lunedì 11 marzo 2013

I MIGLIORI VINI AL MONDO SONO ITALIANI !!!



IL VINO È “DA SEMPRE” PARTE FONDAMENTALE DELLA GASTRONOMIA, NON SOLO QUELLA ITALIANA, MA EUROPEA E NON SOLO. È CULTURA, COME LA CUCINA ITALIANA; IMPOSSIBILE SCINDERE LE DUE COSE.
I VINI ITALIANI SONO I MIGLIORI E I PIÙ RINOMATI, CON BUONA PACE DEI CUGINI FRANCESI (È SUFFICIENTE VEDERE OGNI ANNO LA LISTA DI QUELLI PREMIATI).
VINI COME IL BRUNELLO DI MONTALCINO, IL SASSICAIA, IL BAROLO, L’AMARONE  E... (POTREI CONTINUARE ANCORA PER MOLTO!!), SONO POESIA PER IL PALATO.
L’ITALIA, MOLTO CRITICATA (ANCHE DAL SOTTOSCRITTO), HA PERÒ IN QUESTO SETTORE, VERAMENTE UNA MARCIA IN PIÙ: RIPETO, È LA MIGLIORE PRODUTTRICE DI VINI AL MONDO!! PARLIAMO OVVIAMENTE DI VINI SECCHI (NON DOLCI!!! PER CUI C’È UNA SPECIALE CLASSIFICAZIONE A PARTE), ROSSI, BIANCHI E ROSÉ, FERMI O VIVACI.
TUTTI GLI ANNI SI SVOLGE UNA MANIFESTAZIONE, VINITALY CHE PRESENTA I VINI E LE CANTINE MIGLIORI: UN APPUNTAMENTO IMMANCABILE PER GLI AMANTI DEL SETTORE E NON SOLO.








VEDIAMO ADESSO UNA

BREVE STORIA DEL VINO

La storia del vino è un po' la storia stessa dell'umanità. Risulta quindi difficile tracciarne con precisione il corso: ogni civiltà, ogni impero, ogni vicenda politica e di potere ha avuto le proprie storie di vino, più o meno legate agli eventi stessi che hanno delineato il corso della storia.
Non pretendiamo con queste poche righe di aggiungere qualcosa a quanto già scritto o detto da illustri esperti di tutto il mondo. È nostro intento soltanto presentare in modo semplice e sintetico le tappe fondamentali dello sviluppo di questa straordinaria bevanda, nella certezza che la conoscenza, seppure superficiale, di questo cammino ci permetta di apprezzare e capire meglio il vino di oggi.

Nei tempi antichi 
La storia del vino muove i primi passi in oriente, nella culla della civiltà. Le tecniche enologiche erano ben conosiute già in epoca prediluviana.  Gli Egiziani  furono maestri e depositari di tali tecniche. Con la cura e la precisione che li distingueva, tenevano registrazioni accurate di tutte le fasi del processo produttivo, dal lavoro in vigna alla conservazione. Ne abbiamo testimonianza dai numerosi geroglifici che rappresentano con qrande ricchezza di particolari come si produceva il vino dei faraoni. Paradossalmente possiamo dire di sapere tutto e niente del loro vino, ovvero sappiamo come lo facevano ma non possiamo purtroppo sapere che sapore avesse!
Attraversi i Greci e i Fenici il vino entrò in Europa. I poemi omerici testimoniano ampiamente la presenza e l'importanza del vino: a Polifemo, ad esempio, viene propinato puro, un vino che secondo le usanze dell'epoca veniva diluito con 16 parti di acqua! A quel tempo il vino si diffuse proprio in terre come l'Italia, la Francia e la Spagna che ne sarebbero diventate la patria.
All'epoca dell'Impero Romano la viticoltura si diffuse enormemente, raggiungendo l'Europa settentrionale. I più celebri scrittori non lesinavano inchiostro per elargire i propri giudizi e decantare le virtù dei vini a loro più graditi. Si scrisse tanto sul vino che oggi non è difficile ricostruire una mappa vinicola della penisola al tempo dei Cesari. Le tecniche vitivinicole conobbero in quei secoli notevole sviluppo: a differenza dei Greci, che conservavano il vino in anfore di terracotta, i Romani cominciarono a usare barili in legno e bottiglie di vetro, introducendo, o quantomeno enfatizzando, il concetto di "annata" e "invecchiamento". Fu a partire dal secondo secolo che si cominciò a dare importanza alla coltivazione della vite in Borgogna, nella Loira e nella Champagne.

Nel Medioevo 
Nei secoli bui del Medioevo il potere assoluto della Chiesa influì fortemente sullo sviluppo della vitivinicoltura, così come sullo sviluppo di ogni altro campo della vita sociale e artistica. Il vino, ma soprattutto il buon vino, era ancor più sinonimo di ricchezza e prestigio e l'eccellere nella produzione di qualità divenne per alcuni ordini ecclesiastici quasi una ragione di vita. I Benedettini, diffusi in tutta Europa, erano famosi per il loro vino e per il consumo non proprio moderato che ne facevano.
Quando San Bernardo, monaco benedettino, fondò nel 1112 l'ordine dei Cistercensi, fu dato ulteriore impulso al tentativo di produrre vini di alta qualità specialmente in Borgogna, obiettivo alimentato anche dalla forte competizione tra le abazie.
Intanto Bordeaux fa storia a sé, dominata non dal potere ecclesiastico ma da interessi commerciali con l'Inghilterra, sempre più interessata al suo claret o chiaretto. Questo legame vinicolo tra Francia e Inghilterra, nonostante qualche peripezia, è destinato a durare nei secoli. Si comincia a delineare fortemente in questi secoli il ruolo centrale della Francia nella produzione di grandi vini, ruolo che soltanto negli ultimi decenni è stato rimpiazzato dall'Italia.

Gli ultimi secoli
Gli ultimi secoli della nostra era sono stati testimoni di uno sviluppo straordinario delle tecniche vitivinicole. L'arrivo della cioccolata dall'America, del tè dalla Cina, del caffè dall'Arabia e la diffusione di birra e distillati nel XVII secolo, rese la vita difficile al vino, che perse il primato di unica bevanda sicura e conservabile. Questo ha spinto i produttori a cercare la migliore qualità per competere con i nuovi arrivati. L'evoluzione tecnologica nella lavorazione del vetro rese più facile la relizzazione di bottiglie adatte e la scoperta del sughero rese possibile condizioni di conservazione ideali.
Nella Champagne si cominciò a parlare di un monaco benedettino, Dom Perignon, famoso per il suo perfezionismo quasi maniacale e per il suo straordinario vino. Molti non sanno che l'obiettivo di Dom Perignon era quello di ottenere un vino perfettamente fermo, ma i suoi sforzi erano frustrati da un clima e da un terreno che facevano inesorabilmente rifermentare il vino nelle bottiglie rendendolo spumeggiante.
Nel XVIII secolo si consolidò la tendenza a produrre vini più intensi, scuri e fermentati a lungo. Cominciò ad affermarsi in questo contesto il porto come straordinario vino da lungo invecchiamento.
Intanto i grandi Chateau di Bordeaux continuavano a produrre vini di pregio per i loro migliori clienti, gli inglesi, che non hanno mai potuto contare su una produzione locale di quantità (e tantomeno di qualità).
Il XIX secolo ha vissuto la massima euforia vitivinicola. L'economia nazionale di molti paesi si basava sulla produzione di vino. Ma prima della fine del secolo, doveva abbattersi il grande flagello della filossera, un parassita che colpisce le radici della vite europea. Quasi tutti i vigneti d'Europa andarono distrutti o furono gravemente danneggiati. Questo anche a causa delle due guerre mondiali.
 La soluzione, non certo indolore, fu quella di ripartire da zero innestando la vite europea sulla radice americana immune alla filossera.
Da allora il vino italiano diede i primi segni di ripresa soltanto intorno al 1970. Negli ultimi quarant’anni i vini e la viticoltura italiani hanno subito mutamenti più radicali che nei tre secoli precedenti. Sono scomparse le coltivazioni promiscue (multivitigni) che vedevano le viti coltivate insieme a ulivi e alberi da frutto e anche in cantina sono cambiate molte cose, particolarmente importante è stata l’introduzione del controllo della temperatura durante la fermentazione che ha aperto nuovi orizzonti qualitativi ai vini italiani. La modernizzazione della viticoltura e della vinificazione ha portato a un miglioramento qualitativo inaspettato partito dalla Toscana alla fine degli anni ’60 e diffusosi dapprima in Friuli Toscana e in Piemonte per poi finalmente toccare  tutte le altre regioni della penisola.
Attualmente l’Italia è il maggior produttore mondiale di vino, con una produzione media annua di 60 milioni di ettolitri. Per contro il consumo interno è in diminuzione. Quantitativamente parlando, la maggior parte del vino italiano proviene da Toscana, Piemonte, Puglia, Sicilia, Sardegna, Emilia Romagna e Veneto, regioni in cui si hanno produzioni intensive. Si tratta di comuni vini da tavola il cui destino è l’acquisto da parte delle grandi aziende europee come vini da taglio oppure l’eliminazione dal commercio come eccedenze e quindi la distillazione secondo le direttive comunitarie. Accanto a questa situazione però è d’obbligo far notare che negli ultimi anni e da parte di alcune case vitivinicole, si ha una controtendenza che vede ampliare le superfici dei territori destinati alla coltivazione dei vitigni pregiati e di conseguenza l’aumento della produzione di vini a denominazione di origine a scapito della dilagante produzione di vini da tavola. Dal 1980 i vini DOC sono cresciuti del 19% ed è aumentata di pari passo la quantità di vino venduto in bottiglia a scapito di quello venduto direttamente in botte o in damigiane.
Per capire meglio il mondo dell’enologia italiana, mi sembra d’obbligo fare un rapido accenno alla situazione legislativa attuale a proposito delle garanzie fornite al consumatore per quanto riguarda la provenienza e la qualità dei vini e cosa queste norme comportano nei confronti invece degli imprenditori vitivinicoli. La legge che attualmente disciplina la classificazione dei vini italiani è la Legge n° 164 del 10 febbraio 1992 che ha introdotto novità sostanziali rispetto ai vecchi ordinamenti in materia. L’impianto della legge tende alla “qualità totale” attraverso il meccanismo della classificazione piramidale che contempla alla base i “vini da tavola” per passare poi ai “vini ad indicazione geografica tipica” abbreviati con I.G.T., per arrivare infine ai V.Q.P.R.D. che si dividono in “vini a denominazione di origine controllata” o vini D.O.C., e “vini a denominazione di origine controllata e garantita” o vini D.O.C.G. Questa legge garantisce la qualità del prodotto e tutela l’interesse del consumatore attraverso vari punti che sono la valorizzazione del nome geografico, le discipline produttive più rigide e crescenti con l’elevarsi del livello del vino in seno alla piramide, l’obbligatorietà dei controlli chimico-organolettici per i V.Q.P.R.D. e per i vini che vengono esportati. Nel complesso la legge è molto rigida e le sanzioni sono state rese più severe. È anche per questo che alcuni produttori non volendo o non potendo adeguarsi alla normativa declassano i loro vini D.O.C. a vini I.G.T. ma quasi sempre vini di grande qualità, a volte migliori di blasonati D.O.C. o D.O.C.G. Hanno questa denominazione solo perché vengono prodotti al di fuori delle zone di origine.
La rivoluzione industriale ha cambiato, negli ultimi decenni, il mondo del vino anche all’estero. Grazie alle tecniche di refrigerazione dei vasi vinari, paesi caldi come la California e l'Australia hanno cominciato a produrre vini eccellenti, grazie anche a uve di eccezionale qualità. Il Nuovo Mondo ha avuto la capacità, grazie alla mancanza di convenzioni e condizionamenti, di imparare in fretta e raggiungere risultati straordinari in pochissimo tempo. Per questo motivo troviamo dei vini eccellenti anche in Argentina e Cile, anche se ancora lontani dalla qualità dei vini italiani.
Salute a tutti.




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