venerdì 27 aprile 2012

PASOLINI UN GRANDE ARTISTA... 2^ PARTE

"Solo l'amare, solo il conoscere conta, non l'aver amato, non l'aver conosciuto"  
     
 Pasolini




(continua)

....Nel chiuso orizzonte degli anni Cinquanta il libro suscita accese polemiche e Pasolini viene incriminato per oscenità.

Stringe intanto nuove amicizie, in particolar modo con Alberto Moravia, Elsa Morante e con l’attrice Laura Betti; e si fa protagonista di varie polemiche politiche e intellettuali. Nonostante la notorietà, tuttavia, Pasolini continua a trascorrere la maggior parte della sua vita «al di là del confine della città, oltre i capolinea». E il mondo del sottoproletariato romano gli ispira, oltre ad alcuni versi contenuti nelle raccolte di poesie Le ceneri di Gramsci (1957) e La religione del mio tempo (1961), un nuovo romanzo Una vita violenta (1959).

A partire dal 1960 Pasolini passa dalla letteratura al cinema. Nel giro di pochi anni firma, oltre a varie sceneggiature, la regia di numerosi film, inizialmente di scarso successo, ma che comunque impongono la sua figura sulla scena pubblica, suscitando spesso scandalo e polemica. Nell’autunno del 1961 è vittima di una campagna diffamatoria e viene addirittura accusato di rapina a mano armata. La sua fama intanto si diffonde anche sul piano internazionale e le sue opere vengono tradotte in numerose lingue.

Ai viaggi con Alberto Moravia in Africa e in India — da cui è nato L’odore dell’India (1962) — nel corso degli anni, seguono numerosi altri viaggi in tutto il mondo, soprattutto in Africa e nei Paesi islamici. L’attività cinematografica, inoltre, gli consente di allargare i suoi contatti con gli ambienti più diversi. Stringe amicizia con la grande cantante lirica Maria Callas, protagonista del film Medea, ma in molti suoi film fa recitare anche l’amico, il ragazzo di borgata Ninetto Davoli, quel “barbaro” innocente che per Pasolini incarna il mito della Roma assediata dai “barbari”, al sud-est della cintura urbana. E di alcuni film Pasolini è interprete egli stesso.

Nel contempo, anche negli anni Sessanta, prosegue la sua attività di narratore, di poeta, di saggista e polemista. Nel’60 escono Roma 1950, Diario, Sonetto primaverile, Il sogno di una cosa (romanzo scritto tra il ’48 e il ’49) e Passione e ideologia (raccolta di saggi critici scritti tra il ‘48 e il ‘58); mentre nel ’64 viene pubblicata la raccolta di poesie Poesia in forma di rosa, cui segue nel’65 Alí dagli occhi azzurri (volume che raccoglie una serie di racconti e bozzetti).

Nel 1964 grande risonanza ha il suo intervento sulla «questione linguistica»: la tesi da lui espressa nel saggio Nuove questioni linguistiche è criticamente controbattuta da filologi, linguisti, letterati, scrittori e sociologi.

Il 1965 segna l’inizio della sua produzione teatrale. Oltre alla stesura del Manifesto per un nuovo teatro (pubblicato nel 1968 sulla rivista diretta dal ’66 con Moravia e Alberto Carocci, «Nuovi Argomenti»), scrive e pubblica con tempi e modalità diverse una serie di sei «tragedie»: Pilade, Affabulazione, Calderón, Orgia, Porcile (legata all’omonimo film) e Bestia da stile.

I suoi numerosi saggi critici e interventi degli anni Sessanta sulla letteratura, il cinema e la lingua sono raccolti nel volume Empirismo eretico (1972); mentre una scelta di testi della rubrica di corrispondenze con i lettori tenute, da ’60 al ’65, su «Vie nuove», è contenuta nel volume Le belle bandiere, uscito postumo nel 1977.

Nel 1968 suscita scalpore e accese polemiche il suo clamoroso intervento poetico Il Pci ai giovani!!, con cui attacca duramente e amaramente il Pci e difende i poliziotti d’origine proletaria contro gli studenti, figli di borghesi e piccolo-borghesi. Nel 1971 dà alle stampe Trasumanar e organizzar, la raccolta di versi in cui si trovano già parzialmente svolti i temi dei suoi successivi scritti giornalistici.

Negli anni successivi, infatti, s’intensifica notevolmente la sua attività di critico militante sui giornali e sulle riviste. Sul settimanale «Tempo» tiene dal ’68 al ’70 la rubrica Il caos, i cui interventi sono stati parzialmente raccolti nel volume postumo Il caos (1979); mentre sempre sullo stesso settimanale dal ’72 al ’74 curerà una rubrica di critica letteraria, la cui fitta serie di rigorose e nitide recensioni sono state pubblicate anch’esse postume in Descrizioni di descrizioni (1979).

Il vertice della saggistica provocatoria dell'autore è costituito, però, da due volumi: la raccolta di interventi apparsi su vari giornali dal ’73 al ’75, Scritti corsari (1975), e Lettere luterane, raccolta — uscita postuma nel 1976, ma già progettata con questo titolo dall’autore — di articoli pubblicati sul «Corriere della Sera» e su «Il Mondo» nel corso del 1975, fino all’intervento per il congresso del partito radicale, letto dopo la morte di Pier Paolo Pasolini.

In questi scritti, rivelatisi con il trascorrere degli anni profetici, Pasolini, come un «corsaro», eretico, solitario e controcorrente, si fa censore del costume nazionale, scagliandosi contro tutto ciò che sente inautentico. Contro il mondo borghese, il capitalismo e il neocapitalismo, la società di massa e il consumismo, il villaggio globale, la televisione, l’omologazione, la rivoluzione antropologica, il Palazzo, contro il Sessantotto, l’aborto, il divorzio, contro lo stalinismo e l’invasione dell’Ungheria…

Ferocemente e dolorosamente ripiegato in un pessimismo assoluto nei confronti della realtà violentemente degradata, Pier Paolo Pasolini, il corsaro dalla disperata vitalità, muore assassinato in circostanze oscure tra il I° e il 2 novembre 1975. All’alba del 2 novembre viene trovato ucciso in uno spiazzo polveroso, all’Idroscalo di Ostia, e per una raccapricciante fatalità, proprio nella periferia suburbana di Ragazzi di vita, di Una vita violenta e di Accattone. Un'ipotesi molto inquietante lo collega alla "lotta di potere" che prendeva forma in quegli anni nel settore petrolchimico, tra Eni e Montedison, tra Enrico Mattei e Eugenio Cefis. Pasolini, infatti, si interessò molto al ruolo svolto da Cefis nella storia e nella politica italiana: facendone uno dei due personaggi "chiave", assieme a Mattei, di Petrolio, il romanzo-inchiesta (uscito postumo nel 1992) al quale stava lavorando poco prima della morte.
Pasolini ipotizzò, basandosi su varie fonti, che Cefis alias Troya (l'alias romanzesco di Petrolio) avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali. Secondo autori recenti e secondo alcune ipotesi giudiziarie suffragate da vari elementi, fu proprio per questa indagine che Pasolini fu ucciso.


Pochi giorni dopo la morte, esce La divina Mimesis, singolare «riscrittura» dell’Inferno dantesco; dopo di che negli anni seguenti vedono la luce numerosi altri suoi testi inediti, sparsi o incompiuti. Ricordiamo, per quanto riguarda la narrativa, Amado mio. Atti impuri (1983) e Petrolio (1992); per la poesia, Le poesie (antologia, 1975), Poesie e pagine ritrovate (1980), Poesie dimenticate (1980). Per quanto riguarda la saggistica e gli scritti giornalistici, oltre ai volumi già menzionati, sono usciti postumi Il sogno del centauro (1983), Lettere agli amici. 1941-1945 (1976), Lettere 1940-1954 (1986), Volgar’eloquio (1987), Lettere 1955-1975 (1988), Il portico della morte (1988), I dialoghi (1992), Antologia della lirica pascoliana (1993), Vita attraverso le lettere (1994), Interviste corsare (1995).

Le sorprendenti analogie nella vita, nell'opera e nella morte di Pasolini e Caravaggio, vengono trattate nell'articolo Dove l'acqua del Tevero s'insala.

Un abbozzo di esposizione del rapporto di Pasolini con i dialetti si trova nell'articolo La so storia a è duta lì, lavorà, preà, patì, murì

Nell'articolo L'anima e la carne, nella tensione tutta mortale dei personaggi dei film Il Vangelo secondo Matteo o di Una vita violenta, viene trattato uno dei drammi più violenti dell’uomo Pasolini.

La voracità con cui l'autore si nutre del reale, e ci si getta a capofitto — energico e vigoroso come un ragazzo che prende di petto un’estate e la vita — la vita come una lunga estate – viene analizzata nell'articolo L'estate, la sera. Atmosfere, luoghi, tempi in Pier Paolo Pasolini.

Nel saggio La filologia politica di Pier Paolo Pasolini, la proposta dello scrittore aggiunge un particolare nuovo al modello lirico italiano: la filologia come capacità di collegare i frammenti per poter indovinare, in mancanza di prove e indizi, i «nomi» dei «colpevoli».



A Pier Paolo Pasolini sono intitolati:


L'Amministrazione comunale di Ciampino, nel 1997, gli ha dedicato la Biblioteca Comunale. Dal dicembre del 1951 alla fine del 1954 Pasolini insegnò a Ciampino alla scuola media di via Pignatelli, ora non più esistente; tra i suoi allievi vi fu Vincenzo Cerami, illustre scrittore, giornalista e sceneggiatore, che iniziò a lavorare come assistente di Pasolini. All'inaugurazione attesero l'allora sindaco Antonio Rugghia, Walter Veltroni e Willer Bordon (il secondo a quei tempi Vice Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dei Beni Culturali e il terzo Sottosegretario ai Beni Culturali).

mercoledì 25 aprile 2012

I GRANDI DEL '900 ITALIANO

Iniziamo oggi un percorso che ci porterà a conoscere i più grandi scrittori italiani del '900. Questo cammino sarà completato con un parallelo musicale e artistico a 360°. L'obiettivo è formare un mosaico dell'Italia del secolo scorso per poi arrivare sempre più vicino alle origini sia della lingua e della letteratura italiana, sia del mondo artistico.

Cominciamo con un grande scrittore e intellettuale a cui sono particolarmente affezionato, del dopoguerra: PIER PAOLO PASOLINI:
"un italiano senza Italia, un profeta senza nazione, un uomo dotato di sensibilità eccezionale, di una lucidità senza padrone... fu, essenzialmente, un solitario e come tutti i solitari, fu incompreso".


“…E io
ritardatario sulla morte, in anticipo
sulla vita vera, bevo l’incubo
della luce come un vino smagliante.”
Pier Paolo Pasolini





1974. Pasolini: "... non c'è più niente da fare".
http://www.youtube.com/watch?v=Zf55WxRqg8k


L’anno in cui Mussolini va al potere, Pier Paolo Pasolini nasce, a Bologna, il 5 marzo 1922. Il padre, Carlo Alberto Pasolini è ufficiale di fanteria, di antica famiglia ravennate, la madre, Susanna Colussi, è maestra elementare, di famiglia contadina originaria di Casarsa nel Friuli.

Durante l’infanzia e l’adolescenza, a causa dei continui trasferimenti del padre (ufficiale di carriera), si sposta prima a Parma, quindi a Belluno, Conegliano, Cremona e Reggio Emilia. Fondamentali rimangono i soggiorni estivi a Casarsa, «… vecchio borgo… grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana » ... l’incontaminato, primitivo puro mondo campestre a cui sarà strettamente legato il suo esordio letterario e a cui emotivamente lo scrittore rimarrà legato per tutta la vita. Dopo il liceo, nel 1939 s’iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, dove vive.

 Nel 1942 pubblica a proprie spese un volumetto di poesie che suscita l’interesse di Gianfranco Contini, Poesie a Casarsa. La raccolta è scritta in dialetto friulano, in quella che per lui è «lingua pura per poesia»: in quel momento della storia italiana — motiverà più tardi in Passione e ideologia — «l’unica libertà rimasta pareva essere la libertà stilistica». In quello stesso anno, intanto, il padre — padre «antagonista e tirannico» con cui ha un rapporto conflittuale feroce e tragico — è prigioniero degli inglesi in Africa.

L’8 settembre del ’43 Pasolini fugge da sotto le armi e torna a Casarsa, dalla madre. «I rapporti tra madre e figlio — scrive Enzo Siciliano in Vita di Pasolini (Rizzoli, 1978) — furono sempre i più teneramente strazianti». L’«odore della povera pelliccia di mia madre è l’odore della mia vita». Su di lei — confessa il poeta — «tutta la mia vita è stata imperniata».

Dopo la fuga dalle armi, «ossessionato dall’idea di finire uncinato; ché così finivano nel Litorale Adriatico i giovani renitenti alla leva o dichiaratamente antifascisti», Pasolini trascorre i lunghi mesi dell’occupazione nazista nella cittadina friulana e nel vicino borgo di Versuta. Qui, in casa, con mezzi di fortuna, organizza una scuola gratuita per pochissimi alunni, mentre continua ad occuparsi del recupero del dialetto friulano con un gruppo di amici.

Nel maggio del 1945 riceve la tragica notizia della morte del fratello Guido (nato nel 1925). Partigiano nella divisione Osoppo legata al Partito d’azione, Guido Pasolini fu ucciso in un oscuro episodio «da mano fraterna nemica», ossia da gruppi di partigiani comunisti uniti agli svoleni che in quel momento intendevano annettersi il Friuli.

Nell’autunno di quello stesso anno, Pier Paolo si laurea con Carlo Calcaterra, con una tesi dal titolo Antologia della lirica pascoliana (introduzione e commenti). Sempre in quell’autunno, finita la guerra, torna dalla prigionia del Kenia il padre, oramai «reduce malato, avvelenato dalla sconfitta del fascismo,… distrutto, feroce, tiranno senza più potere». Il ritorno del padre, la morte del fratello e il dolore sovraumano della madre rendono questo periodo il più tragico della sua vita.

Nel ’49, «come in un romanzo», fugge con la madre a Roma. «Per due anni — racconta Pasolini — fui un disoccupato disperato, di quelli che finiscono suicidi; poi trovai da insegnare in una scuola privata a Ciampino per ventisettemila lire al mese». Dopo quei «due anni di lavoro accanito, di pura lotta», aggravati per giunta dalla presenza del padre che nel frattempo li ha raggiunti a Roma, nel ’51 si trasferisce da piazza Costaguti, nel quartiere ebraico, a Ponte Mammolo, sulla Tiburtina, «in una casa restata definitivamente senza tetto»: scopre il popolo della periferia: la Roma delle borgate che diverrà lo scenario dei suoi romanzi di maggior successo.

Nel contempo, però, comincia a entrare in contatto con gli ambienti letterari romani, con gli scrittori e poeti Penna, Bassani, Caproni, Gadda e Bertolucci. Allacciando, inoltre, uno stretto rapporto con il gruppo di intellettuali che si riunisce intorno alle riviste, «Il contemporaneo», «Paragone» e «Vie nuove», partecipa attivamente a iniziative editoriali, a polemiche letterarie, pubblicando testi di vario tipo.

Si accosta anche all’ambiente del cinema e con l’aiuto di Giorgio Bassani, partecipa alle prime sceneggiature cinematografiche: nel’54, per il film La donna del fiume di Mario Soldati; e l’anno successivo, assieme a Bassani, per Il prigioniero della montagna di Luis Trenker; mentre nel’57 collaborerà, come filologo per le battute in romanesco, alla sceneggiatura de Le notti di Cabiria di Federico Fellini. Migliorata intanto la sua situazione economica, prosegue  la sua produzione poetica: nel 1954 raccoglie tutti i versi scritti in dialetto, specie a Casara durante gli anni della guerra e del dopoguerra, nel volume La meglio gioventù. Al fitto lavoro di studio e riscoperta della tradizione dialettale italiana che accompagna la sistemazione di questa raccolta, sono legate due importanti antologie: Poesia dialettale del Novecento, scritta con M. Dell’Arco (1952) e Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare (1955). Alla poesia dialettale Pasolini tornerà poi solo nel 1974 con Seconda forma de «La meglio gioventù», rifacimento della prima. La prima e la seconda forma della raccolta verranno infine pubblicate nuovamente nel 1975, con il titolo La meglio gioventù.

Nel 1955, con gli antichi compagni d’università, Leonetti e Roversi, fonda a Bologna la rivista critica «Officina» , che vede anche la collaborazione di Fortini, Volponi e molti altri critici e intellettuali militanti. In quello stesso anno dà alle stampe il primo romanzo, destinato a dargli il successo e la fama, Ragazzi di vita.
(continua...)

martedì 24 aprile 2012

25 APRILE: FESTA DELLA LIBERAZIONE ITALIANA !!!





CON QUESTA POESIA VOGLIAMO RICORDARE IL 25 APRILE...  



E ora tocca


a voi battervi


gioventù del mondo;


siate intransigenti


sul dovere di amare.


Ridete di coloro


che vi parleranno di prudenza,


di convenienza, che


vi consiglieranno


di mantenere


il giusto equilibrio.


La più grande


disgrazia che vi


possa capitare


è di non essere


utili a nessuno,


e che la vostra


vita non serva


a niente.

 
 
 
MOLTE SONO ANCHE LE CANZONI CHE CELEBRANO L'AVVENIMENTO. SICURAMENTE LA PIU' FAMOSA E' " BELLA CIAO!"

domenica 22 aprile 2012

FESTA ITALIANA DEL 21 APRILE


                                            FOTO  DELLA  FESTA  NEL  LOCALE
                                                           


                                                               ... E  IN  CUCINA !!!


                                LE TAGLIATELLE, CHE PRECEDONO LE LASAGNE...





                UNA TRA LE MIGLIORI CAMERIERE DELLA SERATA: HELOISE







GRAZIE A TUTTI PER LA PARTECIPAZIONE E CONGRATULAZIONI AI VINCITORI DEL SORTEGGIO FINALE!!!

QUANTO PRIMA ORGANIZZEREMO UN SECONDO EVENTO A BASE DI PIZZA...
TUTTI GLI AGGIORNAMENTI QUI, SUL BLOG...

martedì 10 aprile 2012

MARTHA MEDEIROS: LENTAMENTE MUORE

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi e’ infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza
per l’incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o
della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicita’.

Martha Medeiros

ALTO TRADIMENTO !!!

Denunciati i due Traditori: Napolitano e Monti.

05 Aprile 2012 

La notizia è di quelle che fanno saltare sulla sedia.
Un avvocato di Cagliari, Paola Musu, ha sporto formale denuncia nei confronti di Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, tutti i ministri e tutti i membri del parlamento.
I reati ravvisabili, come si legge nel documento protocollato e presentato presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Cagliari, sono:
- attentato contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato;
- associazioni sovversive;
- attentato contro la Costituzione dello Stato;
- usurpazione di potere politico;
- attentato contro gli organi costituzionali;
- attentato contro i diritti politici del cittadino;
- cospirazione politica mediante accordo;
- cospirazione politica mediante associazione.


La denuncia è scattata a seguito delle vicende degli ultimi mesi, conseguenza della crisi economica e del diktat della Bce che hanno “suggerito” al Presidente della Repubblica la formazione di un nuovo governo, cosidetto “tecnico”, a guida di Mario Monti. Un governo non legittimato dal voto popolare. Di ciò si è molto discusso, ma nessuno finora si era spinto così in là da sporgere una denuncia formale impugnando la Costituzione e il Codice Penale.
La prima violazione, secondo l’avvocato Paola Musu, sarebbe all’articolo 1 della Costituzione:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
La denuncia continua:
“Contenuto essenziale della sovranità di un popolo è dato dalla propria sovranità in materia di politica monetaria, economica e fiscale: è con essa, ed attraverso i suoi strumenti, che un popolo determina le sue sorti. Svuotare un popolo e la sua sovranità di quello specifico contenuto significa, e comporta, privarlo della sovranità stessa, in quanto lo si priva dalla facoltà e dal potere di determinare il proprio destino ed il proprio stesso “essere”, compromettendone la sua stessa esistenza”.
La sovranità monetaria oggi non appartiene più al popolo italiano, ma effettivamente alla Banca Centrale Europea che ha dettato, negli ultimi mesi, le politiche economiche del Governo Monti.
Sotto, il testo integrale della denuncia di Paola Musu, che finora ha trovato il sostegno del giornalista Paolo Barnard tra i principali divulgatori della Modern Money Teory e impegnato contro quello che non esita a definire un Golpe Finanziario.








Corrado Belli



Fonte:

http://www.tzetze.it/tzetze_news.php?url=http%3A%2F%2Fwww.mentereale.com%2Farticoli%2Fdenunciati-i-due-traditori-napolitano-e-monti&key=33f78185301ce9fa24c77df08565db42e02564bb

L'ITALIA COME L'ISLANDA???

"LA CRISI DELL'EUROPA PUO' ESSERE AFFRONTATA E SCONFITTA ANCHE COSI': UN BELL'ESEMPIO PRATICO DI DISOBBEDIENZA CIVILE DA PARTE DI UN'INTERA  NAZIONE PER LA SOPRAVVIVENZA DELLA POPOLAZIONE"

Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale

L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione.
di Andrea Degl'Innocenti

Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.

L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.

Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a sud dell'immensa Groenlandia.

15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.

Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.

Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.

A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.

Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.

Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.

Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.

Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.

La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.

A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.

In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're').

Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.

Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".

Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.

Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?

lunedì 9 aprile 2012

sabato 7 aprile 2012

BUONA PASQUA...



         BUONA  PASQUA  A  TUTTI  I  LETTORI  DEL  BLOG

mercoledì 4 aprile 2012

Por que estudar italiano?

Nascida há cerca de oito séculos, a Língua Italiana vem sendo considerada durante os anos como uma língua da cultura e, como tal, abre um amplo leque de possibilidades. Também como língua técnica do mundo de negócios, a língua italiana está ganhando espaço em diversas partes do mundo como elemento de um processo de expansão nos estudos realizados no exterior e na economia internacional.
A língua italiana é uma daquela línguas das quais todos conhecem ao menos uma palavra (sobretudo no que se refere a música ou a cozinha). Isto a identifica rapidamente como a língua de uma cultura plena de vida e de cores. A cozinha italiana não é famosa pela pizza, seu espaguete ou seu macarrão? A Ópera lírica italiana não é famosa per seus tenores e sopranos? E não podemos esquecer a sublime literatura e a extraordinária produção cinematográfica, que deixaram frases como “ La dolce vita”, conhecida e usada em todo o mundo. O italiano é a língua de uma cultura viva e vibrante.
Além disso, a cada ano muitos estudantes do programa " Erasmus" vêm a Itália para estudar nas Universidades italianas.
O conhecimento da Língua Italiana é importante para as pessoas que trabalham no mundo dos negócios, das artes, da moda, da tecnologia e em muitas outras profissões. É também útil para os estudantes da escola superior e das Universidades que desejam fazer carreira na História da Arte, na música, nas letras, na pedagogia e nas relações internacionais.

dal blog: www.clicufs.blogspot.com.br

BELLEZZE D' ITALIA

VIDEO SU ALCUNI BEI "POSTICINI" ITALIANI...


http://youtu.be/L4_ESBKT808

ITALIA DI NOTTE...

domenica 1 aprile 2012