attività della Olivetti: organizzazione
decentrata del personale, direzione per funzioni, razionalizzazione dei tempi e
metodi di montaggio, sviluppo della rete commerciale in Italia e all'estero,
ecc.. In seguito avvia anche il progetto della prima macchina per scrivere
portatile che uscirà nel 1932 con il nome di MP1.
La nuova
organizzazione fa aumentare in maniera significativa la produttività della
fabbrica e le vendite dei prodotti.
Alla fine del 1932
è nominato Direttore Generale dell'azienda, di cui diventerà Presidente nel
1938 subentrando al padre Camillo. Porta avanti riflessioni e sperimentazioni
nel campo dei metodi di lavoro e pubblica, nella rivista da lui fondata,
"Tecnica e Organizzazione", vari saggi di tecnologia, economia,
sociologia industriale.
Urbanista, editore,
scrittore, uomo di cultura; ma Adriano Olivetti è soprattutto un industriale e
un imprenditore che crede nell'impresa come vero motore dello sviluppo
economico e sociale.
Sul piano
aziendale, guida la Olivetti verso gli obiettivi dell'eccellenza tecnologica,
dell'innovazione e dell'apertura verso i mercati internazionali, dedicando
particolare cura anche al design industriale e al miglioramento delle
condizioni di vita dei dipendenti.
Nel 1948 negli
stabilimenti di Ivrea viene costituito il Consiglio di Gestione, per molti anni
unico esempio in Italia di organismo paritetico con poteri consultivi di ordine
generale sulla destinazione dei finanziamenti per i servizi sociali e l'assistenza.
Nel 1956 l'Olivetti riduce l'orario di lavoro da 48 a 45 ore settimanali, a
parità di salario, in anticipo sui contratti nazionali di lavoro. Si
costruiscono quartieri per i dipendenti, nuove sedi per i servizi sociali, la
biblioteca, la mensa.
Anche nel design
industriale Adriano Olivetti sceglie collaboratori di grandissimo valore, come
Marcello Nizzoli e - più tardi - Ettore Sottsass. Tra la fine degli anni '40 e
la fine degli '50 la Olivetti porta sul mercato alcuni prodotti destinati a
diventare veri oggetti di culto per la bellezza del design, ma anche per la
qualità tecnologica e l'eccellenza funzionale: tra questi la macchina per
scrivere Lexikon 80 (1948), la macchina per scrivere portatile Lettera 22
(1950), la calcolatrice Divisumma 24 (1956). La Lettera 22 nel 1959 verrà
indicata da una giuria di designer a livello internazionale come il primo tra i
cento migliori prodotti degli ultimi cento anni.
Grande cura viene
dedicata anche alla grafica e alla pubblicità e la Olivetti diviene un punto di
riferimento mondiale per il design industriale.
In Brasile, nel 1959 si inaugura il nuovo stabilimento di
San Paolo.
Gli ottimi
risultati conseguiti sui mercati internazionali con i prodotti per ufficio non
distolgono l'attenzione di Adriano Olivetti dall'emergente tecnologia
elettronica. Già nel 1952 la Olivetti apre a New Canaan, negli USA, un
laboratorio di ricerche sui calcolatori elettronici. Nel 1955 viene costituito
il Laboratorio di ricerche elettroniche a Pisa; nel 1957 Olivetti fonda con
Telettra la Società Generale Semiconduttori (SGS) e nel 1959 introduce sul
mercato l'Elea 9003, il primo calcolatore elettronico italiano sviluppato e
prodotto nel laboratorio di Borgolombardo.
Il successo
imprenditoriale di Adriano Olivetti ottiene il riconoscimento della National
Management Association di New York che nel 1957 gli assegna un premio per
"l'azione di avanguardia nel campo della direzione aziendale
internazionale".
Adriano Olivetti
muore improvvisamente il 27 febbraio 1960 durante un viaggio in treno da Milano
a Losanna, lasciando un'azienda presente su tutti i maggiori mercati internazionali,
con circa 36.000 dipendenti, di cui oltre la metà all'estero.
Cronologia Olivetti
1908-1977
1908 - A Ivrea, su
iniziativa di Camillo Olivetti si costituisce la Società in accomandita
semplice "Ing. Olivetti et Compagnia" con lo scopo di progettare e
produrre macchine per scrivere. Il capitale iniziale è di 350 mila lire. Nei
500 metri quadrati dell'officina iniziano a lavorare 20 operai.
1911 - Dopo quasi
due anni di lavoro la prima macchina per scrivere italiana, la M1, viene
presentata all'esposizione universale di Torino; sul mercato costa 500 lire.
1912-1914 - Si
aprono le prime filiali in Italia, giungono alcune commesse consistenti. Dalle
officine di Ivrea escono 23 macchine alla settimana.
1919 - Il primo
edificio dell'officina è ampliato per ospitare la produzione di macchine per
scrivere, che riprende più intensa al termine della guerra.
1920 - Viene
presentato un secondo modello di macchina per scrivere, la M20, che troverà
sbocchi in nuovi mercati internazionali, europei e sudamericani soprattutto.
1924-1925 -
L'ingegner Adriano Olivetti, primogenito di Camillo, entra in azienda: la sua
prima esperienza è in fabbrica, dove lavora come operaio. Nel 1925 si reca
negli Stati Uniti dove raccoglie idee ed esperienze che utilizzerà per
ammodernare la tecnologia e l'organizzazione del lavoro nell'azienda paterna.
1929-1931 -
Nonostante la crisi economica mondiale, l'Olivetti investe per rafforzare la
struttura commerciale in Italia e all'estero. Si costituisce a Barcellona la
prima consociata industriale, la S.A. Hispano Olivetti. Nel 1930 esce una nuova
macchina per scrivere, la M40.
1932 - Esce la
prima macchina per scrivere portatile, la MP1. L'Olivetti assume la forma
giuridica di Società anonima. A fine anno Adriano Olivetti è nominato Direttore
Generale.
1933 - A 25 anni
dalla fondazione, l'Olivetti ha una produzione annua di 15 mila macchine per
ufficio e di 9.000 portatili; i dipendenti sono 870. In Italia l'organizzazione
commerciale è costituita da 13 filiali e 79 concessionari; all'estero Olivetti
è presente in 22 paesi.
1934 - Iniziano i
primi studi per la progettazione di macchine addizionatrici.
1935 - Il design
della nuova macchina per scrivere "Studio 42" per la prima volta è frutto
della collaborazione tra tecnici e architetti.
1937 - Inizia una
nuova produzione, quella delle telescriventi, con il modello T1.
1938 - Si avvia a
Massa Carrara la costruzione di un nuovo stabilimento, destinato ad accogliere
la produzione dei mobili e schedari per ufficio Synthesis.
1940 - Esce
l'addizionatrice MC4S Summa. E' la prima macchina da calcolo progettata e
interamente costruita da Olivetti. Viene organizzata la biblioteca di fabbrica.
1943-1945 - Nel
dicembre del 1943 muore il fondatore, Camillo Olivetti. Il figlio Adriano, che
nel febbraio 1944 è costretto a riparare in Svizzera, alla fine della guerra
ritorna alla guida della società. L'attività produttiva riprende rapidamente;
si riorganizza la rete commerciale.
1948 - La nuova
macchina per scrivere Lexikon 80 e la calcolatrice Divisumma 14 segnano una
svolta importante nel campo della scrittura e del calcolo meccanico; questi
prodotti sono accolti dal mercato in maniera estremamente favorevole.
1950 - Viene
introdotta una nuova organizzazione del lavoro per il montaggio dei prodotti,
secondo sistemi in linea continua con trasportatori.
Si completano
ulteriori ampliamenti dello stabilimento di Ivrea su progetto degli architetti
Figini e Pollini: l'edificio con la facciata in vetro per lungo tempo
costituirà nel mondo un esempio unico di nuova architettura industriale.
Esce la macchina
per scrivere portatile "Lettera 22", che guadagnerà (con altre
macchine Olivetti) un posto permanente nel Museo d'Arte Moderna di New York.
Viene presentata anche la macchina per scrivere Lexikon Elettrica: è il primo
modello elettrico.
1951 - Apertura in
Argentina di un nuovo stabilimento.
L’Olivetti si
associa allo studio per un nuovo piano regolatore della città di Ivrea.
1952 - A New
Canaan, negli Stati Uniti, la Olivetti inizia attività di studio e ricerca nel
campo dei calcolatori elettronici; l'iniziativa è coordinata da Dino Olivetti.
1954 – Apre a New
York il nuovo negozio Olivetti nella Quinta Strada.
1955 - Nuove sedi e
fabbriche testimoniano lo sviluppo della società: si inaugurano gli
stabilimenti di Agliè, nel Canavese, e di Pozzuoli; a Milano apre la nuova sede
della direzione commerciale; a Ivrea entra in funzione il nuovo edificio del
Centro studi, mentre si lavora all'ampliamento degli stabilimenti.
Si costituisce a
Pisa un gruppo di ricerca, affidato all'ingegner Mario Tchou, per sviluppare un
calcolatore elettronico per applicazioni commerciali.
Il gran premio
nazionale Compasso d'Oro per meriti conseguiti nel campo dell'estetica
industriale viene attribuito ad Adriano Olivetti.
In Italia i
dipendenti sono 11.353; in tutto il mondo raggiungono le 16 mila unità.
1956 - Esce la
calcolatrice Divisumma 24, progettata da Natale Capellaro e disegnata da
Marcello Nizzoli, che avrà uno straordinario successo in tutto il mondo. 1958 -
Prosegue il processo di rapido sviluppo sui mercati internazionali:
l'esportazione si aggira intorno al 60% dell'intera produzione Olivetti.
1959 - Viene
presentato l'Elea 9003, il primo calcolatore elettronico realizzato in Italia;
per le innovative soluzioni adottate è considerato un prodotto tecnologicamente
di avanguardia.
In ottobre Olivetti
stipula un accordo per rilevare il 30% delle azioni della Underwood, storica fabbrica
americana di macchine per scrivere, con oltre 10 mila dipendenti.
1960 - Il 27
febbraio improvvisamente muore Adriano Olivetti. La guida della società è
affidata a Giuseppe Pero. Le azioni privilegiate sono quotate in borsa.
La partecipazione
azionaria nella americana Underwood sale al 70%. Esce una nuova macchina
contabile, la fatturatrice Mercator 5000, frutto dell'esperienza acquisita in
campo meccanico ed elettronico. Produzione e vendite registrano aumenti
superiori al 40%.
1961 - In un incidente
d'auto muore Mario Tchou; l'attività del settore elettronico è affidata a
Roberto Olivetti, figlio di Adriano.
1962 - Viene
costituita la Divisione Elettronica, che riunisce le diverse attività Olivetti
del settore, compresa la Olivetti-Bull di cui l'Olivetti acquisisce la
maggioranza.
Roberto Olivetti è
nominato Amministratore Delegato. Viene deliberato un aumento del capitale
sociale che sale in questo modo da 40 a 60 miliardi di lire.
1963 - L'offerta
Olivetti si arricchisce di nuovi modelli di macchine per ufficio, tra cui la
"Lettera 32", e di un nuovo calcolatore elettronico per applicazioni
commerciali, l'Elea 4001.
La partecipazione
di Olivetti nella Underwood sale dal 70% al 91%.
1964 - Per
fronteggiare la difficile situazione finanziaria, un "Gruppo
d'intervento" formato da Fiat, Pirelli, Mediobanca, IMI e la Centrale
entra nel capitale Olivetti. Bruno Visentini è nominato Presidente; Aurelio
Peccei è Amministratore Delegato.
La Divisione
Elettronica confluisce in un nuovo complesso industriale, la Olivetti-General
Electric, controllata da General Electric per il 75%.
1965 - A New York
viene presentato l'Olivetti Programma 101, calcolatore programmabile da tavolo
che anni più tardi verrà riconosciuto come un anticipatore del personal computer.
La macchina è stata progettata da un piccolo gruppo di ingegneri elettronici
rimasti in Olivetti anche dopo l'accordo che ha fatto confluire le attività
elettroniche in Olivetti-General Electric.
1966 - Le azioni
ordinarie Olivetti sono quotate in borsa.
1967 - Bruno Jarach
e Roberto Olivetti subentrano ad Aurelio Peccei come Amministratori delegati.
Inizia la produzione di terminali e periferiche per i sistemi di elaborazione
dati.
1968 - Olivetti
cede alla General Electric la propria quota (25%) in Olivetti-General Electric,
uscendo così dal settore dei medi e grandi calcolatori. La Società resta però
attiva con proprie risorse nella progettazione e produzione di terminali e
piccoli sistemi.
1970 - Con
l'apertura degli impianti di Marcianise (Caserta) e di Harrisburg (USA) gli
stabilimenti industriali italiani sono 11 e quelli esteri 10, di cui 7 di
produzione. Il fatturato supera i 465 miliardi di lire, i dipendenti nel mondo
sono 73.283 (34.687 in Italia).
1971 - Ottorino
Beltrami entra nel Consiglio di amministrazione e viene nominato Amministratore
Delegato. Bruno Visentini resta Presidente.
1973 - Importante
modifica nell'organizzazione del lavoro alle catene di montaggio: vengono
create le Unità di Montaggio Integrate (UMI), formate da gruppi autonomi di
lavoro, ciascuno dei quali è pienamente responsabile di un'intera fase del
processo produttivo.
Si inaugura a
Haslemere (UK) il centro di formazione per il management internazionale.
1974-1976 -
Accelera la transizione verso i prodotti a tecnologia elettronica, che generano
il 50% circa del fatturato. A Parigi (1974) sono annunciati i nuovi sistemi
elettronici Audit 7, Audit 5 e TC 800 (sistema terminale programmabile); ad Hannover
(1976) esce il "personal minicomputer" P6060: è un ulteriore passo
verso il concetto di personal computer.
1977 - Escono nuovi
modelli di calcolatrici elettroniche e il personal minicomputer P6040. Lo
stabilimento di Glasgow (macchine per scrivere) viene ceduto all'americana
Smith Corona. I prodotti per l'informatica distribuita rappresentano ormai il
42,5% del fatturato della Società.
Fino al 2003 - Già
alla metà degli Anni Sessanta fu chiaro che la famiglia non era in grado di
sostenere lo sviluppo dell'azienda e si rese necessario l'intervento di un
consorzio finanziario guidato dai manager di Mediobanca con la
partecipazione dei principali gruppi industriali italiani. Di fronte alla
presunta necessità di limitare il campo d'azione si decise di concentrare
l'attività nel comparto delle macchine da scrivere, sacrificando la divisione
elettronica che infatti fu ceduta alla General Electric (che errore!!! Ma,
voluto??). Quali effetti ebbero tali scelte non è difficile immaginare perché
non solo si rinunciò a inserire l'azienda in un settore in grande espansione
ma, addirittura, non si riuscì neppure a garantire la sua sopravvivenza. il
manager Carlo De Benedetti ereditò infatti nel 1978 una situazione
pre-fallimentare. Esubero di manodopera, elevatissima posizione debitoria,
strategia produttiva compromessa e confusa. In pochi anni, l'Olivetti che era
tra i principali produttori di computer attraverso anche una attenta politica
di alleanze con alcuni fra i principali gruppi mondiali (Saint-Gobain, Wolkswagen,
AT&T) arriva al collasso. All'inizio degli Anni Novanta, all'interno del
settore informatico, era ormai in atto il processo di ristrutturazione che
avrebbe consentito solo a poche aziende di restare in vita. De Benedetti
smembra la societá e apre l'ingresso nel settore della telefonia. Sarà la
Borsa, a decretarne la sconfitta, nel 1996, dopo aver succhiato tutto il
possibile.
Roberto Colaninno entrò
nell'Olivetti come manager, convinto di avere davanti a sé una sfida
immane in un settore di rapide e sensibili trasformazioni. Egli si rese
protagonista della più grande operazione industriale-finanziaria della storia
italiana, realizzando attraverso un'offerta pubblica di acquisto (Opa)
l'acquisizione della Telecom. Ancora una volta, il vincolo esterno
dell'integrazione europea, la necessità di una politica di privatizzazioni e
una favorevole congiuntura economica permisero di attribuire alla Borsa un
ruolo centrale. Sono gli anni delle speculazioni finanziarie che avrebbero
portato alla “bolla” della new-economy, nulla di più lontano dalla filosofia
industriale di Adriano Olivetti. La storia continua. Dopo il passaggio del
gruppo dalla “cordata padana” di Roberto Colaninno alla coppia Pirelli-Benetton
(dei manager Tronchetti-Provera e appunto Benetton) si arriva ad agosto
2003 con il progetto di fusione per incorporazione di Telecom Italia in
Olivetti. La denominazione Olivetti Spa cambia definitivamente in Telecom
Italia Spa. Condannato per spionaggio
internazionale, De Benedetti vendeva i segreti informatici all'URSS (http://www.ilgiornale.it/news/tutti-i-traffici-oscuri-carlo-de-benedetti-vendeva-segreti.html)
E cosí nel giro di
poco piú di un secolo, grazie ai manager rampanti, di cui sopra,
l'Olivetti non esiste piú!!! Dapprima smembrata, poi spremuta e infine fatta
fallire, quella che era una societá geniale (una IBM, una Apple dei nostri giorni), è lasciata morire
miseramente: tragica fotografia dell'italietta attuale. Per l'interesse dei
pochi (o meglio per i grandi guadagni di pochi) si sacrificano quelli di molti
(intesi come famiglie, vite...).
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