domenica 29 luglio 2012

VERONA: LA CITTA' DI GIULIETTA E ROMEO

COMINCIAMO OGGI UN "VIAGGIO" TRA LE PIU' ANTICHE E BELLE CITTA' ITALIANE:

TRA MILANO E VENEZIA INCONTRIAMO VERONA, BELLISSIMA E AFFASCINANTE...





LE ORIGINI DI VERONA

Pare che Verona sia abitata fin dalla preistoria perché sull'Adige, presso
Ponte Pietra, vi è sempre stato il miglior guado di tutto il corso del fiume, e che fin da allora gli insediamenti erano presenti sull'altura che lo domina, il colle San Pietro.

Tra le molte ipotesi che si sono fatte su quale popolazione si fosse insediata nella futura città scaligera, quella dei Reti è finora la più sostenuta ed il primo a formularla fu Plinio il Vecchio; quella dei Galli Cenomani invece fu sostenuta da Tito Livio, mentre quella etrusca potrebbe nascere dalla presenza in zona degli Arusnati, popolo di incerte origini che qualcuno ipotizza etrusco.

Per finire è probabile anche l'ipotesi paleo-veneta (o Euganea), mentre quella romana è totalmente infondata e nasce solo dal fatto che i monumenti e gli edifici più antichi della città, tutt’oggi visibili, sono di quel periodo.

Data la sua particolare posizione geografica, lo stanziamento di una popolazione non poteva precludere il passaggio ad altri pena la guerra, quindi è plausibile pensare che nel periodo preromano il guado fosse praticato da tutti, soggetti al massimo ad un dazio o a controlli militari.

Anche sul nome di Verona esistono più ipotesi: l'etrusca da Vera, probabile nome di persona, il nome di una famiglia romana, il termine latino "ver", ossia "primavera".
Una leggenda narra che il nome provenga da una maledizione del capo Gallico Brenno contro i nemici romani: "Vae Roma", cioè "Maledetta Roma".

L'ipotesi più accreditata invece è che il nome derivi dall'unione di tre parole antiche:
"Ve", parola etrusca usata per indicare le popolazioni venete, "Ro", dal greco "reo" cioè "scorro" che quindi starebbe ad indicare il fiume Adige che attraversa la città, e "Na", radice sillabica etrusca che indica un centro abitato.

Quindi "Ve-Ro-Na" tradotto starebbe per "La città veneta sul fiume".

Le relazioni fra Roma e Verona iniziano intorno al III secolo a.C., e fina da subito sono rapporti di amicizia e alleanza, tanto che nel I secolo a.C. gli abitanti di Verona combattono al fianco di Roma contro gli invasori Teutoni e Cimbri, da non confondere, come fecero gli storici rinascimentali, con gli “tzimber” del XII secolo che ripopolarono la Lessinia centro-orientale nell'alto medioevo.

La cittadinanza romana viene estesa alle colonie locali, e quindi anche a Verona, grazie alla Lex Pompeia nell'89 a.C.. Nel 41 o 42 a.C., in seguito alle campagne militari di Cesare che portano all'annessione della Gallia Cisalpina (l'attuale Pianura Padana) e poi di quella Transalpina (all'incirca la Francia odierna), Verona viene elevata al rango di "Municipium".

Durante il periodo repubblicano Verona non viene coinvolta in modo diretto nel sanguinoso periodo delle guerre civili (49-31 a.C) e questo senza dubbio aiuta lo sviluppo e l’economia, che si specializza principalmente nella coltivazione di vite ed olivo, nell'allevamento di cavalli ed ovini e nella produzione di lana.

Questo è l'inizio di secoli di grande splendore, in cui Verona città romana viene ricostruita nell'ansa dell'Adige: il suo importante guado è sostituito da due ponti,   
Ponte Pietra, ricostruito con le pietre originali dopo la seconda guerra mondiale, e Ponte Postumio.

Con l’impero di Augusto Verona diventa un importante nodo strategico perché si trova all'incrocio di quattro strade romane importanti: la Gallica da Torino ad Aquileia, la Claudia Augusta da Modena alla Germania, la Postumia dalla Liguria all'Illiria ed il Vicum Veronensium, appunto da Verona ad Ostiglia. Inoltre la città viene utilizzata come base temporanea per le legioni, in particolare dopo la conquista della Rezia e della Vindelicia nel 15 a.C..

Con l'inizio della dinastia Flavia il lungo periodo di pace si interrompe, soprattutto a causa della guerra tra Vitellio e Vespasiano: quest'ultimo sceglie Verona come fortezza, perché attorniata da grandi spazi aperti in cui è possibile utilizzare la cavalleria. Verona diventa un luogo strategico per Vespasiano poiché da lì può bloccare le discesa in Italia di Vitellio.

Fortunatamente per la città, l'ammutinamento di una legione di Vitellio sposta la guerra lontano da Verona. E’ proprio con Vespasiano però che la città raggiunge l'apice della ricchezza e dello splendore: l'ultima grande opera, nel I secolo, è l'Arena, costruita per dare alla città, che aveva ormai superato i 25.000 abitanti, un grande edificio in cui gli abitanti potessero riunirsi e divertirsi.

Essendo un importante “Municipium” romano, e trovandosi al centro dei passaggi verso le frontiere, per un periodo Verona è spesso teatro delle lotte civili romane.

L’imperatore Gallieno nel 265 allarga le mura della città fino ad includervi l'
Arena, fortificandola in soli sette mesi dall'aprile al dicembre dello stesso anno, come è attestato dalla scritta sull'architrave di Porta dei Borsari, e con lui si aprì un periodo di tranquillità per la città.

Nell’ultima fase di dominazione romana Verona si avvia ad una lenta conversione al cristianesimo, portata a compimento grazie a quello che oggi è il patrono ed allora era il vescovo della città: San Zeno.

Il passaggio dalla Verona romana a quella barbarica non è brusco, anche perché la città nel tempo è stata governata spesso da barbari alleati in sostituzione di Roma; altre volte da barbari invasori, e infine anche per conto dell'Impero Romano d'Oriente, cioè dai Bizantini.

Nel IV secolo i barbari sono oramai entrati nella vita civile e militare dell'Impero. Nel 403 Alarico I, re dei Visigoti, giunge in Pianura Padana e si barrica all’interno delle mura di Verona, ma poi è sconfitto da Stilicone, barbaro ma romanizzato.

Nel 452 d.C. Attila lascia una scia di distruzione che termina proprio a Verona: il re degli Unni viene infatti fermato a Salionze sul Mincio da Papa Leone I, che con le sue parole e la promessa di un tributo annuo lo convince a tornare in Pannonia.

Odoacre, capo degli Eruli e dei Turcilingi che facevano parte dell'esercito imperiale, mette fine all'Impero Romano d'Occidente nel 476 e governa lasciando un buon ricordo nei Veronesi: non cambia nulla del governo precedente, e da ariano non combatte i cattolici.

Inoltre per pacificare il suo esercito applica un’antica regola romana, e confiscando ai latifondisti un terzo delle terre le distribuisce ai suoi soldati, rilanciando così l'agricoltura e l'economia. Il suo governo porta a Verona pace e sicurezza, fino a quando non è sconfitto dagli Ostrogoti di Teodorico alla fine del 400 d. C..

Sotto Teodorico (493-526) Verona diventa nei fatti la capitale dei Goti: è il centro militare più importante e la sede preferita del re, che le restituisce il suo splendore e rialza le mura atterrate dalle precedenti incursioni barbariche.

Teodorico segue l’esempio di Odoacre, ma come ritorsione alla persecuzione da parte di Giustino verso gli Ariani a Bisanzio, perseguita i Romani divenuti sospetti uccidendo anche il fedele consigliere Simmaco e facendo arrestare Boezio, suo segretario che poi in prigione scrive il famoso “De Consolatione Philosophiae”.

Alla morte di Teodorico i Bizantini, con un esercito di soli 10.000 uomini, occupano l'Italia fino a Brescia ma Alboino, re dei Longobardi, interrompe presto il breve dominio greco su Verona.

Nel 774 d.C., sempre a Verona, Carlomagno sconfigge l'ultimo re dei Longobardi, Adelchi, e questo mette la parola fine al periodo di dominazione Longobardo.

Di questo fatto storico ne ha scritto anche il Manzoni nella tragedia omonima, spostando tuttavia l'accento sul dramma personale di Ermengarda, figlia di Desiderio ripudiata e abbandonata da Carlomagno.

Pipino, figlio di Carlomagno, dà nuovo e grande impulso allo sviluppo della città. Tra le altre cose è lui a far costruire la
Basilica di San Zeno sui resti di una primitiva chiesa paleocristiana sorta presso la tomba del santo.
Alla caduta dei Carolingi inizia sulla città il dominio straniero: Verona entra a far parte della Marca di Baviera e successivamente della Marca di Carinzia.

Intorno al 950 d.C. viene creata la Marca Veronese sotto il dominio della famiglia Sambonifacio. Con l'unione delle corone di Germania e d'Italia (961 d.C.) Verona diventa l'unica città italiana dove soggiornano i re tedeschi, presso l'abbazia di San Zeno. Qui si svolgono numerose diete e vengono stipulati numerosi accordi con altri governanti italiani.
Alla morte dell’imperatore Enrico V il conte di Verona Sambonifacio diventa marchese e duca della città. Nel 1136 d.C. Verona diventa Comune a tutti gli effetti con la nomina dei primi consoli. Nella fase di transizione dal feudalesimo al comune si crea una oligarchia di una decina di famiglie che sanciscono il loro potere durante la fase comunale.
Dapprima si instaura un governo collegiale di consoli (prima 3 e poi 6), sostituiti in un secondo momento da un rettore e alla fine da un podestà.

Il 4 marzo 1152 sale al trono del Sacro Romano Impero Federico I detto “Barbarossa”, che due anni dopo scende in Italia per muovere contro Milano. Attaccando alcuni comuni lombardi, Barbarossa guadagna l'ostilità dei veronesi, dapprima latente ma in seguito, nel 1164 d.C. la città si ribella apertamente e costituisce con Vicenza, Padova e Treviso la Lega Veronese, seguita poi dalla Lega Lombarda, che nel 1167 si uniscono formando la cosiddetta Concordia.

La presenza costante delle truppe delle Leghe costringe quindi Barbarossa a non attraversare i territori presidiati, ma nel settembre del 1174 tenta un nuovo attacco. Un esercito di 12.000 soldati, tra cui si trovano anche trecento cavalieri veronesi, vince la battaglia di Legnano (1176) mentre la fanteria veronese e bresciana si trova a difesa di Milano. Sconfitto, Federico Barbarossa è costretto a riconoscere le autonomie comunali con la pace di Costanza sancita nel 1183.

In questa occasione nasce il Carroccio, un carro addobbato con i simboli della città che viene portato in processione per Verona in occasione delle grandi festività e custodito nella
basilica di San Zeno fino al 1583.

Fra il 1181 e il 1185 Verona è sede del Papato, sede di Sinodo nel 1184 e sede del Conclave che nomina Papa Urbano III alla morte di Papa Lucio III, seppellito a Verona. Urbano III tenta di scomunicare Barbarossa, ma è costretto dai veronesi, che temevano ritorsioni, a rifugiarsi a Ferrara spostando lì anche la sede del Papato.

Nel 1200 comincia a Verona la storia della famiglia degli Ezzelini, prima con Ezzelino II come podestà e successivamente con il figlio Ezzelino III da Romano detto il "Terribile". Nel 1205 scoppia anche una guerra civile fra le famiglie dominanti per il controllo della città, e solo con interventi esterni si riesce a ritrovare la pace ed un nuovo periodo di prosperità.
Purtroppo nel 1230 le lotte riprendono con rinnovato vigore: nel 1232 Ezzelino da Romano fa catturare il podestà, lo sostituisce con un altro cui impone fedeltà all'imperatore ed infine introduce in città un presidio tedesco. Con l'aiuto dell'imperatore Federico II, Ezzelino riesce a conquistare Vicenza, Padova e Trento.

Alla sua morte, avvenuta nel 1259, diventa podestà Mastino della Scala che riporta fiducia e pace a Verona concentrando su di sé tutte le cariche del comune.
Il XVI secolo a Verona vede rifiorire l’economia e si imprime nuovo vigore nella costruzione di chiese e di palazzi importanti, di cui uno degli artefici più importanti è l'architetto Michele Sammicheli.
All'inizio del secolo Venezia comincia anche a pensare alla creazione di uno stato italiano, e per questo il pontefice, insieme ai sovrani italiani ed europei si uniscono nella Lega di Cambrai con lo scopo di togliere a Venezia il dominio della terraferma. Nel 1508 i veneziani fortificano le città (creando anche il primo sistema difensivo di Verona, poi ripreso e potenziato dagli austriaci nell'Ottocento), ma nel frattempo cominciano a subire le prime sconfitte, e si ritirano verso Verona.

La città però non apre le porte: se avesse dato ospizio all'esercito veneto, sarebbe stata assediata dall'esercito nemico. L'esercito veneto deve quindi passare l'Adige su un ponte di barche: i rappresentanti della repubblica veneta capiscono la situazione, e il 31 marzo 1509 sciolgono il giuramento di fedeltà che lega Verona, in modo da salvare la città, e richiamano l'esercito a difesa di Venezia.

Verona ora è destinata all'imperatore Massimiliano I, che vuole farne la capitale di un futuro regno d'Italia. Dopo essere passata nelle mani di francesi e spagnoli però, la città torna alla Serenissima e ricomincia un rinnovato periodo di pace, interrotto questa volta non da una guerra ma da una devastante epidemia di peste che colpisce nel 1630.

Per Verona il passaggio della peste è un vero disastro: basti pensare che nel 1626 erano stati censiti 53.333 abitanti, che si riducono a 20.738 alla fine del contagio.

All'inizio del Settecento tornano le guerre: nel 1701 la guerra di successione spagnola mette uno contro l'altra Francia e Austria, mentre la repubblica veneta rimane neutrale, anche se rafforza il presidio a Verona. I francesi tentano di fermare la discesa nemica attraverso il Brennero, andando quindi ad occupare il monte Baldo per poter fermare gli austriaci nella val d'Adige dall'alto, violando così la neutralità veneta.

Quando il principe Eugenio di Savoia viene informato dei fatti, risale con 25.000 soldati austriaci le pendici dei monti Lessini e si dirige verso Legnago dove sconfigge i francesi, costringendoli a ritirarsi oltre il Mincio.

Nel maggio del 1796 le idee rivoluzionarie di Napoleone arrivano a sconvolgere la tranquillità dei veronesi: gli austriaci in guerra contro di lui infatti occuoano
Peschiera violando la neutralità veneta, e il generale francese approfitta della situazione per muovere verso Verona e occuparla poi il 1° giugno 1796.
Il 1° giugno 1796 Verona guarda ammutolita i francesi entrare in città. Napoleone prende alloggio a Palazzo Forti, mentre gli altri generali si sistemano nelle case dei nobili che sono fuggiti prima del loro arrivo.
Dopo varie battaglie in cui gli austriaci tentano di riprendere Verona, il 9 luglio 1797 viene proclamata la repubblica cisalpina e il 17 ottobre è firmato il trattato di Campoformio, con il quale la repubblica veneta viene divisa tra Austria e Francia: Verona inizialmente è ceduta agli austriaci il 21 gennaio 1798, ma dopo altre battaglie il 9 febbraio 1801 Verona viene divisa tra Austria e Francia con il Trattato di Lunéville: la linea di confine è l'Adige. Verona entra a far parte del regno d'Italia il 31 marzo 1805, con Napoleone come re.

Ad ottobre però ha inizio una battaglia tra la parte austriaca e quella francese di Verona, che si conclude con la resa degli austriaci il 29 ottobre. I francesi lasceranno Verona solo il 4 febbraio 1814, dopo 17 anni di dominio a fasi alterne: lo stesso giorno gli austriaci entrano in città da
porta Vescovo con 1.800 soldati.

Gli austriaci si presentano a Verona come liberatori. Nel 1815 al congresso di Vienna si decide la creazione del regno Lombardo-Veneto.

Nel 1833 gli ingegneri militari austriaci a cominciano la costruzione di un sistema difensivo composto oltre che dalle mura, anche da forti, castelli, caserme e vari edifici, rendendo Verona una città-piazzaforte.

L’Austria imponeva a Verona un controllo militare e poliziesco che nel tempo accresce l'odio della popolazione verso i soldati stranieri, odio che aumenta in particolare dopo il 1840: in città si manifestano le prime risse tra popolani e soldati, che sfociano presto in gravi scontri e manifestazioni patriottiche.

Il 1848 è l'anno delle rivoluzioni in tutta Europa: a Milano viene scacciato il viceré Ranieri d'Asburgo durante le Cinque giornate, mentre a Venezia il governatore austriaco è costretto a darsi alla fuga.

Anche i veronesi in questi momenti sono particolarmente in agitazione: di lì a poco infatti la popolazione scende in piazza a reclamare la Costituzione, la libertà e l'Italia.

In quegli anni di forti cambiamenti nascono numerosi comitati patriottici in molte città del regno Lombardo-Veneto, facenti capo a quello di Mantova. Le autorità però scoprono le cospirazioni e come conseguenza ha luogo tra il 8 dicembre 1852 ed il 19 marzo 1853 il purtroppo celebre martirio di Belfiore, durante il quale anche il maggiore esponente del comitato veronese, Carlo Montanari, viene catturato e imprigionato nel castello di Mantova, e successivamente giustiziato l'8 marzo.

Nel 1860 Verona partecipa alla spedizione dei mille con 23 volontari. Siamo nella terza guerra d'indipendenza, che ha la più grande battaglia a Custoza, con una grave sconfitta italiana: grazie alla schiacciante vittoria prussiana che ha fortemente indebolito l'Austria però, Verona ed il Veneto riescono finalmente ad essere uniti al regno d'Italia.
La notizia della pace tra l'Italia e l'Austria viene pubblicata a Verona il 6 ottobre, e subito la città si riempe di tricolori, e nelle vetrine dei negozi vengono esposti i ritratti del re e di Garibaldi. Gli italiani entrano ufficialmente in città il 16 ottobre 1866, con i bersaglieri a porta Vescovo che sfilano tra due ali di folla, e con le campane a festa.

La fine del primo secolo italiano vede Verona gravemente colpita dalla grande alluvione del 1882, che provoca il crollo di diversi palazzi, mentre i mulini sull'Adige vengono disancorati, andando a sbattere contro alcuni ponti, due dei quali andati completamente distrutti. Nel 1886 viene inaugurato in
Piazza delle Erbe il leone di San Marco, ricostruito dopo che era stato abbattuto dai francesi nel 1797. Alla sua inaugurazione è presente una folla entusiasta, che vede nel leone un simbolo patriottico.

Questo secolo chiude il sipario su Verona lasciando da una parte una grave crisi economica che porta al fenomeno della prima grande migrazione della popolazione, dall’altra una timida ventata di ottimismo grazie alla lenta crescita delle nuove industrie.

Il XX secolo è storia recente, e come si sa bene comincia con la Prima Guerra Mondiale, che vede Verona combattere tra le retrovie. Il modo di combattere però è cambiato molto, e per la prima volta anche i civili possono essere colpiti: la città infatti è bersaglio di due attacchi aerei che portano morti e feriti perfino nella centralissima Piazza delle Erbe.

Nell'ottobre 1917, dopo la disfatta di Caporetto, la situazione precipita e Verona diventa ufficialmente città inclusa nel territorio delle operazioni di guerra. dunque entrava in vigore la legge marziale e venivano sospesi i treni civili. Fortunatamente un anno più tardi si comincia a parlare in città di una vittoriosa offensiva italiana ed il 3 novembre 1918 i veronesi si riversano per le strade a festeggiare la vittoria: la città si riempie nuovamente di tricolori.

La Seconda Guerra Mondiale invece non coinvolge Verona fino al 1943. La notte del 24 aprile infatti Mussolini, sfiduciato dai gerarchi fascisti, viene arrestato. A Verona prendono il potere i militari, e diventa quindi sindaco della città Eugenio Gallizioli, mentre presidente della provincia è il senatore veronese Luigi Messedaglia.

A settembre però il governo si arrende e i tedeschi cominciano ad occupare i punti strategici e le città del nord Italia. Con la liberazione da parte dei tedeschi di Mussolini Verona diventa una delle capitali della Repubblica Sociale Italiana, con l'insediamento di importanti comandi militari e di alcuni ministeri. In questi anni Verona è una delle città più bombardate, a causa della sua posizione strategica e per la presenza di molti ministeri della Repubblica Sociale Italiana.

Verona oggi è tra le città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione, insignita della Medaglia d'Oro al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale:

“Città di millenarie tradizioni risorgimentali, pur vessata da eserciti nemici e lacerata da operazione militari, nel corso di cruenti combattimenti e nei periodi di servitù, in 20 mesi di lotta partigiana. Verona testimoniò, con il sangue dei suoi figli migliori, nelle prigioni e sui patiboli, il suo indomito spirito di libertà, eroicamente sostenuta da persone di ogni categoria sociali ed associandosi idealmente a quei concittadini che, militari all'8 settembre 1943, si erano uniti ai resistenti locali in Francia, in Grecia, in Albania e in Jugoslavia. (…) Il 17 luglio del 1944 un gruppo di partigiani penetrò nel carcere degli "Scalzi" con l'obiettivo di liberare dirigenti del movimento antifascista nazionale. Tale contributo di sangue, i bombardamenti, le persecuzioni, le distruzioni di interi paesi, sia nella pianura che nelle valli prealpine, non scalfirono ma rafforzarono la lotta delle popolazione di Verona, degna protagonista del secondo Risorgimento Italiano”.

Con la fine della guerra nascono anche le premesse per la ricostruzione: il primo intervento è la demolizione delle protezioni antiaeree che erano state installate nell'
Arena, utilizzata dai cittadini per proteggersi durante i bombardamenti. A tempo di record, nell'agosto 1946, viene riaperto ponte Catena, mentre gli antichi Ponte di Castelvecchio e Ponte Pietra sono ricostruiti con i materiali originali raccolti dall'alveo dell'Adige. Il processo di edificazione utilizzato è quello originale, per cui i lavori sono molto lunghi: il primo è terminato nel 1951, il secondo nel 1959.

Solo dopo il 1955 si cominciano a costruire nuovi edifici, anche se l'espansione demografica è ancora piuttosto limitata. È negli anni sessanta che anche a Verona avviene il boom economico (e demografico), con il grande spostamento di masse di lavoratori dall'agricoltura all'industria, ma anche la nascita del turismo di massa e della coltura specializzata.

Un importante evento di cronaca da ricordare è il sequestro del Generale James Lee Dozier, comandante delle Forze Terrestri NATO in Sud Europa rapito dalle Brigate Rosse il 17 dicembre 1981. Le forze dell'ordine sono intervenute massicciamente, tanto che la città sembra essere in stato d'assedio. Solo dopo 42 giorni, il 28 gennaio, il Generale viene liberato a Padova grazie ad un'incursione dei Nocs di Verona.

Nel dopoguerra la città mantiene sostanzialmente le sue originarie caratteristiche, che sono cominciate a scemare solo alla fine degli anni novanta con presidi e comandi Nato e Ftase.

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