lunedì 24 febbraio 2014

LA MAFIA OGGI È TRANQUILLA... IL SUO POTERE È COPERTO

MA LA MAFIA ESISTE ANCORA? SE QUALCUNO AVESSE ANCORA IL BEN CHE MINIMO DUBBIO...







Mafia e politica al Nord, ecco la mappa: 74
casi, il record a Milano con 18
L'analisi di ilfattoquotidiano.it basata sui dati
delle inchieste giudiziarie degli ultimi quattro anni, dalla Liguria alla
Lombardia. Un cittadino su cinque amministrato da almeno un personaggio
avvicinato dai clan, soprattutto di 'ndrangheta. Cinque i Comuni sciolti sopra
la linea del Po. Il sostegno elettorale al primo posto tra i motivi che
determinano l'approccio. 

Cinque comuni sciolti per infiltrazione
mafiosa
 e un centinaio di relazioni pericolose. È la fotografia dei contatti
tra ‘ndrangheta e politica nel nord Italia
 scattata dalle più
importanti inchieste antimafia degli ultimi quattro anni. Un quadro
inquietante, sicuramente incompleto, che descrive il tentativo dei clan di
influenzare la vita amministrativa di comuni, province e regioni anche nel
profondo nord del Paese. Le indagini realizzate dal 2009 al 2013 indicano che il
20 per cento dei cittadini
 di Piemonte, Liguria e Lombardia, ossia 1
su 5, è stato amministrato o rappresentato da almeno un politico accusato di
affiliazione o concorso esterno in associazione mafiosa. Circa 75mila abitanti
del nord-ovest dal 2011 vivono in un comune sciolto per mafia. E in questo
quadro la provincia di Milano, con quella di Torino e Genova, risulta l’area in
cui più forte è il tentativo di condizionamento dei risultati elettorali.
Spulciando i documenti dell’antimafia e tenendo
conto solo di politici in carica e candidati – e non di uomini di partito o
funzionari, che pure figurano – si ricava un elenco di almeno 74 casi
di avvicinamento tra rappresentanti delle istituzioni e criminalità calabrese
 (grande
protagonista, pochissime volte affiancata o sostituita da Cosa nostra).
La stragrande maggioranza dei casi non contiene alcun reato, e in ogni caso tutte
le persone citate sono da intendersi innocenti fino all’ultimo grado di
giudizio
. Ma gli episodi tutti insieme tracciano una prima mappa
inedita dell’assalto dei clan alla politica del Nord Italia
. Emergono le
scelte degli uomini legati alla malavita e quella rete di “relazioni esterne”
dell’organizzazione criminale che, anche quando non ha rilevanza penale,
contribuisce a fare della mafia un sistema di potere e non un semplice gruppo
armato.
Sulla base delle informazioni fornite dai
magistrati, i rapporti individuati possono essere classificati in cinque tipi per
livello di coinvolgimento, a prescindere dal loro profilo penale che, lo
ribadiamo, resta perlopiù irrilevante (o, in  alcuni casi, ancora da
provare definitivamente in tribunale). Si passa dal semplice contatto (30
per cento degli episodi), cene, pranzi e appuntamenti in cui gli uomini dei
clan tentano un primo abboccamento, al sostegno elettorale (43
per cento), che rappresenta il tipo di rapporto maggiormente rilevato e nasce
talvolta da una scelta spontanea dei malavitosi (una decisione in ogni caso mai
gratuita, almeno nelle intenzioni), per arrivare agli episodi in cui più
chiaramente emerge una prospettiva di accordo tra le parti (16
per cento). A questi si sommano infine gli episodi in cui, secondo gli
inquirenti, politici e amministratori si relazionano agli uomini di mafia
sapendo  bene con chi hanno a che fare: 5 casi di presunta
affiliazione
 e 3 di concorso esterno in associazione
mafiosa.
Le inchieste rivelano che il sostegno elettorale è
il motivo di contatto più frequente tra cosche e classi dirigenti, così come lo scambio
tra voti e appalti
 è la base di ogni scioglimento comunale per mafia.
I voti sono una merce molto richiesta, la buccia di banana su cui rischiano di
scivolare anche i politici più scafati. Passa tutto da lì: è il peccato
originale che i clan sfruttano per ricavare beni e favori all’organizzazione
criminale. In questo contesto i comuni sciolti per infiltrazioni mafiosa, Bordighera (il
cui commissariamento è stato successivamente annullato), Ventimiglia,LeinìRivarolo e Sedriano,
raccontano solo una parte della storia.
Guardando
ai rapporti tra politica e mafia ogni territorio, comune, collegio o
circoscrizione elettorale del nord Italia diventa lo specchio del potere
conquistato dai clan. L’area di elezione di politici e amministratori
costituisce infatti lo spazio su cui si misura la capacità mafiosa di penetrare
le istituzioni, condizionare un territorio e la sua vita democratica. La
dimensione della sua scalata al potere.
In questa classifica alla città di Milano tocca
il valore massimo, con 11 episodi segnalati. E i numeri peggiorano quando gli
episodi si sovrappongono sullo stesso territorio. La cifra che ne risulta
(indicata nella mappa con una diversa gradazione di colore) è ben più grave e
colloca, ad esempio, il capoluogo lombardo in vetta alle posizioni con 18
casi complessivi
.
Nelle intercettazioni e nei documenti ufficiali (i
dati sono aggiornati al 31 dicembre 2013), la stragrande maggioranza dei
politici si mostra inconsapevole, distratta, responsabile tutt’al più di una
caccia al consenso che conduce talvolta a pericolosi incontri ravvicinati. E
infatti tutti i politici si dichiarano estranei a qualsiasi coinvolgimento o
responsabilità. Le relazioni con uomini legati ai clan nascono spesso in un’area
grigia
 popolata da colletti bianchi, affaristi e fiancheggiatori di
ogni sorta, in cui si stringono molte mani e non sempre è facile capire chi si
ha di fronte. Capita, poche volte per la verità, che i politici vengano
addirittura scelti a loro insaputa, sostenuti dai “calabresi” per giochi di
sponda o di interessi incrociati, quando collettori di voti – luogotenenti dei
boss, uomini di partito, affaristi e persino genitori o parenti – intercettano
per i candidati inconsapevoli i consensi della rete criminale (è il caso, ad
esempio, del sindaco di Torino Piero Fassino o delle giovani Fortunata Moio e
Teresa Costantino).  
Accando a questi episodi emergono però anche
abboccamenti diretti e più compromettenti. Richieste di voto avanzate senza
fare troppe domande. In questi casi i politici coinvolti non possono negare di
aver chiesto quei voti, ma giurano di non aver minimamente sospettato della
qualità criminale dei loro interlocutori, in alcuni casi ancora da provare in
tribunale. Sono gli episodi in cui, come scrivono i magistrati della procura di
Milano “non sempre è l’appartenente alla mafia che si infiltra nella società
civile” ma “esponenti di istituzioni, della società civile o delle professioni ricercano
il rapporto con la mafia
A questi fatti si sommano poi alcuni
casi limite, una decina in tutto, in cui lo scambio, secondo gli inquirenti,
avviene nella piena ed esplicita consapevolezza dei ruoli.
È sconcertante vedere quanto in alto riescano a
salire gli uomini legati alla criminalità calabrese, nei loro rapporti, prima
che scatti un qualche campanello d’allarme. Come un sasso tirato
nello stagno, i rapporti tra mafia e politica disegnano centri concentrici che
si propagano da alcuni punti nevralgici verso l’esterno. Più rapidi a
diffondersi sono trovano interlocutori disponibili, più radi dove i servizi
mafiosi non hanno mercato. Dal punto di vista della collocazione politica il
partito di gran lunga più avvicinato è il Pdl
, con 40 episodi, coincidenti
ad oltre la metà dei casi totali, per il resto quasi equamente distribuiti tra
Pd, Udc, Idv, liste civiche e altri partiti. Mentre sono tutte di centro-destra
le amministrazioni dei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa.
I comuni commissariati per mafia sono tutti
medio-piccoli, ma il dato non deve trarre in inganno. I tentativi di contatto
riguardano infatti anche consiglieri e amministratori provinciali, regionali,
nazionali e persino un parlamentare europeo. Se negli ultimi 4 anni
i boss calabresi hanno contattato, sostenuto o fatto accordi con 10 sindaci, 6
assessori e 22 consiglieri comunali (guardando ai soli candidati eletti), i
rapporti che superano la soglia comunale rappresentano nel complesso circa il
40 per cento del totale, con 12 avvicinamenti di consiglieri o assessori
regionali e 6 di politici con cariche provinciali.
Nota metodologica e fonti
I dati riportati nella mappa e nei grafici sono
aggiornati al 31 dicembre 2013 e riguardano gli episodi contenuti nelle
principali inchieste antimafia realizzate dal 2009 al 2013. Il partito di
appartenenza e la carica dei politici sono relativi al momento del contatto con
l’organizzazione criminale. Molti di loro hanno successivamente assunto altre
cariche, o cambiato partito. Non sono stati classificati gli intermediari o gli
uomini di partito senza cariche rappresentative o amministrative al momento del
contatto. La mappa segnala esclusivamente i politici citati negli atti
giudiziari, molti dei quali non sono neppure indagati, e comunque tutti sono da
considerarsi non colpevoli fino all’ultimo grado di giudizio.
Ad ogni soggetto è attribuito un territorio in
relazione al contesto di elezione: comune, collegio o circoscrizione.
La situazione giuridica indicata per ognuno
riguarda esclusivamente le condotte che abbiano attinenza con  il tema
della ricerca. Nel caso del sostegno elettorale, per ogni soggetto è indicata
la carica conquistata anche grazie al sostegno mafioso e, in caso di mancata
elezione, la carica – se presente – posseduta prima della candidatura.
Viceversa compare la dicitura “non eletto”.



Il lavoro ha utilizzato le seguenti fonti: Relazione Commissione
antimafia XVI legislatura, gennaio 2013; G. Barbacetto e D. Milosa, Le
mani sulla città, Chiarelettere, 2011; E. Ciconte, Politici e
malandrini, Rubbettino, 2013; Marco Grasso e Matteo Indice, A
meglia parola, De Ferrari, 2013; Vittorio Mete, Fuori dal Comune,
Bonanno, 2009; M. Portanova, G. Rossi, F. Stefanoni, 
Mafia a Milano,
Melampo, 2011, Rocco Sciarrone, 
Mafie vecchie, mafie nuove,
Donzelli, 2009. Archivio web de Ilfattoquotidiano.it. La Repubblica, Il
Corriere, La Stampa e alcune testate locali. I dati demografici e i confini
territoriali attingono agli ultimi rilevamenti Istat (2011-2013).

MOLTO INTERESSANTI ANCHE QUESTI VIDEO: 

http://youtu.be/NICEe7wjIok
http://youtu.be/13IcLG5WYTc
http://youtu.be/wqkBNXMH7lA

domenica 23 febbraio 2014

NUOVO GOVERNO, STESSA (TRISTE E POVERA) STORIA

UN ARTICOLO ESSENZIALE, SCARNO, DI PAOLO BARNARD CHE FOTOGRAFA PERFETTAMENTE LA SITUAZIONE (PRECARIA) NAZIONALE.


L’EUROZONA HA GIA’ UCCISO IL GOVENO RENZI.

Tragica cosa per le persone di questo Paese, non per sto egocentrico servo della finanza europea. Renzi fallirà come un cretino qualsiasi. Perché neppure può provarci.
Non sto provocando, è che la sua è una missione impossibile. Se non fosse sto pupazzo pompato che è, se conoscesse l’Eurozona e la macroeconomia, non si sarebbe cacciato in questo pasticcio (e badate che sto dicendo che pure i suoi padroni speculatori ci smeneranno il muso, perché sto gioco di creare una moneta unica per distruggere mezza Europa e fare un gran banchetto si è già ritorto contro chi l’ha pensato. Gli speculatori ci hanno fatto un po’ di fortune per pochi anni, ma sta finendo).

NO SOVRANITA’ MONETARIA.
Per prima cosa Renzi si ritrova senza sovranità monetaria, quindi senza nessuna delle leve economiche fondamentali di cui deve godere un governo degno di questo nome, e di cui godono gli USA, la GB, la Svezia o il Giappone. Non ha una Banca Centrale che possa controllare inflazione, prezzo del denaro, tassi d’interesse, né monetizzare la spesa decisa dal Parlamento. Renzi non possiede una moneta, e deve usare gli euro, da restituire con tassi non decisi da lui ai mercati di capitali internazionali. Dovrà dunque tassarci a morte sempre, per fare quanto appena detto. Dovrà quindi mentire all’Italia fingendo col gioco delle tre carte di spostare fondi e investimenti essenziali (lavoro, infrastrutture, crescita…) da qui a lì, per poi rimangiarseli tutti con gli interessi. Dovrà rispettare il Pareggio di Bilancio, che peggiora ciò che ho appena scritto. Ovvero: Chemiotassazione garantita, impossibilità di investire per le aziende e tagli alla spesa. Qui abbiamo la garanzia della decapitazione di: speranze di posti di lavoro; salari; pensioni; modernizzazione del Paese; Sanità; risparmi privati; piano industriale; risanamento bancario; crescita del PIL; e domanda aggregata. Potrei finire qui, ce n’è già a sufficienza, ma purtroppo…

I DEFICIT NEGATIVI.
Renzi si ritroverà in una spirale di Deficit Negativi mortali, cioè di tutte quelle spese di Stato imposte dalla crisi dell’Eurozona ma che non risolvono nulla, non producono nulla e che aumentano il debito di Stato. Per prima cosa l’economia continuerà a contrarsi, come è già previsto per l’Italia dal FMI, Bloomberg, OCSE, Commissione UE, e quindi calerà sempre il gettito fiscale, che quindi va a ingrandire il debito. L’economia impantanata significa che il miliardo di ore di cassa integrazione rimarranno e aumenteranno, pompando di nuovo il debito. I fallimenti aziendali non caleranno, la curva dei prestiti bancari insolventi aumenterà, e le banche italiane che già sono in parte fallite, dovranno essere ri-salvate, a suon di denaro pubblico, e ancora il debito sale. Assieme ad esso salgono gli interessi da pagare, sempre spesa di Stato, ancora più debito. Ma stando in Eurozona, un debito che lievita è grave (con la Lira non lo sarebbe) perché porta all’allarme delle agenzie di rating, che porta all’allarme dei mercati di capitali che prestano a Renzi gli euro, che porta a tassi più alti sui titoli di Stato, che porta a più debito. Che farà Draghi a sto punto? Si metterà a comprarci i titoli di Stato per far scendere i nostri tassi? Farà cioè la famosaOutright Monetary Transaction? Se lo fa, la Germania lo ammazza. Non lo farà. Renzi rimane nel letame.

NO CRESCITA E DEFLAZIONE.
Renzi si ritrova con un’economia che si è contratta del 18% dalla fine degli anni ’90. Per riportarci a quel livello di vita, dovrebbe riuscire a far crescere l’Italia del 20%. No, calma, visto che oggi cresciamo dello 0,1% se va bene…. Il 20% fa ridere. Renzi non è Roosevelt e non ha la sua testa. Poi abbiamo il problema delladeflazione che sta aggredendo tutta l’Eurozona, con la BCE disperata perché non sa più che fare per fermare il crollo dei prezzi (deflazione = contrario di inflazione). E quel che è peggio, è che in un clima di crisi di queste proporzioni la gente corre a risparmiare disperatamente per il timore del domani (mica scemi), ma questo sottrae denaro in circolo, cosa che non solo affama tutta l’economia, ma peggiora la deflazione stessa. Vorrei che capiste che questo è uno dei mali economici peggiori e che c’è tutta la tecnocrazia europea che non sa più come fermarlo. Immaginatevi Renzi, il bulletto del PD.

CROLLO BANCHE.
Renzi, poi, fra otto mesi si ritroverà l’implosione del sistema creditizio europeo, quando i test dei regolamentatori dell’EBA inevitabilmente mostreranno che alcune delle maggiori banche sono irrecuperabili. Da qui il terremoto delle piccole medio banche, fra cui quelle italiane sono quelle messe peggio d’Europa sia come buchi di bilancio che come capitale di copertura. Prometeia stima che solo per i prestiti insolventi le banche italiane siano scoperte per 150 miliardi di euro. E chi le salva? E con che soldi? No, Renzi, la sovranità monetaria non ce l’hai, non le puoi nazionalizzare. Che fai? Chiami Benigni?

SVENDITA PUBBLICA INUTILE.
Ma Renzi almeno ha la carta delle privatizzazioni… Vendi il vendibile, incassa l’incassabile. Funziona? No. Non ha funzionato in nessun Paese del mondo, meno che meno da noi quando proprio il centro sinistra si mise negli anni ’90 a svendere pezzi di beni di Stato a un ritmo talmente forsennato che fece il record europeo delle privatizzazioni nel 1999. Sapete di quanto ridussero il debito di Stato italiano? Di un maestoso 8%... E che allora i prezzi contrattati per i beni pubblici da alienare erano, circa, decenti. Oggi, con l’Italia sprofondata dall’Eurozona in una svalutazione della sua economia da piangere, Roma deve svendere a prezzi stracciati qualsiasi cosa offra, con margini che saranno patetici. Renzi, farà la Thatcher dei poveri.

DISOCCUPAZIONE
E la disoccupazione? Sapete cosa costa all’Italia avere il 12% (fasullo, è molto di più) di disoccupati? Trecentosessanta miliardi all’anno perduti. E i giovani? Il 76% di loro è costretto alla flessibilità, con limiti invalicabili all’acquisto di una casa o al matrimonio. L’Eurozona fu pensata ed edificata proprio per ridurre il sud Europa a un serbatoio di lavoratori pagati alla kosovara ma in strutture moderne. Il futuro di questo ragazzi è ormai certo: stipendi dai 600 agli 800 euro per i più qualificati, al lavoro per investitori stranieri. Questo non è più un Economicidio, è un olocausto economico e generazionale, che Renzi dovrà gestire sotto l’egida della Germania che già oggi sta affossando il resto d’Europa coi suoi diktat criminosi. Tradotto in termini specifici: il potere Neomercantile della mega-industria tedesca, quello della Bundesbank, quello dei maggiori speculatori-rentiers del mondo, contro Renzino da Firenze. Matteo tu fai fesso qualcun altro. Perché è vero che ignori il 70% di tutto questo, ma sul restante 30% sei pienamente d’accordo, da bravo leader del partito di destra finanziaria peggiore d’Italia, il PD.

CONCLUSIONE.
Renzi non si rende conto di cosa lo aspetta, ma soprattutto del fatto che la catastrofe dell’economia italiana è un MACROPROBLEMA STRUTTURALE nell’Eurozona, e finché esisteranno i parametri economicidi dell’euro non esiste salvezza. Il governo Renzi è morto prima di nascere. Poi, sapete, uno si stufa di scrivere sempre le stesse cose.

mercoledì 19 febbraio 2014

LA TEORIA EVOLUZIONISTICA DI DARWIN SCONFITTA DEFINITIVAMENTE?

LA RECENTE SCOPERTA DEI CRANI DI DMANISI IN GEORGIA SMENTISCE LE PSEUDO CERTEZZE DELL'EVOLUZIONISMO

Scompaiono una serie di ''anelli di congiunzione'' confermando quindi che Darwin non regge alle prove della scienza

La ricerca non ha mai fine», diceva il filosofo della scienza Karl Popper e in effetti chi segue la teoria dell'evoluzione da quando è stata formulata per la prima volta da Charles Darwin nel 1859 lo può confermare a suon di prove. Generazioni intere hanno studiato sui libri di scuola che l'uomo deriva da un ipotetico primate di tipo scimmiesco che, a sua insaputa, per grazia ricevuta, ha avviato una serie di progressive trasformazioni dell'intera anatomia, che lo hanno condotto, per mutazione e per selezione naturale, ad un esito imprevisto: a diventare un essere intelligente e consapevole, capace di interrogarsi sul passato, sul presente e sul futuro. E tutto questo processo di "ominazione" - secondo questa concezione - è avvenuto lungo una linea diritta.

MA QUALE "CESPUGLIO"?
Negli ultimi anni questo percorso lineare di trasformazione, ritenuto senza causa e senza scopo, è stato ramificato a tal punto che è diventato un "cespuglio". Perché? Perché i reperti fossili via via rinvenuti, a pezzi, in siti diversi del Pianeta, in epoche geologiche altrettanto distinte, hanno costretto gli evoluzionisti a continue revisioni della teoria. Rami più o meno lunghi si aggiungono nei cespugli genealogici per andare ad abbracciare ogni reperto, allungando la lista dei cosiddetti ominidi, non avendo informazioni dirette sulla loro possibile interfecondità.
Infatti, nel regno animale e vegetale, individui diversi appartengono a una stessa specie se sono in grado di accoppiarsi e di generare prole a sua volta feconda. Oggi, per esempio, analizzando il DNA fossile, si è scoperto che l'Homo di Neanderthal e l'Homo sapiens, a lungo considerati solo parenti e appartenenti a specie diverse, dovevano invece essere interfe-condi e quindi vanno inclusi in un'unica specie umana.
La recente scoperta di alcuni teschi a Dmanisi, in Geòrgia, a pochi chilometri da Tbilisi, ha tagliato ora diverse fronde, riducendo il cespuglio di nuovo a un unico ramoscello che unisce l'Australopiteco di oltre due milioni di anni fa all'Homo sapiens di oggi. Perché?
La chiave di tutto è un cranio, battezzato "skull 5", portato alla luce già nel 2005 e che ora è stato abbinato con una mandibola scoperta ancora prima, che vi si incastra perfettamente. Questo esemplare di teschio così completo, comprensivo anche di dentatura, costituisce fino ad oggi il miglior teschio di Homo erectus adulto.

ERECTUS, HABILIS E RUDOLFENSIS IN UN UNICO CRANIO
L'eccezionalità e la novità dei teschi rinvenuti a Dmanisi, la cui scoperta ha meritato la copertina dell'autorevole rivista americana Science (ottobre 2013), è dovuta ad almeno tre fatti.
Il primo (che forse è anche il più importante) è che gli evoluzionisti affermano che l'Homo erectus, l'Homo habilis e l'Homo rudolfensis sono ominidi appartenenti a specie diverse, ma, per contro, in un cranio ritrovato a Dmanisi si trovano: lo spazio per un viso lungo come quello di un Homo erectus moderno (molto simile al nostro), lo spazio per un cervello piccolo (550 cm. cubici) come quello di un Homo habilis e una dentatura simile a quella di Homo rudolfensis; mai queste tre caratteristiche erano state rinvenute unite in un unico fossile.

UN'UNICA SPECIE UMANA
II secondo fatto eccezionale consiste nel ritrovamento di altri quattro crani completi di Homo nello stesso sito, molto diversi tra loro, ma appartenenti allo stesso periodo. Ora, se sono stati ritrovati nello stesso sito, è ragionevole pensare che appartengano a individui della stessa tribù, quindi della stessa specie.
Il prof. David Lordkipanidze, del Museo Nazionale della Geòrgia, insieme ai suoi collaboratori, ha fatto un'analisi comparata di alta qualità, con tecniche statistiche raffinate, dei tratti morfologici dei cinque crani e ha osservato che le loro differenze sono le stesse che si ritrovano tra gli esemplari noti delle diverse specie di Homo abbracciate dal "cespuglio" tante volte proposto dalla teoria evoluzionista: ergaster, habilis, erectus, rudolfensis. Allo stesso modo, il professore ha studiato le differenze tra i crani di scimpanzè e di scimmie bonobo, di oggi. Analogo il risultato: la variabilità presente nei cinque crani di Dmanisi è la stessa che si ritrova tra le scimmie.
La conclusione è quella che abbiamo poc'anzi già cominciato a menzionare: le presunte specie diverse del genere Homo, che avrebbero preceduto l'Homo sapiens (e che sono scolpite su pietra in ogni Museo e vergate in grassetto su ogni libro di scuola, disposte in sequenza graduata per evidenziare il presunto progresso in percentuale di umanità), sono in realtà varietà o razze di un'unica specie, quella umana. Razze, non specie. È come se gli evoluzionisti avessero messo in fila un odierno polinesiano (con il cranio molto piccolo), un odierno asiatico (con il cranio di medie dimensioni) e infine un odierno bavarese (con il cranio grande) e dicessero che sono tre specie diverse in cammino evolutivo. Falso! La collezione di varietà umane è come quella che esiste in tutte le specie; l'esempio più noto è dato dalle razze canine: dal bassotto al levriero, al pastore tedesco, al dobermann, sempre di cani si tratta.

UN PROBLEMA DI PRIMOGENITURA
II terzo fatto degno di rilievo è che l'età di questi crani della Geòrgia coincide con quella dei primi Uomini apparsi in Africa nordorientale, creando quindi un problema di primogenitura. I fossili africani sono sempre stati i più antichi come datazione e quindi si è sempre pensato, anche da parte degli evoluzionisti, che dall'attuale regione dell'Etiopia l'umanità si sia diffusa, a più ondate, verso l'Europa e verso l'Asia. Se però si rinvengono altrove reperti umani coevi se non più antichi ancora di quelli africani, la tesi non può più essere sostenuta.
Dmanisi ha riacceso il dibattito anche all'interno del mondo accademico; si tratta di una gran brutta storia per gli evoluzionisti, alcuni dei quali si stanno muovendo per ridimensionare la portata dell'articolo apparso su Science, invocando ulteriori analisi e considerazioni. Insomma, la teoria evoluzionista, e tutte le problematiche che la affliggono (per esempio: come conciliarla con la genetica, che non ammette mutazioni causali se non per generare tumori e malattie? E come si spiega l'origine del linguaggio simbolico? E come è nata la coscienza? Come è sorto il senso religioso? Perché l'Uomo cerca un senso?) varie volte segnalate sul "Timone" [...], con i ritrovamenti di Dmanisi perde ora un altro glorioso pezzo.
di Umberto Fasol

domenica 9 febbraio 2014

GALILEO GALILEI: IL GENIO DELLA RIVOLUZIONE SPERIMENTALE

GALILEO GALILEI, UNO TRA I PIÙ GRANDI SCIENZIATI ITALIANI DELLA STORIA, INTRODUCE IL CONCETTO MATEMATICO DI SPIEGAZIONE DEI FENOMENI NATURALI: LA FUNZIONE DELLA SCIENZA DIVENTA UNO STUDIO SULLE LEGGI CHE REGOLANO IL COSMO E NON, COME FECE ARISTOTELE, CHE SI BASÒ SULLO STUDIO DELLE CAUSE DEI FENOMENI PER LA DETERMINAZIONE DEI LORO EFFETTI. SI FONDA UN NUOVO RAPPORTO QUINDI, TRA SCIENZA E TECNICA, MATEMATICA E LEGGI MECCANICHE






Buon compleanno Galileo. Il 15 febbraio 1564 nasceva a Pisa il grande scienziato che ha rivoluzionato l'approccio scientifico donando alla ricerca il metodo legato alla sperimentazione.
Padre della scienza moderna, Galileo Galilei è il gigantesco pensatore grazie al quale si diffuse un nuovo modo di fare scienza, fondato su un metodo solido non più basato sull'osservazione diretta della natura, bensì sull'utilizzazione degli strumenti scientifici. 
Nato a Pisa il 15 febbraio 1564 da genitori appartenenti a quella che oggi chiameremmo media borghesia (il padre è il musicista Vincenzo Galilei, la madre Giulia degli Ammannati), Galileo compie i primi studi di letteratura e logica a Firenze dove si trasferisce con la famiglia nel 1574. Nel 1581 per volere del padre si iscrive alla facoltà di medicina dell'Università di Pisa, ma per questa disciplina non mostrerà un vero interesse. Lasciata dunque l'università pisana fa armi e bagagli e ritorna a Firenze. Qui sviluppa una passione per la meccanica cominciando a costruire macchine sempre più sofisticate, approfondendo la matematica e compiendo osservazioni di fisica con la guida di Ostilio Ricci. Col passare del tempo formula alcuni teoremi di geometria e meccanica. Dallo studio di Archimede nel 1586 scopre la "bilancetta" per determinare il peso specifico dei corpi (la celebre bilancia idrostatica). Nel 1589 ottiene la cattedra di matematica all'Università di Pisa che manterrà fino al 1592; nel 1591 il padre Vincenzo muore lasciandolo alla guida della famiglia; in questo periodo si interessa al movimento dei corpi in caduta e scrive il "De Motu".
Nel 1593 Galileo viene chiamato a Padova dove la locale Università gli offre una prestigiosa cattedra di matematica, geometria e astronomia. Galileo accetta con entusiasmo e che vi rimarrà fino al 1610. 
Intanto nel 1599 conosce Marina Gamba, che gli darà tre figli: Maria Celeste, Arcangela e Vincenzio. È in questo periodo che comincia ad orientarsi verso la teoria copernicana del moto planetario, avvalorata dalle osservazioni effettuate con un nuovo strumento costruito in Olanda: il telescopio. Galileo apporterà poi  significativi miglioramenti allo strumento. Nel 1609 pubblicava la sua "Nuova astronomia", che contiene le prime due leggi del moto planetario.
A Padova con il nuovo strumento Galileo compie una serie di osservazioni della luna nel dicembre 1609; è il 7 gennaio 1610 quando osserva delle "piccole stelle" luminose vicine a Giove.
Nel marzo 1610 rivela nel "Sidereus Nuncius" che si tratta di quattro satelliti di Giove che battezzerà "Astri Medicei" in onore di Cosimo II de' Medici, Gran Duca di Toscana.
Soltanto in seguito, su suggerimento di Keplero, i satelliti prenderanno i nomi con i quali sono conosciuti oggi: Europa, Io, Ganimede e Callisto. La scoperta di un centro del moto che non fosse la Terra comincia a minare alla base la teoria tolemaica del cosmo. Le teorie astronomiche di Galileo Galilei vengono ben presto ritenute incompatibili con le verità rivelate dalla Bibbia e dalla tradizione aristotelica.
Una prima conseguenza è un'ammonizione formale del cardinale Bellarmino. Galileo  dopotutto non fa altro che confermare la teoria copernicana, teoria già conosciuta da tempo. L'Inquisizione ecclesiastica non sente ragioni, bolla come eretico questo impianto cosmologico e proibisce formalmente a Galileo di appoggiare tali teorie. Come se non bastasse il testo "De Revolutionibus Orbium Coelestium" di Copernico viene messo all'indice.
Nell'aprile del 1630 Galileo, si intimidito ma non a sufficienza per interrompere la sua straordinaria esplorazione scientifica, termina di scrivere il "Dialogo sui due Massimi Sistemi del Mondo", nel quale le teorie copernicana e tolemaica vengono messe dialetticamente a confronto, per poi naturalmente dimostrare la superiorità delle nuove acquisizioni scientifiche.
Concorda anche con il Vaticano alcune modifiche per poter far stampare l'opera, ma decide poi di farla stampare a Firenze, nel 1632. Arrivata nelle mani di Papa Urbano VIII, costui ne proibisce la distribuzione e fa istituire dall'Inquisizione un processo contro Galileo.  Lo scienziato, ormai anziano e malato, viene chiamato a Roma e processato (1633). Imprigionato e minacciato di tortura, Galileo viene costretto ad abiurare pubblicamente (umiliato indossava un rozzo sacco) e condannato alla prigione a vita. Si dice che nell'occasione Galileo mormorasse fra i denti "Eppur si muove". La pena venne poi commutata a quelli che oggi chiameremmo "arresti domiciliari": gli viene concesso di scontare la pena nella sua villa di Arcetri, vicino a Firenze, carcere ed esilio fino alla morte.
Questo colossale scienziato e pensatore a cui si devono i mattoni fondamentali del progresso scientifico così come lo conosciamo oggi, morì a Firenze il giorno 8 gennaio 1642, circondato da pochi allievi e nella quasi totale cecità. A Galilei si deve la legge del pendolo (il tempo delle oscillazioni è costantemente uguale, qualunque sia la loro ampiezza): chi si reca nella Cattedrale di Pisa può ancora oggi ammirare, sospesa alla volta altissima del tempio, la lampada che con le sue oscillazioni ispirò al giovane Galilei proprio l'invenzione del pendolo come regolatore di un movimento meccanico. Galileo Galilei è sepolto a Firenze, in Santa Croce, nel mausoleo dei sommi italiani.  Trecentocinquanta anni dopo la sua morte (1992) la Chiesa ha riconosciuto formalmente la grandezza di Galileo Galilei, "riabilitandolo" e assolvendolo dall'accusa di eresia.

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