mercoledì 29 gennaio 2014

IL TACCO D'ITALIA: LA PUGLIA MERAVIGLIOSA

UNA REGIONE BELLISSIMA: NATURA, OLIO, VINO, FORMAGGI, FRUTTA, PERSONE INCREDIBILMENTE SIMPATICHE, GENUINE E CORDIALI, E POI TANTA TANTA STORIA !!!
SCOPRIAMO INSIEME QUESTO PARADISO



Arte e cultura
Puglia terra di conquista e di dominazioni. I castelli, veri capolavori dell’architettura, tra cui Castel del Monte, patrimonio mondiale dell’Unesco e le numerose torri di avvistamento che tratteggiano le coste a sud. Ed ancora, i palazzi nobiliari, i borghi e le piazze, simboli di potere, luoghi del vivere civile.
Puglia terra d’arte. Le città e i centri più piccoli custodiscono sontuosi edifici storici, espressione delle correnti artistiche rinascimentali e barocche, oggi importanti contenitori d’arte destinati ad accogliere biblioteche, musei e pinacoteche.
Puglia terra di fede e di antiche tradizioni. Basiliche, cattedrali e santuari, espressioni artistiche diverse accomunate dalla fede; ed ancora, feste patronali, sagre di paese e suggestive rievocazioni storiche rinnovano ogni anno antiche consuetudini legate al momento della festa.
Puglia culla di civiltà. Resti di civiltà antichissime attestano la frequentazione di queste terre dalla preistoria al medioevo, le cui tracce si conservano ancora oggi in importanti parchi archeologici e nei principali musei cittadini.
Puglia terra di antichi mestieri. Nei piccoli borghi e nelle grandi città il lavoro degli artigiani rivive nella lavorazione di splendide creazioni artistiche, oggi come allora realizzate secondo metodi tradizionali. Sono i famosi fischietti di terracotta di Rutigliano, i merletti del Gargano, i prodotti ceramici di Grottaglie e i manufatti realizzati nel Salento con la tenera pietra leccese, con il ferro battuto e con la cartapesta.                                                                                  
Puglia terra di fede e di pellegrinaggio. Cattedrali, basiliche e santuari, testimoni di un percorso artistico influenzato da dominazioni e signorie, custodiscono oggi spoglie e reliquie che li rendono importanti mete di pellegrinaggio. La devozione porta i pellegrini a Monte San Michele, lungo l’antico tracciato della Via Sacra Langobardorum, o San Giovanni Rotondo, la città dove visse e morì Padre Pio, fin giù al Salento da dove raggiungere la Terra Santa seguendo l’antico percorso conosciuto come Via Francigena del Sud.

Natura e paesaggio
Puglia ambiente protetto. Con i Parchi nazionali del Gargano e delle Murge, le riserve marine delle Isole Tremiti e di Torre Guaceto e le numerose aree protette, la Puglia vanta un paesaggio naturale vasto ed eterogeneo oggi perfettamente tutelato.
Puglia rurale. I trulli, patrimonio mondiale dell’umanità, raggruppati ad Alberobello o distribuiti tra le campagne della Valle d’Itria, le masserie storiche, i frantoi ipogei: esempi di architettura rurale funzionali alle esigenze di un passato prevalentemente agricolo, oggi patrimonio culturale di inestimabile valore.
Puglia paesaggio carsico. Gravine, puli e doline, solcano la superficie di un territorio fortemente caratterizzato dal fenomeno carsico con i suoi ricchi habitat naturali e le numerose grotte, villaggi rupestri e chiese ipogee, luoghi di grande suggestione che raccontano ancora oggi del secolare impiego di questi siti da parte dell’uomo, dalla preistoria all’età moderna.

Enogastronomia
Puglia, terra di saperi e profumi. La maestria di fornai, casari, agricoltori trasforma i frutti della terra in prodotti semplici e, proprio per questo, ricchi di sapore e profumo. Impossibile non provare il pane di Altamura, famosissimo per il gusto ed il colore inconfondibile, quello giallo del grano da cui proviene. L’Aleatico, il Primitivo di Manduria e il Negroamaro sono punte di eccellenza di una produzione vinicola qualificata e conosciuta in tutto il mondo.
E ancora 5 oli dop ricavati dagli imponenti olivi secolari di questa terra, esaltano i sapori della cucina tipica regionale.

Il mare
Puglia, paesaggi e fondali indimenticabili. Le città di mare svelano il loro fascino nascosto tra vicoli e palazzi, dove divertimento notturno, eventi culturali, l’incanto dell’arte e i sapori della gastronomia, fanno da sfondo ad uno dei mari più belli e puliti d’Italia. Porti turistici, approdi e punti di ormeggio permettono di vivere la vacanza a bordo di comode imbarcazioni.
Indimenticabili le Isole Tremiti, un microcosmo compatto ma diversissimo, racchiuso in tre isolotti dove i paesaggi del mare e della terra permettono una vera immersione della natura.


sabato 18 gennaio 2014

GIORGIO GABER: LA LIBERTÀ È PARTECIPAZIONE !!!

STUDIATO NELLE UNIVERSITÀ FRANCESI, RUSSE E TEDESCHE, IN ITALIA STA COMINCIANDO AD ESSERE RICONOSCIUTO ADESSO, A PIÙ DI DIECI ANNI DALLA MORTE, COME ARTISTA, POETA, FILOSOFO, UOMO DI SPETTACOLO, AVENDOGLI DEDICATO DUE SCUOLE: UNA IN TOSCANA E PRIMA ANCORA IN CALABRIA.  GABER È STATO UN FARO PER I GIOVANI INTELLETTUALI DEGLI ANNI ‘70/’80. LA SUA CRITICA NUOVA E FUORI DAGLI SCHEMI, AL DI SOPRA DELLA POLITICA PARTITISTICA, È STATA UN RITORNO AL PENSIERO DELL’INDIVIDUO, UN RITORNO MAIEUTICO DELL’UOMO VERSO LA CONOSCENZA DI SÉ E DELLA PROPRIA STORIA.         
ABBANDONATA LA TV NEI PRIMI ANNI SETTANTA, CHE LO AVEVA PORTATO AD UN SUCCESSO CLAMOROSO, DEDICA SE STESSO AL TEATRO E COMINCIA COSÌ, ANCHE PER LUI, UN CAMMINO CHE LO PORTERÀ AD UN MISTICISMO LAICO, ESTERNIZZATO CON LA CANZONE “ANNI AFFOLLATI” DEL ’82. AMICO FEDELE ANCORA OGGI CON LE CANZONI E GLI SPETTACOLI CHE CI HA LASCIATO, È PER ME UNA GRANDE EMOZIONE E UN ONORE, TENTARE DI PARLARE DI UN COSÌ GRANDE UOMO PURTROPPO DEL SECOLO SCORSO...



“Non fa male credere, fa molto male credere male...”


Col suo teatro-canzone Giorgio Gaber ha attraversato quarant'anni cruciali della storia italiana, in una compenetrazione continua tra pezzi di vita pubblica e privata. Ironico, ruvido, istrionico, nel corso degli anni è stato definito "anarchico", "vate dei cani sciolti" e perfino "l'Adorno del Giambellino", ma qualsiasi etichetta risulta insufficiente a riassumerne la personalità. 
Gaber si è spento a 63 anni, dopo una lunga malattia.

"Vivere, non riesco a vivere ma la mente mi autorizza a credere che una storia, mia positiva o no, è qualcosa che sta dentro la realtà" 

Il corto circuito che uno spettacolo di Giorgio Gaber metteva in moto era gesti e canzone, impeto civile e divertimento. Non è semplice spiegarlo. Alla naturale precarietà del nostro difficile tentativo di raccontare la musica, si aggiungono altri livelli, parlando di Gaber. Chi non ha avuto la fortuna di assistere a un recital del Signor Gaberscik difficilmente potrà comprendere il coinvolgimento fisico che il suo teatro-canzone sapeva ingenerare. I recital che Giorgio portava in giro per i teatri negli anni 70 erano overdose di intelligenza, perché sferzavano come una sega circolare costumi in irrefrenabile mutazione. Ma lo facevano utilizzando insieme la parola e il corpo (oltre che la musica). Quegli spettacoli, sia quelli interamente di Gaber, sia quelli allestiti insieme al sodale di 30 anni Sandro Luporini, sono pietre miliari, verrebbe da dire sociologiche, per la loro capacità di mettere a nudo, con pudore e sottigliezza, la tragicità ordinaria dell'esistenza e del vivere insieme. Quanto sia importante l'aspetto corporeo e fisiologico, nell'arte gaberiana, è indiscutibile. Lui, lì, sul palco, un guitto nero, con quei suoi tentacoli - le braccia, il naso, le gambe; le smorfie, i tic, i ghigni, i sorrisi timidi. Un corpo parlante. 

Il canzoniere di Giorgio Gaber attraversa quarant'anni cruciali di storia italiana. Una compenetrazione ineguagliata tra pezzi di vita pubblica e privata, tra l'ansia di chi si è sforzato tutta la vita di fare i conti con la misura della propria inutilità, e la rabbia di quello che sentiva vero; lucido, affilato. 

Già nel 1970 (in "Il Signor G dalla parte di chi"), Gaber aveva il coraggio di cantare, a proposito dei movimenti giovanili, che, sì, hanno ragione perché sono giovani, ma, alla fine, l'uomo G si chiede: "Me ne importa poi tanto di queste cose?". Lui intendeva "dentro, per la mia vita, come fatto fisico". Ecco un primo esempio di poetica della fisiologia. Ne è costellato tutto il repertorio di Gaber. "I borghesi" (dall'album omonimo del 1971) parte dall'assunto di un malessere fisico che produce strane allucinazioni ("Quand'ero piccolo non stavo mica bene"). Sono le allucinazioni che hanno le persone sane, finché sono sane. Ed è soprattutto in Far finta di essere sani che Gaber esprime in modo perfettamente organico tutto ciò. Cerco un gesto, un gesto naturale è il tentativo di un approdo rassicurante, che è prima di tutto del corpo e poi della mente, perché il corpo è più saggio ("Cerco un gesto, un gesto naturale/ Per essere sicuro che questo corpo è mio"). L'impotenza esprime la difficoltà di rapportarsi all'altro in una relazione che significhi realmente qualcosa, partendo da quello che è il primo postulato di Gaber: la propria inadeguatezza, la propria insufficienza. Mentre "La marcia dei colitici" presenta il campionario di un'umanità di "gastritici, stitici, psicosomatici", avanguardia colitica di coliticizzati. 

Nello stesso lavoro Gaber raccontava, in "L'uomo che perde i pezzi", utilizzando l'allegoria del corpo, la perdita delle certezze, che si staccano una alla volta: l'ascella, la coscia, il malleolo, il cuore. Lo smarrimento di sé è prima di tutto perdita di contatto con il reale, con quel nocciolo corporeo che è per Gaber del tutto preminente, in un'epoca che ha reso tutto sovrastruttura e che ha iper-intellettualizzato ogni percezione.


Un decennio dopo, in Io se fossi Gaber, la riflessione sull'identità sarà legata al cosiddetto look ("Da un po' di tempo non so più come vestirmi", da "La vestizione"), soffermandosi sul contagio delle masse e sulla difficoltà di rimanere un individuo senza farsi opacizzare dalle mode ("La massa"). 


Torniamo indietro, al periodo aureo degli anni 70. Nel brano "Far finta di essere sani" (un vero manifesto) si vagheggia, smascherando le contraffazioni e l'ipocrisia delle ideologie, "una donna normale che riesce anche a esser fedele, comprando sottane, collane e creme per mani". L'integrità irriducibile, l'asciuttezza di uno sguardo disincantato e amaro, quel moralismo di una minoranza condannata a rimanere tale dalla propria sintassi etica. 


La sanità codificata di Giorgio Gaber è l'ancoraggio delle cose reali, concrete, mentre l'impegno nelle categorie "pubbliche" rappresenta una scappatoia e le idee sono soltanto astrazioni. Gaber canta in uno dei suoi momenti più alti: "Se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione" ("Un'idea", da Dialogo tra un impegnato e un non so). Le idee non si possono toccare, non si vedono. Ognuno le manipola come crede: il razzista predica antirazzismo, il tradizionalista si veste di avanguardia psico-pedagogica. Tutto è gratis finché è solo idea - la coppia aperta, il femminismo, la psicanalisi. Finché sono concetti che si hanno solo in testa, ma non nella pelle. Il corpo, invece, si vede. Il corpo parla, non può mentire (ricordate i tic dell'antica "Goganga"?). 


In Anche per oggi non si vola il cantattore torna sul tema in modo ancora più esplicito. Il corpo stupido è la storia di una notte trascorsa con una donna della quale "condividere la linea", dalle buone letture. "Era perfetta ma non ho avuto voglia di toccarla", canta Gaber. "Com'è corretta l'ideologia/ Com'è ignorante la simpatia/ Io purtroppo non riesco a istruire il mio tatto/ Non riesco a politicizzare l'olfatto/ Ci ho il corpo stupido". In "L'odore", il protagonista è assediato da una persistenza olfattiva che non va via. Non basta lavarsi (inevitabile riandare allo "Shampoo" e al candido trionfo di schiuma, sciacqui e risciacqui); la puzza persiste. Quasi che la grevità ricordasse continuamente le sue leggi alla presunta superiorità intellettuale delle sovrastrutture e delle formule: "Sciacquoni, sciacquoni, forza, cessi!" ("È sabato", da Dialogo tra un impegnato e un non so). 


Dopo una lunga carriera di successo, tra Sanremi, varietà Rai del sabato sera, duetti eccellenti e grandi hit, il Signor Gaberscik era convinto che il suo ruolo fosse quello del giullare: "Devo fare per forza il pagliaccio/ Devo solo fare divertire/ Suona chitarra, falli divertire/ Non farli mai pensare" ("Suona chitarra", da Il Signor G). Ma questo giullare pensoso ci ha illustrato l'Italia dell'ultimo Novecento più di molti articoli o saggi specializzati. 


Con lo sferzante sarcasmo di un Brel, Gaber sputò nei teatri la sua poetica dissacrante, Gaber non sposa nessuna ideologia: il suo sguardo è impietoso nei confronti delle mode obbligatorie della sinistra. Fu tra i primi a prendere le distanze da certe ideologie post-68. La sua voce è quella di un individualista senza pace, che non riesce a tacere su nulla. Nutre una feroce antipatia per le masse omologate e pappagallanti, Gaber. In "L'uomo non è fatto per star solo", da "Polli di allevamento", dice: "Le cose buone non fanno epidemia/ è un fatto biologico/ L'intelligenza non si attacca/ La scarlattina sì/ Le persone che si aggregano hanno incorporato un distillatore che elimina via tutto il buono e lascia passare la merda pura". Fiducia dolente nelle esperienze individuali, enorme sfiducia nell'aggregazione e nelle collettività. Questo è un altro dei punti cardinali dell'etica gaberiana. Lo troviamo continuamente, nei lavori già citati, ma anche ne "I cani sciolti" (da Io come persona) fino a "Verso il terzo millennio" (da La mia generazione ha perso). A patto di non confondere il falso senso di ebbrezza che dà il consumismo d'allevamento - la libertà obbligatoria -, con la libertà vera, quella che non consiste solo "in uno spazio libero", ma nella partecipazione ("La libertà"). "Ma come, con tutta la libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?" ("Si può", da La mia generazione ha perso). 


Alternando con straordinaria intensità musica e monologhi, Gaber ci ha insegnato molto: combattuto tra vita e nevrosi, tra benessere e scoramento, cantando l'illogica allegria e il "diritto di vivere il presente". Mettendo a nudo gli intralci della coerenza e le asperità dell'onestà intellettuale e dell'indipendenza. Cantando la sessualità e il rapporto di coppia con maestria balzacchiana, coniugando le doti del caratterista con l'algebrica puntualità del moralista. Fu un intellettuale senza cattedra, un poeta senza corona, un maestro senza classi. 


Lo stupore, l'adesione, la rabbia, il dolore, il desiderio. Sapeva, Giorgio, che "tutto va in rovina" ("L'illogica allegria", da Pressione bassa); che le cose diventano "risapute e stanche". Ma il suo non fu nichilismo: fu piuttosto un'iper-consapevolezza. La sua amarezza era divenuta sempre più insanabile. Il suo ultimo album in vita, La mia generazione ha perso, è un testamento di programmi e ideali falliti. Il postumo Io non mi sento italiano annuncia i medesimi toni. Gaber, che fu tra i primi ad allontanarsi dal settarismo delle ideologie, mal si rassegna allo sperpero degli ideali e dell'impegno civile d'un tempo. S'incazza più di sempre, perché non vede "più nessuno che s'incazza". Tutto è annacquato. "Ma questa è un'astrazione/ È un'idea di chi appartiene/ A una razza in estinzione". La sua. 

Da varie parti gli viene mossa l'accusa di qualunquismo. Forse Gaber fu qualunquista, se questo significa il rifiuto dell'anestesia, se comporta l'obbligo di tenere il cervello in azione, lo spirito critico vivo, combattendo la stupidità e il conformismo, da qualunque versante provengano ("Timide variazioni", da Polli di allevamento). 
Ricordiamo anche la grande collaborazione e l’amicizia con Enzo Jannacci. Insieme fondarono anche un duo: gli  Jaga Brothers, famosissima la canzone Una fetta di limone.

Abbiamo perso una voce insostituibile. Un grande pensatore in meno in grado di raccontarci in che mondo (spudorato e assurdo) viviamo. 


Qui di seguito i “miei” pezzi preferiti:


il comportamento; c’è solo la strada; quando lo vedi anche...;  flash; la libertà; io non mi sento italiano; anni affollati; l’illogica allegria;  non insegnate ai bambini; quando sarò capace di amare; un’idea; Luciano; il potere dei più buoni; la strana famiglia; far finta di essere sani; Gildo; la nave; i soli; l’odore; il sogno di Gesù; mi fa male il mondo; l’elastico; si può; le elezioni; il conformista; pressione bassa; c’è un’aria; non è più il momento; le mani; la razza in via d'estinzione; verso il terzo millennio.


Qui un altro bel video sul sempre attuale Giorgio, dove si possono vedere gli esordi con Mina e un Giorgio un po’ comico:


http://youtu.be/6D2R_Qsmdt0



Grazie Giorgio, veramente grazie per tutto quello che ci hai trasmesso, semplicemente immenso, intramontabile !!!


www.giorgiogaber.it



venerdì 10 gennaio 2014

BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA

Molti turisti, o meglio pellegrini che visitano Roma, seguono il cammino delle sette chiese.
La Via delle Sette Chiese è un pellegrinaggio a piedi praticato già precedentemente, ma formalizzato e rivitalizzato da San Filippo Neri.
Nella sua forma originaria esso consiste in un percorso ad anello di 20 km circa che tocca le principali chiese di Roma all'epoca in cui visse il santo:
San Pietro in Vaticano
San Paolo fuori le mura
San Giovanni in Laterano
San Lorenzo fuori le mura
Santa Maria Maggiore
Santa Croce in Gerusalemme
San Sebastiano fuori le mura

Oggi conosciamo insieme, dopo aver già parlato della basilica più famosa al mondo, di San Paolo fuori le mura...



La Basilica di San Paolo fuori le Mura è una delle quattro basiliche papali di Roma, la seconda più grande dopo quella di San Pietro.
La chiesa si erge sul luogo che la tradizione indica come quello della sepoltura dell’apostolo Paolo.
Qui i primi cristiani eressero una cappella sepolcrale successivamente trasformata in basilica da Costantino e consacrata, sempre secondo la tradizione, nel 324 da papa Silvestro I.
Già nel 385 si dette inizio alla ricostruzione in forme più ampie del tempio, terminata nel 395 al tempo dell’imperatore Onorio.
Divenuta una delle tappe più importanti del pellegrinaggio a Roma, la sua forma attuale si deve a Pasquale Belli che, in collaborazione con altri architetti, la ricostruì tra il 1825 e il 1854.
Da 1.300 anni, i monaci benedettini vivono presso la Basilica di San Paolo a Roma, dove si conservano le sue spoglie  mortali e cosa ancora più importante, dove si cerca ispirazione dal suo insegnamento e dalla sua vita di santità.
Paolo ha insegnato al mondo come conoscere Gesù Cristo e riconoscerlo come punto centrale della vita: “per me infatti il vivere è Cristo e morire un...” (Fil 1,21). San Benedetto, nel sesto secolo, scrisse la sua Regola per i monaci, cercando di esprimere la  propria esperienza come monaco. Formato dalla lectio divina delle sacre Scritture e dalla già esistente tradizione monastica, nel contesto della cultura romana, Benedetto ha lasciato al mondo un modo di vivere che ha contribuito notevolmente alla creazione della civiltà cristiana di tutti i secoli seguenti fino ai nostri giorni.
I monaci di San Paolo continuano oggi a cercare Dio che è sempre presente, nella contemplazione della sua Parola nella liturgia, nella lettura, e nella graduale trasfigurazione del cuore umano per mezzo della disciplina dei voti di stabilità, conversatio morum e obbedienza, e nel servizio quotidiano ai pellegrini presso la tomba di San Paolo.

Cristo è il nostro cuore, san Paolo e san Benedetto i nostri insegnanti. Nelle parole del primo sappiamo che assolutamente niente “potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,39) e per questo che San Benedetto, può aggiungere, parlando dei monaci: “nulla assolutamente antepongano a Cristo” (RB 72,11).

venerdì 3 gennaio 2014

ALIMENTI CHE PROVOCANO IL TUMORE

BUON 2014 A TUTTI !!
SE AVETE FATTO INDIGESTIONE DURANTE QUESTE FESTE DI NATALE, O AVETE MANGIATO "PESANTE", STATE ATTENTI A QUELLO CHE METTETE IN BOCCA...
QUESTA REGOLA CHE DEVE VALERE SEMPRE, DEVE ESSERE MAGGIORMENTE SEGUITA DURANTE LE FESTIVITÀ: MEGLIO PREVENIRE CHE CURARE. RICORDATEVI, SIAMO CIÒ CHE MANGIAMO !!



5 cibi natalizi che favoriscono cancro, diabete e attacchi cardiaci 

Cinque cibi mangiati durante le festività sono particolarmente malsani. Tutto dipende ovviamente dalle quantità, ma ci sono studi autorevoli che dimostrano come le seguenti pietanze possano portare a disfunzioni e arrecare danni all'organismo (cancro, diabete e scompensi cardiaci). 

I colorati biscotti di Natale 

Se è colorato artificialmente, non è sano. Biscotti, torte, muffin e altre prelibatezze di questo genere contengono coloranti alimentari. Da evitare. I coloranti alimentari sono segnalati nelle etichette con la seguente dicitura: da E 100 a E 199. I coloranti alimentari sono stati ritenuti in grado di provocare iperattività nei bambini e persino correlati all'insorgere della Sindrome da deficit di attenzione(ADHD). 

Qualsiasi cosa fatta con grassi vegetali 

I grassi vegetali sono stati recentemente dichiarati "non sicuri per il consumo umano" dalla FDA. Contengono anche cadmio, un metallo pesante tossico. Praticamente tutti i biscotti comprati al supermercato, torte e altre prelibatezze contengono grassi vegetali. Controllate le etichette degli alimenti troverete scritto "olio di soia parzialmente idrogenato" o "grasso vegetale". Evitate. 

Le carni a base di nitrito di sodio causano il cancro 

Vi siete mai chiesti perché le carni imbustate al supermercato durano così a lungo nel loro imballaggio di plastica senza marcire? Perché sono miscelati con nitrito di sodio, una sostanza chimica che provoca il cancro e che uccide i batteri . 

Il nitrito di sodio aumenta il rischio di leucemia, cancro del pancreas, cancro al colon, tumori cerebrali. Si trova in quasi tutte le carni confezionate. 

Scrive Wikipedia: "Diversi studi hanno direttamente associato il cancro al colon ed altri tipi cancro con modalità alimentari relative al consumo di carne. Il World Cancer Research Fund (WCRF) e l' American Institute for Cancer Research evidenziano come vi sia una chiara evidenza che le carni rosse e le carni lavorate, siano causa di cancro al colon, e che non esista un livello minimo di assunzione di carni processate che possa mostrare con chiarezza di non incrementare il rischio. Tale rischio è spesso associato alla presenza di additivi alimentari come nitriti e nitrati nelle carni stesse. Esse vengono additivate di nitrito di sodio (E 250) e di nitrito di potassio (E 249)". 

Bevande come lo zabaione a base di zuccheri raffinati 

Combinano un alto contenuto di grassi lattiero-caseari liquidi con zuccheri liquidi. Alcuni neanche contengono uova, e altri sono realizzati con un alto contenuto di fruttosio e sciroppo di mais. 

È interessante notare che la parte sana dello zabaione cono le spezie. Noce moscata e cannella, due spezie comunemente usati nelle ricette dello zabaione tradizionale. Purtroppo, la maggior parte degli zabaioni commerciali venduti oggi utilizza aromi artificiali invece di spezie reali. Se volete bere zabaione fatevelo da soli. 

I ripieni e i dadi 

Un ingrediente contenuto nei ripieni delle carni vendute al supermercato è il glutammato monosodico, una sostanza che provoca la morte delle cellule neurali ed altri problemi. Il glutammato monosodico trova uso nell'industria alimentare come additivo ed è identificato dalla sigla E621. È un esaltatore di sapidità e l'ingrediente principale dei dadi da brodo e dei preparati granulari per brodo. 

Leggete le etichette per essere sicuri di non comprare o consumare ripieni fatto con MSG (glutammato monosodico).

fonte: http://www.naturalnews.com/043180_holiday_foods_toxic_ingredients_avoid.html#

UN ALTRO VIDEO INTERESSANTE:
http://youtu.be/e16K_ti_wTk