IL VINO È “DA
SEMPRE” PARTE FONDAMENTALE DELLA GASTRONOMIA, NON SOLO QUELLA ITALIANA, MA
EUROPEA E NON SOLO. È CULTURA, COME LA CUCINA ITALIANA; IMPOSSIBILE SCINDERE LE
DUE COSE.
I VINI ITALIANI
SONO I MIGLIORI E I PIÙ RINOMATI, CON BUONA PACE DEI CUGINI FRANCESI (È
SUFFICIENTE VEDERE OGNI ANNO LA LISTA DI QUELLI PREMIATI).
VINI COME IL
BRUNELLO DI MONTALCINO, IL SASSICAIA, IL BAROLO, L’AMARONE E... (POTREI CONTINUARE ANCORA PER MOLTO!!),
SONO POESIA PER IL PALATO.
L’ITALIA, MOLTO
CRITICATA (ANCHE DAL SOTTOSCRITTO), HA PERÒ IN QUESTO SETTORE, VERAMENTE UNA
MARCIA IN PIÙ: RIPETO, È LA MIGLIORE PRODUTTRICE DI VINI AL MONDO!! PARLIAMO
OVVIAMENTE DI VINI SECCHI (NON DOLCI!!! PER CUI C’È UNA SPECIALE
CLASSIFICAZIONE A PARTE), ROSSI, BIANCHI E ROSÉ, FERMI O VIVACI.
TUTTI GLI ANNI SI
SVOLGE UNA MANIFESTAZIONE, VINITALY CHE PRESENTA I VINI E LE CANTINE MIGLIORI:
UN APPUNTAMENTO IMMANCABILE PER GLI AMANTI DEL SETTORE E NON SOLO.
VEDIAMO ADESSO UNA
BREVE STORIA DEL
VINO
La storia del vino
è un po' la storia stessa dell'umanità. Risulta quindi difficile tracciarne con
precisione il corso: ogni civiltà, ogni impero, ogni vicenda politica e di
potere ha avuto le proprie storie di vino, più o meno legate agli eventi stessi
che hanno delineato il corso della storia.
Non pretendiamo con
queste poche righe di aggiungere qualcosa a quanto già scritto o detto da
illustri esperti di tutto il mondo. È nostro intento soltanto presentare in
modo semplice e sintetico le tappe fondamentali dello sviluppo di questa
straordinaria bevanda, nella certezza che la conoscenza, seppure superficiale,
di questo cammino ci permetta di apprezzare e capire meglio il vino di oggi.
Nei tempi antichi
La storia del vino
muove i primi passi in oriente, nella culla della civiltà. Le tecniche
enologiche erano ben conosiute già in epoca prediluviana. Gli Egiziani
furono maestri e depositari di tali tecniche. Con la cura e la precisione
che li distingueva, tenevano registrazioni accurate di tutte le fasi del
processo produttivo, dal lavoro in vigna alla conservazione. Ne abbiamo
testimonianza dai numerosi geroglifici che rappresentano con qrande ricchezza
di particolari come si produceva il vino dei faraoni. Paradossalmente possiamo
dire di sapere tutto e niente del loro vino, ovvero sappiamo come lo facevano
ma non possiamo purtroppo sapere che sapore avesse!
Attraversi i Greci
e i Fenici il vino entrò in Europa. I poemi omerici testimoniano ampiamente la
presenza e l'importanza del vino: a Polifemo, ad esempio, viene propinato puro,
un vino che secondo le usanze dell'epoca veniva diluito con 16 parti di acqua!
A quel tempo il vino si diffuse proprio in terre come l'Italia, la Francia e la
Spagna che ne sarebbero diventate la patria.
All'epoca
dell'Impero Romano la viticoltura si diffuse enormemente, raggiungendo l'Europa
settentrionale. I più celebri scrittori non lesinavano inchiostro per elargire
i propri giudizi e decantare le virtù dei vini a loro più graditi. Si scrisse
tanto sul vino che oggi non è difficile ricostruire una mappa vinicola della
penisola al tempo dei Cesari. Le tecniche vitivinicole conobbero in quei secoli
notevole sviluppo: a differenza dei Greci, che conservavano il vino in anfore
di terracotta, i Romani cominciarono a usare barili in legno e bottiglie di
vetro, introducendo, o quantomeno enfatizzando, il concetto di
"annata" e "invecchiamento". Fu a partire dal secondo
secolo che si cominciò a dare importanza alla coltivazione della vite in
Borgogna, nella Loira e nella Champagne.
Nel Medioevo
Nei secoli bui del
Medioevo il potere assoluto della Chiesa influì fortemente sullo sviluppo della
vitivinicoltura, così come sullo sviluppo di ogni altro campo della vita
sociale e artistica. Il vino, ma soprattutto il buon vino, era ancor più
sinonimo di ricchezza e prestigio e l'eccellere nella produzione di qualità
divenne per alcuni ordini ecclesiastici quasi una ragione di vita. I
Benedettini, diffusi in tutta Europa, erano famosi per il loro vino e per il
consumo non proprio moderato che ne facevano.
Quando San
Bernardo, monaco benedettino, fondò nel 1112 l'ordine dei Cistercensi, fu dato
ulteriore impulso al tentativo di produrre vini di alta qualità specialmente in
Borgogna, obiettivo alimentato anche dalla forte competizione tra le abazie.
Intanto Bordeaux fa
storia a sé, dominata non dal potere ecclesiastico ma da interessi commerciali
con l'Inghilterra, sempre più interessata al suo claret o chiaretto. Questo legame
vinicolo tra Francia e Inghilterra, nonostante qualche peripezia, è destinato a
durare nei secoli. Si comincia a delineare fortemente in questi secoli il ruolo
centrale della Francia nella produzione di grandi vini, ruolo che soltanto
negli ultimi decenni è stato rimpiazzato dall'Italia.
Gli ultimi secoli
Gli ultimi secoli
della nostra era sono stati testimoni di uno sviluppo straordinario delle
tecniche vitivinicole. L'arrivo della cioccolata dall'America, del tè dalla
Cina, del caffè dall'Arabia e la diffusione di birra e distillati nel XVII
secolo, rese la vita difficile al vino, che perse il primato di unica bevanda
sicura e conservabile. Questo ha spinto i produttori a cercare la migliore
qualità per competere con i nuovi arrivati. L'evoluzione tecnologica nella
lavorazione del vetro rese più facile la relizzazione di bottiglie adatte e la
scoperta del sughero rese possibile condizioni di conservazione ideali.
Nella Champagne si
cominciò a parlare di un monaco benedettino, Dom Perignon, famoso per il suo
perfezionismo quasi maniacale e per il suo straordinario vino. Molti non sanno
che l'obiettivo di Dom Perignon era quello di ottenere un vino perfettamente
fermo, ma i suoi sforzi erano frustrati da un clima e da un terreno che facevano
inesorabilmente rifermentare il vino nelle bottiglie rendendolo spumeggiante.
Nel XVIII secolo si
consolidò la tendenza a produrre vini più intensi, scuri e fermentati a lungo.
Cominciò ad affermarsi in questo contesto il porto come straordinario vino da
lungo invecchiamento.
Intanto i grandi
Chateau di Bordeaux continuavano a produrre vini di pregio per i loro migliori
clienti, gli inglesi, che non hanno mai potuto contare su una produzione locale
di quantità (e tantomeno di qualità).
Il XIX secolo ha vissuto
la massima euforia vitivinicola. L'economia nazionale di molti paesi si basava
sulla produzione di vino. Ma prima della fine del secolo, doveva abbattersi il
grande flagello della filossera, un parassita che colpisce le radici della vite
europea. Quasi tutti i vigneti d'Europa andarono distrutti o furono gravemente
danneggiati. Questo anche a causa delle due guerre mondiali.
La soluzione, non certo indolore, fu quella di
ripartire da zero innestando la vite europea sulla radice americana immune alla
filossera.
Da allora il vino
italiano diede i primi segni di ripresa soltanto intorno al 1970. Negli ultimi
quarant’anni i vini e la viticoltura italiani hanno subito mutamenti più
radicali che nei tre secoli precedenti. Sono scomparse le coltivazioni promiscue
(multivitigni) che vedevano le viti coltivate insieme a ulivi e alberi da
frutto e anche in cantina sono cambiate molte cose, particolarmente importante
è stata l’introduzione del controllo della temperatura durante la fermentazione
che ha aperto nuovi orizzonti qualitativi ai vini italiani. La modernizzazione
della viticoltura e della vinificazione ha portato a un miglioramento
qualitativo inaspettato partito dalla Toscana alla fine degli anni ’60 e
diffusosi dapprima in Friuli Toscana e in Piemonte per poi finalmente
toccare tutte le altre regioni della
penisola.
Attualmente
l’Italia è il maggior produttore mondiale di vino, con una produzione media
annua di 60 milioni di ettolitri. Per contro il consumo interno è in
diminuzione. Quantitativamente parlando, la maggior parte del vino italiano
proviene da Toscana, Piemonte, Puglia, Sicilia, Sardegna, Emilia Romagna e
Veneto, regioni in cui si hanno produzioni intensive. Si tratta di comuni vini
da tavola il cui destino è l’acquisto da parte delle grandi aziende europee
come vini da taglio oppure l’eliminazione dal commercio come eccedenze e quindi
la distillazione secondo le direttive comunitarie. Accanto a questa situazione
però è d’obbligo far notare che negli ultimi anni e da parte di alcune case vitivinicole,
si ha una controtendenza che vede ampliare le superfici dei territori destinati
alla coltivazione dei vitigni pregiati e di conseguenza l’aumento della
produzione di vini a denominazione di origine a scapito della dilagante
produzione di vini da tavola. Dal 1980 i vini DOC sono cresciuti del 19% ed è
aumentata di pari passo la quantità di vino venduto in bottiglia a scapito di
quello venduto direttamente in botte o in damigiane.
Per capire meglio
il mondo dell’enologia italiana, mi sembra d’obbligo fare un rapido accenno
alla situazione legislativa attuale a proposito delle garanzie fornite al
consumatore per quanto riguarda la provenienza e la qualità dei vini e cosa
queste norme comportano nei confronti invece degli imprenditori vitivinicoli. La
legge che attualmente disciplina la classificazione dei vini italiani è la
Legge n° 164 del 10 febbraio 1992 che ha introdotto novità sostanziali rispetto
ai vecchi ordinamenti in materia. L’impianto della legge tende alla “qualità
totale” attraverso il meccanismo della classificazione piramidale che contempla
alla base i “vini da tavola” per passare poi ai “vini ad indicazione geografica
tipica” abbreviati con I.G.T., per arrivare infine ai V.Q.P.R.D. che si
dividono in “vini a denominazione di origine controllata” o vini D.O.C., e
“vini a denominazione di origine controllata e garantita” o vini D.O.C.G.
Questa legge garantisce la qualità del prodotto e tutela l’interesse del
consumatore attraverso vari punti che sono la valorizzazione del nome geografico,
le discipline produttive più rigide e crescenti con l’elevarsi del livello del
vino in seno alla piramide, l’obbligatorietà dei controlli
chimico-organolettici per i V.Q.P.R.D. e per i vini che vengono esportati. Nel
complesso la legge è molto rigida e le sanzioni sono state rese più severe. È
anche per questo che alcuni produttori non volendo o non potendo adeguarsi alla
normativa declassano i loro vini D.O.C. a vini I.G.T. ma quasi sempre vini di
grande qualità, a volte migliori di blasonati D.O.C. o D.O.C.G. Hanno questa
denominazione solo perché vengono prodotti al di fuori delle zone di origine.
La rivoluzione
industriale ha cambiato, negli ultimi decenni, il mondo del vino anche
all’estero. Grazie alle tecniche di refrigerazione dei vasi vinari, paesi caldi
come la California e l'Australia hanno cominciato a produrre vini eccellenti,
grazie anche a uve di eccezionale qualità. Il Nuovo Mondo ha avuto la capacità,
grazie alla mancanza di convenzioni e condizionamenti, di imparare in fretta e
raggiungere risultati straordinari in pochissimo tempo. Per questo motivo
troviamo dei vini eccellenti anche in Argentina e Cile, anche se ancora lontani
dalla qualità dei vini italiani.
Salute a tutti.
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