video: come nasce una LAMBORGHINI
Abbiamo già visto e parlato
della FERRARI nel settembre passato.
Oggi analizziamo un’altra marchio automobilistico molto importante:
la LAMBORGHINI, l’auto di BATMAN...
la LAMBORGHINI, l’auto di BATMAN...
La storia e
la leggenda delle automobili Lamborghini sono inscindibili dal carattere
volitivo del suo fondatore Ferruccio Lamborghini e
dal periodo in cui vedono la luce, ovvero nell'Italia degli anni Sessanta,
quella del Boom economico. E' infatti fra il
1962 e il 1963 che prende il via la grande avventura delle supercar del Toro,
nate proprio in quel lembo di pianura emiliana fra Bologna e Modena che da più
di trent'anni partorisce le auto più potenti e veloci al mondo. Dietro quella
che si rivelerà poi una storia di grande successo c'è lo spirito vivace, caparbio e visionario di un
imprenditore dalle grandi intuizioni tecniche, quel Ferruccio Lamborghini
(classe 1916) che di ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale stabilisce a Cento
(FE) la sua fabbrica "Trattori Lamborghini". Il grande successo dei
suoi mezzi agricoli lo porta a diversificare la produzione con bruciatori,
condizionatori e addirittura elicotteri, per arrivare infine alle automobili sportive, mezzi che utilizza abitualmente,
ma che non lo soddisfano dal punto di vista dell'affidabilità (cambio in
particolare) e delle finiture. La passione per i motori, la cultura per la
bella meccanica e un'innata sensibilità verso gli oggetti di lusso sono
un'eredità che Ferruccio ha lasciato alla Lamborghini di oggi, di proprietà
Audi, ma italiana nello spirito e nel sentire di tutte le persone che lavorano
a Sant'Agata Bolognese. Andiamo quindi a scoprire questa straordinaria storia
italiana.
NATA DA UNA SFIDA
La scintilla che dà il via all'avventura Lamborghini nasce tra realtà e leggenda, in quello storico incontro-scontro fra Ferruccio Lamborghini ed Enzo Ferrari durante il quale il patron della Casa del Cavallino liquida le rimostranze del cliente come quelle di chi "sa guidare i trattori e non le Ferrari". La sufficienza del Drake indispone l'imprenditore ferrarese e lo spinge a dimostrare di saper far meglio, sfidando Ferrari con una sua azienda di supercar che nascerà dal nulla. Lo spazio per avviare una nuova e redditizia attività industriale c'è: il terreno per lo stabilimento Lamborghini Automobili è disponibile a prezzo stracciato a Sant'Agata Bolognese, il designer Franco Scaglione è libero da impegni e può tratteggiare le forme della nuova coupé (realizzata a Torino da Sargiotto) e per il motore si rende disponibile Giotto Bizzarrini, ingegnere toscano di grande talento e già collaboratore di Ferrari. Una volontà ferrea e ritmi di lavoro serrati portano al debutto della Lamborghini 350 GTV al Salone di Torino. È l'ottobre del 1963. Per il marchio non ci sono dubbi: un Toro in posizione di "Veronica" che il tipografo Paolo Rambaldi disegna per Ferruccio su indicazioni dello stesso imprenditore che si definiva "tamugno come un toro", ovvero forte, robusto e ben piantato come il bovino da combattimento.
NATA DA UNA SFIDA
La scintilla che dà il via all'avventura Lamborghini nasce tra realtà e leggenda, in quello storico incontro-scontro fra Ferruccio Lamborghini ed Enzo Ferrari durante il quale il patron della Casa del Cavallino liquida le rimostranze del cliente come quelle di chi "sa guidare i trattori e non le Ferrari". La sufficienza del Drake indispone l'imprenditore ferrarese e lo spinge a dimostrare di saper far meglio, sfidando Ferrari con una sua azienda di supercar che nascerà dal nulla. Lo spazio per avviare una nuova e redditizia attività industriale c'è: il terreno per lo stabilimento Lamborghini Automobili è disponibile a prezzo stracciato a Sant'Agata Bolognese, il designer Franco Scaglione è libero da impegni e può tratteggiare le forme della nuova coupé (realizzata a Torino da Sargiotto) e per il motore si rende disponibile Giotto Bizzarrini, ingegnere toscano di grande talento e già collaboratore di Ferrari. Una volontà ferrea e ritmi di lavoro serrati portano al debutto della Lamborghini 350 GTV al Salone di Torino. È l'ottobre del 1963. Per il marchio non ci sono dubbi: un Toro in posizione di "Veronica" che il tipografo Paolo Rambaldi disegna per Ferruccio su indicazioni dello stesso imprenditore che si definiva "tamugno come un toro", ovvero forte, robusto e ben piantato come il bovino da combattimento.
350 GTV
La Lamborghini 350 GTV (Gran Turismo Veloce) nasconde sotto il lungo cofano anteriore il primo 12 cilindri della Casa del Toro, con una cilindrata di 3.497 cc (poi di 3.464 cc) che esprime 360 CV e 326 Nm. La velocità massima dichiarata è di 280 km/h, ma la Lamborghini 350 GTV resta un esemplare unico invenduto, cosa che porta il fondatore a bloccare i piani produttivi in attesa di un restyling importante alla sua vettura. L'unica carrozzeria non troppo impegnata in lavori per la concorrenza è la Touring di Milano, che smussa gli eccessi stilistici di Scaglione per realizzare la 350 GT, una coupé piacevolmente grintosa con sedili 2+1 e il 12 cilindri da 320 CV che le fa raggiungere i 250 km/h. Grazie anche al contributo di Giampaolo Dallara e Paolo Stanzani la 350 GT viene presentata al Salone di Ginevra del 1964, proprio quando parte la produzione a Sant'Agata Bolognese. Della Lamborghini 350 GT vengono prodotti 120 esemplari (di cui 9 sono 2+1) fino all'inizio del 1967, anno in cui è già in produzione la biposto 400 GT (o Interim) che monta il 4 litri da 320 CV e 375 Nm e la 400 GT 2+2 che offre due posti dietro. Di queste vengono realizzati rispettivamente 23 e 250 esemplari.
CONCEPT ANNI '60
Il buon successo di 350 e 400 GT spinge carrozzieri e designer a impegnarsi sul tema Lamborghini, con prototipi che cominciano ad attirare l'attenzione del pubblico nei più importanti saloni dell'auto. Una delle prime è la 3500 GTZ firmata Zagato al Salone di Londra del 1965, seguita dalla scoperta 350 GTS della Carrozzeria Touring (Torino 1965), dalla Monza 400 di Neri e Bonacini (1966) e dalla curiosa Flying Star II (1966), sempre di Touring e con forme da sportiva familiare. Ma i tempi sono maturi per passare dalle concept alla realtà e stupire il mondo intero con la nuova Lamborghini P400 Miura, una GT a motore posteriore trasversale e cambio in bloccoche sconvolge la tradizione delle supercar precedenti rifacendosi all'esperienza della Ford GT40.
MIURA, L'ETERNA
La carrozzeria della Lamborghini P400 Miura è firmata Bertone e disegnata da Marcello Gandini e contribuisce in maniera decisiva a creare il mito Lamborghini delle vetture estreme, sportivissime e futuribili come navicelle spaziali, una tradizione che dura ancora oggi. Il 4 litri da 350 CV e 369 Nm è in grado di spingere la 2 posti di Sant'Agata Bolognese fino a 280 km/h e di proiettarne la leggenda nell'empireo dell'automobilismo. Ben 475 sono le Miura prima serie prodotte fino al 1969, cui si aggiungono i 140 esemplari della P400 Miura S (370 CV) fra il 1968 e il 1971 e le 150 Miura SV (385 CV) fino all'ottobre del 1973. Con la Miura si inaugura la tradizione dei nomi "taurini", derivanti dal segno zodiacale di Ferruccio Lamborghini e dedicati ai poderosi tori da combattimento allevati nella "ganaderia" di Don Eduardo Miura Fernández.
La Lamborghini 350 GTV (Gran Turismo Veloce) nasconde sotto il lungo cofano anteriore il primo 12 cilindri della Casa del Toro, con una cilindrata di 3.497 cc (poi di 3.464 cc) che esprime 360 CV e 326 Nm. La velocità massima dichiarata è di 280 km/h, ma la Lamborghini 350 GTV resta un esemplare unico invenduto, cosa che porta il fondatore a bloccare i piani produttivi in attesa di un restyling importante alla sua vettura. L'unica carrozzeria non troppo impegnata in lavori per la concorrenza è la Touring di Milano, che smussa gli eccessi stilistici di Scaglione per realizzare la 350 GT, una coupé piacevolmente grintosa con sedili 2+1 e il 12 cilindri da 320 CV che le fa raggiungere i 250 km/h. Grazie anche al contributo di Giampaolo Dallara e Paolo Stanzani la 350 GT viene presentata al Salone di Ginevra del 1964, proprio quando parte la produzione a Sant'Agata Bolognese. Della Lamborghini 350 GT vengono prodotti 120 esemplari (di cui 9 sono 2+1) fino all'inizio del 1967, anno in cui è già in produzione la biposto 400 GT (o Interim) che monta il 4 litri da 320 CV e 375 Nm e la 400 GT 2+2 che offre due posti dietro. Di queste vengono realizzati rispettivamente 23 e 250 esemplari.
CONCEPT ANNI '60
Il buon successo di 350 e 400 GT spinge carrozzieri e designer a impegnarsi sul tema Lamborghini, con prototipi che cominciano ad attirare l'attenzione del pubblico nei più importanti saloni dell'auto. Una delle prime è la 3500 GTZ firmata Zagato al Salone di Londra del 1965, seguita dalla scoperta 350 GTS della Carrozzeria Touring (Torino 1965), dalla Monza 400 di Neri e Bonacini (1966) e dalla curiosa Flying Star II (1966), sempre di Touring e con forme da sportiva familiare. Ma i tempi sono maturi per passare dalle concept alla realtà e stupire il mondo intero con la nuova Lamborghini P400 Miura, una GT a motore posteriore trasversale e cambio in bloccoche sconvolge la tradizione delle supercar precedenti rifacendosi all'esperienza della Ford GT40.
MIURA, L'ETERNA
La carrozzeria della Lamborghini P400 Miura è firmata Bertone e disegnata da Marcello Gandini e contribuisce in maniera decisiva a creare il mito Lamborghini delle vetture estreme, sportivissime e futuribili come navicelle spaziali, una tradizione che dura ancora oggi. Il 4 litri da 350 CV e 369 Nm è in grado di spingere la 2 posti di Sant'Agata Bolognese fino a 280 km/h e di proiettarne la leggenda nell'empireo dell'automobilismo. Ben 475 sono le Miura prima serie prodotte fino al 1969, cui si aggiungono i 140 esemplari della P400 Miura S (370 CV) fra il 1968 e il 1971 e le 150 Miura SV (385 CV) fino all'ottobre del 1973. Con la Miura si inaugura la tradizione dei nomi "taurini", derivanti dal segno zodiacale di Ferruccio Lamborghini e dedicati ai poderosi tori da combattimento allevati nella "ganaderia" di Don Eduardo Miura Fernández.
ANCORA PROTOTIPI, ANCORA BERTONE
Sull'onda del successo incontrato dalla Miura la Carrozzeria Bertone decide di sfruttare il momento magico Lamborghini per presentare ancora un paio di prototipi che stanno fra il futuribile e il possibile. La prima è la Lamborghini Marzal del 1967, che propone un tripudio di superfici vetrate, pellami argentati e dettagli decorativi esagonali. Il motore è posteriore come sulla Miura, ma le linee anticipano la 4 posti di produzione che si chiamerà Espada. Anche la Miura si propone nelle vesti inedite di supercar scoperta, con il nome di Miura Roadster e in azzurro metallizzato al Salone di Bruxelles del 1968. Questa rimane esemplare unico e continua la sua vita come ZN75, verde e ricoperta di zincature, per tornare allo stato originale solo poco tempo fa. La Miura Jota è invece un progetto sportivo sviluppato internamente nel 1970 dal collaudatore Bob Wallace, spinta da un motore da 440 CV, alleggerita di 170 chilogrammi e che finisce distrutta in un incidente stradale. 6 repliche ufficiali Miura SVJ soddisfano le richieste di altri danarosi clienti.
LA GAMMA SI ALLARGA
frattempo la gamma Lamborghini vede l'alternanza fra 400 GT 2+2 e Islero (1968), la "tagliente" coupé disegnata dall'ex dipendente Touring Mario Marazzi. Le due versioni GT e GTS (320 e 350 CV) arrivano ad un totale di 255 esemplari, con la produzione che si interrompe nel 1969. Ben più lunga è la carriera della Lamborghini Espada che, nata sempre nel 1968 arriva fino al 1978 totalizzando 1.217 pezzi. Il V12 di 4 litri e 325 Cv permette alla Espada prima serie di trasportare in comodità 4 persone a quasi 250 km/h. La seconda serie del 1970 vanta 350 CV, mentre la terza serie aggiorna alcuni dettagli per il periodo 1972-1978. Lo stesso principio della Gran Turismo d'alta velocità e parte del telaio della Espada vengono applicati alla Jarama prodotta fra il 1970 e il 1976 in 327 unità, sia GT (350 CV) che GTS (365 CV). L''idea di una "Baby Lamborghini", compatta, con motore V8 e destinata ad un pubblico più ampio nasce nello stesso periodo, con la Lamborghini Urraco P250 del 1970. Il 2,5 litri sviluppa 220 CV, permettendo alla compatta 4 posti emiliana di raggiungere i 240 km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in 6,9 secondi. La Urraco, firmata immancabilmente Bertone, si confronta sul mercato con la Maserati Bora e la Dino 308 GT4 e fino al 1979 viene realizzata in 791 unità nelle successive versioni P200, P300 e P111.
COUNTACH, CHE MACCHINA!
Il 1971 è l'anno dell'ultimo exploit del geniale Ferruccio Lamborghini, che commissiona al fido Nuccio Bertone la supercar "definitiva", estrema nella meccanica e nel design.
Sull'onda del successo incontrato dalla Miura la Carrozzeria Bertone decide di sfruttare il momento magico Lamborghini per presentare ancora un paio di prototipi che stanno fra il futuribile e il possibile. La prima è la Lamborghini Marzal del 1967, che propone un tripudio di superfici vetrate, pellami argentati e dettagli decorativi esagonali. Il motore è posteriore come sulla Miura, ma le linee anticipano la 4 posti di produzione che si chiamerà Espada. Anche la Miura si propone nelle vesti inedite di supercar scoperta, con il nome di Miura Roadster e in azzurro metallizzato al Salone di Bruxelles del 1968. Questa rimane esemplare unico e continua la sua vita come ZN75, verde e ricoperta di zincature, per tornare allo stato originale solo poco tempo fa. La Miura Jota è invece un progetto sportivo sviluppato internamente nel 1970 dal collaudatore Bob Wallace, spinta da un motore da 440 CV, alleggerita di 170 chilogrammi e che finisce distrutta in un incidente stradale. 6 repliche ufficiali Miura SVJ soddisfano le richieste di altri danarosi clienti.
LA GAMMA SI ALLARGA
frattempo la gamma Lamborghini vede l'alternanza fra 400 GT 2+2 e Islero (1968), la "tagliente" coupé disegnata dall'ex dipendente Touring Mario Marazzi. Le due versioni GT e GTS (320 e 350 CV) arrivano ad un totale di 255 esemplari, con la produzione che si interrompe nel 1969. Ben più lunga è la carriera della Lamborghini Espada che, nata sempre nel 1968 arriva fino al 1978 totalizzando 1.217 pezzi. Il V12 di 4 litri e 325 Cv permette alla Espada prima serie di trasportare in comodità 4 persone a quasi 250 km/h. La seconda serie del 1970 vanta 350 CV, mentre la terza serie aggiorna alcuni dettagli per il periodo 1972-1978. Lo stesso principio della Gran Turismo d'alta velocità e parte del telaio della Espada vengono applicati alla Jarama prodotta fra il 1970 e il 1976 in 327 unità, sia GT (350 CV) che GTS (365 CV). L''idea di una "Baby Lamborghini", compatta, con motore V8 e destinata ad un pubblico più ampio nasce nello stesso periodo, con la Lamborghini Urraco P250 del 1970. Il 2,5 litri sviluppa 220 CV, permettendo alla compatta 4 posti emiliana di raggiungere i 240 km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in 6,9 secondi. La Urraco, firmata immancabilmente Bertone, si confronta sul mercato con la Maserati Bora e la Dino 308 GT4 e fino al 1979 viene realizzata in 791 unità nelle successive versioni P200, P300 e P111.
COUNTACH, CHE MACCHINA!
Il 1971 è l'anno dell'ultimo exploit del geniale Ferruccio Lamborghini, che commissiona al fido Nuccio Bertone la supercar "definitiva", estrema nella meccanica e nel design.
E' la Lamborghini LP500 Countach,
esemplare unico da 440 CV che inaugura la tradizione ancora attuale del motore
"Longitudinale Posteriore". La linea bassa, appuntita e futuribile
della Countach è opera del solito Marcello Gandini e con il suo look
extraterrestre contribuisce in maniera sostanziale a consolidare un mito di
sportività che verrà confermato da Diablo, Murciélago e Aventador. Il nome non
ha invece origini taurine, ma deriva dall'espressione dialettale
piemontese "cuntàcc"(caspita,
accidenti) pronunciata con ammirazione in Carrozzeria Bertone durante la
sagomatura della scocca. La Countach LP 400 di
produzione ha 375 CV e la velocità massima dichiarata di315 km/h lascia immaginare prestazioni da primato,
avvicinate solo dalla Ferrari 365 GT4 BB (Berlinetta Boxer). La Countach è il
modello più longevo della Casa di Sant'Agata Bolognese e taglia il traguardo
dei 16 anni nel 1990 con la 25° Anniversario. Nel
frattempo sono andate in archivio le versioni LP 400 S, LP 500 S e 5000
Quattrovalvole, che arriva a quota 5.167 cc e 455 CV.
FERRUCCIO LASCIA
Nel frattempo Ferruccio Lamborghini ha abbandonato la sua creatura, vendendo nel 1972 e nel 1974 le quote azionarie ad alcuni imprenditori svizzeri. La difficile decisione del patron trae origine da una serie di problemi e timori che investono l'Italia. La prima è quella della crisi petrolifera, inasprita dalle agitazioni sindacali, mentre la minaccia del terrorismo e l'annullamento di una commessa per 5.000 trattori indeboliscono l'azienda e sembrano pregiudicare la produzione a la vendita delle future supercar. Gli anni successivi sono caratterizzati da amministrazione controllata, fallimento, la rinascita per mano di Patrick Mimran (1980), il passaggio sotto l'ala protettiva di Chrysler (1987), la vendita alle società asiatiche controllate dall'indonesiano Tommy Suharto (1994) e infine l'acquisizione da parte della tedesca Audi, che dal 1998 è proprietaria della Casa del Toro.
CRISI E RINASCITA
La produzione continua a ritmi alterni con la Countach che assume il ruolo di unica vera rappresentante della tradizione Lamborghini e la Urraco che si trascina fra alti e bassi sotto forma di Silhouette prima e di Jalpa poi (1976-1988). L'impressionante fuoristrada LM 002 (1977-1992) nasce invece nel 1977 dalla lunga e tormentata evoluzione della Cheetah, avventura che costa a Lamborghini la commessa per l'assemblaggio della BMW M1 e che viene in parte compensata dal montaggio della Fiat 127 Rustica nelle linee produttive di Sant'Agata Bolognese. Nel 1990 la svolta prende il nome di Lamborghini Diablo, per gli anni a venire modello unico del costruttore italiano. L'eredità della Countach è evidente, lo stile è "by Marcello Gandini" e il motore V12 di 5,7 litri e 492 CV regalano alla sportivissima emiliana gli agognati 325 km/h. Sulla Diablo VT (1993-2000) esordisce il primo sistema di trazione integrale, con inserimento automatico tramite giunto viscoso (Viscous Traction). Nel giro di pochi anni arrivano poi la Diablo SE a trazione posteriore, la Diablo VT Roadster con tettuccio rimovibile, la SV con potenza di 492 CV e l'incredibile Diablo GT di 6 litri, 575 CV e 338 km/h. Dopo la versione da corsa GTR, la carriera della Diablo si conclude nel 2000-2001 con la Diablo 6.0 ristilizzata da Luc Donckerwolke.
Nel frattempo Ferruccio Lamborghini ha abbandonato la sua creatura, vendendo nel 1972 e nel 1974 le quote azionarie ad alcuni imprenditori svizzeri. La difficile decisione del patron trae origine da una serie di problemi e timori che investono l'Italia. La prima è quella della crisi petrolifera, inasprita dalle agitazioni sindacali, mentre la minaccia del terrorismo e l'annullamento di una commessa per 5.000 trattori indeboliscono l'azienda e sembrano pregiudicare la produzione a la vendita delle future supercar. Gli anni successivi sono caratterizzati da amministrazione controllata, fallimento, la rinascita per mano di Patrick Mimran (1980), il passaggio sotto l'ala protettiva di Chrysler (1987), la vendita alle società asiatiche controllate dall'indonesiano Tommy Suharto (1994) e infine l'acquisizione da parte della tedesca Audi, che dal 1998 è proprietaria della Casa del Toro.
CRISI E RINASCITA
La produzione continua a ritmi alterni con la Countach che assume il ruolo di unica vera rappresentante della tradizione Lamborghini e la Urraco che si trascina fra alti e bassi sotto forma di Silhouette prima e di Jalpa poi (1976-1988). L'impressionante fuoristrada LM 002 (1977-1992) nasce invece nel 1977 dalla lunga e tormentata evoluzione della Cheetah, avventura che costa a Lamborghini la commessa per l'assemblaggio della BMW M1 e che viene in parte compensata dal montaggio della Fiat 127 Rustica nelle linee produttive di Sant'Agata Bolognese. Nel 1990 la svolta prende il nome di Lamborghini Diablo, per gli anni a venire modello unico del costruttore italiano. L'eredità della Countach è evidente, lo stile è "by Marcello Gandini" e il motore V12 di 5,7 litri e 492 CV regalano alla sportivissima emiliana gli agognati 325 km/h. Sulla Diablo VT (1993-2000) esordisce il primo sistema di trazione integrale, con inserimento automatico tramite giunto viscoso (Viscous Traction). Nel giro di pochi anni arrivano poi la Diablo SE a trazione posteriore, la Diablo VT Roadster con tettuccio rimovibile, la SV con potenza di 492 CV e l'incredibile Diablo GT di 6 litri, 575 CV e 338 km/h. Dopo la versione da corsa GTR, la carriera della Diablo si conclude nel 2000-2001 con la Diablo 6.0 ristilizzata da Luc Donckerwolke.
FRA PRESENTE E FUTURO
La storia recente di Lamborghini è ancora sotto gli occhi di tutti gli appassionati e parte proprio con l'opera-capolavoro dello stesso Donckerwolke, la Murciélago del 2001 che con il suo 6,2 litri da 580 CV e la trazione integrale è in grado di arrivare a 330 km/h e di bruciare i 100 orari da fermo in 3,8 secondi. Negli ultimi anni l'attività della Casa del Toro si intensifica e si amplia sul fronte delle berlinette sportive, grazie alla Gallardo (2003) che sfrutta le sinergie con Audi per incrementare qualità e numeri di vendita. Per la prima volta lo stile è opera di Giorgetto Giugiaro e grazie al V10 di 5 litri e 500 CV la Gallardo supera in 7 anni i 10.500 esemplari prodotti, un record assoluto per Sant'Agata. Tutto il resto è attualità, un trionfo del Made in Italy che prende il nome di Murcielago Roadster, Gallardo Superleggera, Gallardo Spyder, Gallardo LP 560-4,Gallardo LP 550-2 Valentino Balboni, Gallardo LP 570-4 Superleggera, Murcielago LP 670-4 SV,Reventón e la nuova
La storia recente di Lamborghini è ancora sotto gli occhi di tutti gli appassionati e parte proprio con l'opera-capolavoro dello stesso Donckerwolke, la Murciélago del 2001 che con il suo 6,2 litri da 580 CV e la trazione integrale è in grado di arrivare a 330 km/h e di bruciare i 100 orari da fermo in 3,8 secondi. Negli ultimi anni l'attività della Casa del Toro si intensifica e si amplia sul fronte delle berlinette sportive, grazie alla Gallardo (2003) che sfrutta le sinergie con Audi per incrementare qualità e numeri di vendita. Per la prima volta lo stile è opera di Giorgetto Giugiaro e grazie al V10 di 5 litri e 500 CV la Gallardo supera in 7 anni i 10.500 esemplari prodotti, un record assoluto per Sant'Agata. Tutto il resto è attualità, un trionfo del Made in Italy che prende il nome di Murcielago Roadster, Gallardo Superleggera, Gallardo Spyder, Gallardo LP 560-4,Gallardo LP 550-2 Valentino Balboni, Gallardo LP 570-4 Superleggera, Murcielago LP 670-4 SV,Reventón e la nuova
Tutta la storia futura del Toro è ancora da scrivere, ma pare già
intrigante e vitale come i racconti di Ernest Hemingway che narrano le gesta
dei toreri e dei tori di Don Eduardo Miura. L'utilizzo esteso della fibra di
carbonio è una delle sfide tecnologiche più importanti intraprese in
Lamborghini, già realtà sulla Aventador e pronta ad esprimersi al massimo sulla
nuova Gallardo (Cabrera?),
sulla Sesto Elemento e
sulla 4 porte Estoque.
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