ll Carnevale di
Venezia è tra i più famosi di tutto il mondo ed è un appuntamento
internazionale la cui importanza si rinnova di anno in anno attraverso la
partecipazione di migliaia di persone che invadono calli e campielli, in una
dimensione fantastica che solo Venezia può offrire. Vivere il Carnevale di
Venezia significa quindi partecipare alla "Festa" e ai suoi riti,
come il celebre Volo
dell'Angelo o la Festa del Gentil Foresto.
Il Carnevale di
Cento trova le sue origini nel XVII secolo; ha mantenuto un carattere locale fino
agli anni '90, quando in seguito al gemellaggio
con Rio de Janeiro - per
stile di carri, belle ragazze e divertimenti - è diventato una manifestazione
conosciuta a livello italiano ed europeo, capace di attirare molti visitatori.
Famosissimi i testimonial di questo carnevale: dai personaggi del mondo della
cultura alla politica, dallo spettacolo allo sport.
Il Carnevale di
Foiano della Chiana (Arezzo) è considerato il
più antico carnevale d'Italia, con notizie risalenti al 1539; giunto
con il 2011 alla 472esima edizione, rinnova la competizione dei quattro grandi
carri allegorici appartenenti ai cantieri di Azzurri, Bombolo, Nottambuli e
Rustici; il borgo di Foiano è infatti suddiviso in quattro "Cantieri"
che durante l'anno lavorano ciascuno su un carro carnevalesco.
Carnevale di Ivrea
Il Carnevale di
Ivrea trae la sua origine dalla ribellione ad un tiranno malvagio da parte di
una giovane, Violetta, seguita poi dall'intera cittadinanza. La rivolta rivive
ogni anno a Carnevale nella Battaglia
delle Arance, una lotta scatenata a suon di lanci di succose arance.
Carnevale di
Viareggio
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Il Carnevale di Viareggio è il più famoso per la sfilata dei carri,
realizzati in cartapesta, accompagnati da gruppi in maschera che si muovono
in corteo lungo il viale principale. I Viareggini iniziarono a festeggiare in
questo modo il Carnevale verso la fine dell'800, con carrozze colme di fiori
e di gente mascherata.
Centomila persone hanno assistito alla prima sfilata di carri allegorici a Viareggio; da allora, tradizione vuole che siano i politici i personaggi presi più di mira negli allestimenti dei giganteschi carri. |
LE
ORIGINI CARNEVALE DI VIAREGGIO
Agli inizi degli
anni Settanta dell'Ottocento, Viareggio, undicimila abitanti, si estendeva su
una superficie edificata dal Canale Burlamacca alla Via Mazzini, allora detta
Via di Confine.
Da mezzo secolo
città per decreto (1820) di Maria Luisa Duchessa di Lucca, Viareggio era divenuta
Comune dell'Italia Unita nel 1870, subendo la perdita traumatica della
giurisdizione su Massarosa. L'abitato si diradava su un ampio territorio
agricolo appena bonificato, sottratto alle paludi e alla malaria. Al di là di
una macchia di giovani pini si stendeva un vasto litorale sabbioso.
La duplice
vocazione, portuale-cantieristica e balneare-turistica della città era appena
iniziata. La prima darsena era stata escavata da un anno rispetto all'elezione
di Viareggio a città, nel 1819, e il porto-canale era contrassegnato da un molo
su palafitte, lungo 190 metri. I cantieri varavano in media 150 tonnellate
l'anno di naviglio. I primi bagni pubblici, il Dori e il Nereo, erano stati
costruiti nel 1827, ma da allora erano trascorsi trent'anni prima di arrivare
alla costruzione degli stabilimenti balneari: il Felice nel 1860, il Nettuno
nel 1865. Negli anni Settanta il Balena e il Quilghini erano in fase
costruttiva. Capofila degli edifici lungo il litorale era il Teatro Alhambra.
La Via Foscolo, allora
Via Nuova, e i Giardini D'Azeglio, che contenevano un ippodromo e s'aprivano
davanti al Palazzo Paolina, eretto nel 1822, arginavano l'espansione
urbanistica verso il litorale. Lungo la patronimica Via Regia, arteria di
transito e di commercio, che sfociava in Piazza Grande, luogo di ritrovo e di
arengo, sorgevano i palazzi dell'aristocrazia ricca di Lucca. Dal 1822 si
affacciava in Piazza Grande il troncone della Reggia che Maria Luisa aveva
fatto progettare dall'architetto Lorenzo Nottolini. I lavori erano stati
bloccati da Carlo Ludovico nel 1824. Nel 1827 il duca aveva fatto dono al
Comune della Reggia incompiuta, poi "ridotta ad uso di Casinò" nel
1834. Sulla Piazza Grande si ergeva anche il Teatro Pacini, costruito da
Giovanni Pacini, musicista siciliano, giunto a Viareggio da Roma al seguito
della Corte di Giuseppina Bonaparte.
1873: in
quest'ambito, dei Teatro Pacini e dei Casinò comunale, della Piazza Grande e
della Via Regia, ebbero origine i corsi mascherati di Viareggio. Da anni
immemorabili era invalso in Viareggio un certo modo di festeggiare il
Carnevale. Dai tempi dei Ducato di Lucca sicuramente: il Governo regalava al
popolo una giornata trasgressiva, il Martedì Grasso, secondo la tradizione
"padroni e servi a banchettare insieme", e i Viareggini erano soliti
designare a governatore della città per quel giorno un mattocchio "in
chiodara, scroi e ciarpone rosso in vita" soprannominato provocatoriamente
Puppino, in contrapposizione ai "pupponi" dell'Amministrazione ducale.
1873: la proposta
di inventare un corteo di carrozze, colme di fiori e cariche di maschere, fu
discussa dai frequentatori del Caffè del Casinò, giovanotti bene, capiscarichi
appartenenti a famiglie che di certo avevano la carrozza nel cortile del
palazzo. Basta coi veglioni al Teatro Pacini o nei saloni del Casinò.
0 piuttosto: oltre
ai veglioni al chiuso, balli all'aperto, nelle strade. L'idea rimbalzò nelle
pagine della "Gazzetta del popolo", giornale che aveva iniziato le
pubblicazioni appena un anno prima. Fu scelta la Via Regia e il "corteo
conquistò subito il popolo che negli anni immediatamente successivi mischierà
alle carrozze dei signori i barrocci e i carri agricoli.
CARNEVALE DI VIAREGGIO - I CARRI
Dal corso delle carrozze del 1873 in Via Regia, prima di
arrivare al corso dei carri allegorici, passò un decennio.
1883: il prototipo dei carri allegorici s'intitolò "I quattro mori" e fu costruito dal personale della Regia Marina, Distaccamento di Viareggio. Fu la fedele riproduzione in scala, minore ma non di troppo, del monumento livornese a Ferdinando II con i quattro schiavi alla base, opera di Pietro Tacca. Fu realizzato con gesso, scagliola e colla e fu trasportato in Via Regia su un pianale del marmo, noleggiato a Pietrasanta, insieme con dei buoi coperti da una gualdrappa. Il bozzetto è conservato al Centro Documentario Storico Comunale.
1885: Al Centro Storico sono visibili anche i bozzetti dei carri "Iltrionfo dei fiammiferi" e "Il trionfo della bicicletta", costruiti per esaltare due novità del tempo: gli "svedesi" al fosforo e il biciclo con moltiplica e pedali.
1887: Al famoso maestro d'ascia viareggino Natino Celli fu commissionato un carro elettorale dal candidato al Parlamento nel Circondario di Pietrasanta, Vito Camillo Ventura Messía de Prado, principe di Carovigno: un triestino eccentrico, giunto a Viareggio alla ricerca di fortune politiche. Natino, coadiuvato dalle maestranze del suo cantiere, costruì una torre dalla cui sommità le maschere gettavano sulla folla monete di cartone argentato. Il Carovigno, con la trovata pubblicitaria del carro elettorale, divenne deputato, ma non fu ammesso in Parlamento per l'età inferiore ai trent'anni. Col carro politico del Carovigno, in Via Regìa sfilarono altri due carri, secondo il ricordo che Raffaello Celli, figlio di Natino, ha affidato al libro "Conl'ascia e con la vela". Le Officine Estensi costruirono un treno, "vero" in tutto, fuor che nelle proporzioni; la Fabbrica dei Laveggiai montò un bancone con due torni a pedali e delle tinozze per l'impasto. Una carrozza trasportò in corso tre pescatori con la lenza; nell'amo, un salacchino per far "abboccare" la gente. Titolo "La pesca degl'imbecilli". Fortunato Celli ha lasciato questa testimonianza sul modo di allestire carrozze e carri in Via Regìa: "Lo scopo era di alludere e mettere in risalto e in ridicolo qualche personaggio che teneva le redini del paese, per primo il sindaco".
1899: Dell'ultimo anno del secolo scorso esiste traccia di un carro di natura politica, intitolato "L'alleanza italo-francese". Fu una satira diretta a colpire il furbastro rapporto tra Italia e Francia sulla navigazione nel Mediterraneo, malgrado gli opposti fronti di intesa e alleanza in Europa.
1900: Nel primo corso mascherato del nuovo secolo i carri politici furono due. I titoli: "Il disarmo" e "Le topiche del Governo in Cina". Col primo, si puntò a colpire il neocolonialismo in Asia dopo l'abbandono di quello in Africa; col secondo, la partecipazione italiana, con gli stati colosso d'Europa, alla guerra contro la Cina, a fianco della Russia. Lo stesso anno fu allestito un carro chiamato "Carro-réclame" che illustrava la sfida lanciata da Viareggio a Nizza per il Carnevale e per la balneazione. Abbandonata la Via Regia, il corso si trasferì sul Viale Margherita nel 1905.
1905: Protagoniste del corso sui Viali a mare furono le automobili. Alla guida di una berlina, trainata da un asino, c'era una donna. Titolo: "Lasignora al volante". Significato: "Donna al volante, pericolo costante". Fra le automobili e le carrozze, tre i carri raffiguranti un cocchio romano, una palma, il profilo delle Apuane. I carri di gesso e di scagliola sui pianali pietrasantini tirati da una o più coppie di buoi, s'ispirarono alla scultura neoclassica di moda agli inizi del Novecento. Nella costruzione si cimentarono scultori anche di prestigio. Qualche nome: Mario Norfini di Firenze, Giovanni Lombardi di Milano, Raffaello Tolomei e Domenico Ghiselli, versiliesi. Di massima, il costruttore forgiava uno scheletro di cannicci e fil di ferro che poi ricopriva di iuta e di carta impastate nel gesso e nella scagliola. Ne usciva un impasto da modellare. Il prodotto risultava pesante. Questa sorta di "monumenti" riflettevano solitamente un'ispirazione mitologica esagerata, spesso carica più di retorica che di ironia. Alcuni bozzetti di questi carri sono conservati al Centro Storico Comunale:
1906: "Il trionfo del Carnevale" e "La dea dei fiori".
1907: "Il trionfo dell'agricoltura".
1908: "La bellezza vince la forza".
1909: Il carro "I burattini meccanici" è il primo esempio, per quanto la documentazione tramanda, di costruzione animata. Si presentò in corso come una composizione di maschere statiche che, al segnale di un campanello, si animava a scatti come un complesso di robot. Altro suono, altro stop e così via... L'ideatore fu Giuseppe Giorgi, soprannominato Noce.
1910: Si conosce il bozzetto del carro: "La coppa dei fiori".
1911: Del corso esiste al Centro Storico la documentazione relativa ad almeno sette carri. Al carro "Il trionfo della vita" dello scultore Domenico Ghiselli fornì un contributo anche il pittore Lorenzo Viani con un bassorilievo sui quattro lati del pianale.
Dopo la prima guerra mondiale, il corso mantenne un legame con gli antichi carri -monumentali", affidando, per il primo corso del 1921, allo scultore Lelio De Ranieri la composizione di un Nettuno ai remi di un patino.
1921: Il carro-evento fu portato in corso dal Noce e la grande sorpresa fu l'orchestra, indispensabile ad un ballo nell'aia per le nozze di un contadino lucchese. Il titolo: "Le nozze d'oro di Tonin di Burio alla corte del Pinaccio in quel di Lambari".
1923: Arrivò in corso il primo mascherone movimentato. Due occhi, tolti a una bambola, rotearono nel volto di un Pierrot, costruito da Umberto Gianpieri.
1924: Fu scoperta la carta a calco per la realizzazione dei mascheroni. Una lunga serie di esperimenti negativi precedette l'invenzione. La carta, molto spessa, utilizzata sulle forme di creta, non reggeva all'essìcazione: cedeva, crepava, si sbriciolava. La prima mossa azzeccata fu il rivestimento di gesso sulle forme di creta; lo strato di gesso, rappreso, si staccò con facilità e formò uno stampo al negativo. La seconda mossa fu la scelta della carta di giornale, da incollare a strati all'interno degli stampi di gesso. La terza fu l'essicazione lenta, su dei bracieri, della carta "calcata" strato dopo strato. Il risultato fu una forma di carta sonante, leggera, solida. Non restò che assemblare i pezzi ricavati per ottenere la riproduzione del modello di creta.
1925: Il primo carro coi mascheroni di carta a calco fu "I tre cavalieri del Carnevale" dì Antonio D'Arliano.
1927: Irruppero in corso le cavalcate di... indiani, cosacchi, ussari, butteri. Le cavalcate furono riprese anche nel 1928 e nel 1929.
Con l'avvento della carta a calco, i carri aumentarono di mole. Il dinamismo dei mascheroni derivava, ed ancor oggi scaturisce, dalla inventività di una meccanica povera, fatta di leve, pulegge, carrucole, ruote, guide a coulisse, molle, molloni, elastici, tiranti, giunti, martinetti, argani, snodi cardanici, forcelle, pistoni ed ogni altro marchingegno rudimentale per delle manovre a braccia. I carri al loro interno celano una folla di operatori che agisce a tempo di musica, imprimendo un ritmo ai gesti, i guizzi, i sussulti dei mascheroni. Il tutto al comando dei costruttore-regista, che usa dei fischietti, dei campanelli e, da ultimo, i walkie-talkie. Dentro ogni carro rivive l'antico cantiere marittimo degli alberai, bozzellai, falegnami, fabbri che forniva alle velature il trinchetto, la mezzana, la maestra, i pennoni, le mazze, i picchi, i bompressi, le scocche, i bracci. Motorizzazione, elettronica, telematica
sono rifiutate dai costruttori e nel ventre dei carri si perpetua l'impegno inventivo che dette alla marineria viareggina i barcobestia. Nei capannoni, del resto, si fa largo uso della terminologia marinara; il carro è suddiviso in poppa e prua e gli spazi son chiamati plancia, coperta, ponte, coffa. La portata dei carri è misurata a stazze e il loro movimento agli orecchi dei costruttori è beccheggio, rollio, scarroccio; i carri virano, ormeggiano, vanno in alaggio e la loro uscita dai capannoni è il varo. Ciurma è definita la gente che assicura al carro i movimenti, le luci, i suoni.
1930: Il carro "Il prestigiatore" di Antonio D'Arliano portò la novità dei colori cangianti della carta a calco.
Di colpo: da rosso-oro a verde-oro. Testimonianza di D'Arliano: "La ciurma era più numerosa delle maschere esterne".
1934: Cinque carri furono costruiti su commissione dall'OND, sezioni di Lucca, Pisa, Livorno, Arezzo, Firenze.
1935: Il carro "Il cavallo di Troia", costruito dall'OND, sostituì la carta a calco col legno compensato, realizzando forme cubiste sotto la suggestione dell'arte futurista in voga. L'ultimo posto in classifica del carro sconsigliò, in futuro, i costruttori a usare materiali diversi dalla carta a calco. Del resto, per disposizione del Comitato, la carta a calco sui carri divenne materiale d'obbligo.
1937: Il carro "Il Decamerone" di Guido Lippi, ideato da Uberto Bonetti, rappresentò il Carnevale d'Italia al Carnevale internazionale di Monaco di Baviera. Su quattordici carri piccoli, dieci trattarono un tema infantile e furono detti "Lillipuziani".
1940: All'ultimo corso anteguerra presero parte coi carri grandi Alfredo Pardini col fratello Michele, Antonio D'Arliano, Carlo e Francesco Francesconi, Guido Lippi, Michelangelo Marcucci, Rolando Morescalchi.
Negli Anni Venti e Trenta, i carri grandi furono costruiti anche da Guido Baroni, Michele Pescaglini, Alighiero Cattani, tanto per ricordare i più impegnati.
Col ritorno del corso mascherato nel dopoguerra i carri riadottarono la tecnica della carta a calco.
1946: Non tutti i costruttori degli Anni Trenta furono in grado di rispondere all'appello del primo corso mascherato del dopoguerra. Ne arrivarono di nuovi: Ademaro Musetti, Nilo Lenci, Sergio Baroni, matricole che lasceranno un segno...
1947: Due carri, "Il teatro della vita" e "Saggio governo", furono firmati rispettivamente da Renato Santini ed Eugenio Pardini, che, lasciati i capannoni del Carnevale, trarranno dalla pittura sostentamento e successo. Come Alfredo Catarsini, Danilo Di Prete che aveva firmato un carro grande l'anno prima. In Brasile Di Prete raggiungerà una grande fama.
1948: Alfredo Morescalchi costruì l'iniziale "Complesso di apertura". Sergio Baroni realizzò il suo primo carro da solo; Carlo Bomberini pure.
1949: Da cinque dei triennio precedente, i carri balzarono a dieci e ognuno fu "adottato" da un rione. Fra i nuovi costruttori destinati a dare al Carnevale molti carri grandi, si presentarono Carlo Vannucci, Fabio Romani e soprattutto Silvano Avanzini e Arnaldo Galli, in coppia.
1950: Fu costituito il duo Francesconi-Barsella (Carlo Francesconi e Sergio Barsella) costruttore, fino al 1974, di grandi carri di successo.
1951: Si separò la coppia Avanzini-Galli. Avanzini scelse come partner Francesco Francesconi. Si formarono anche le coppie Musetti-Pardini (Ademaro Musetti e Michele Pardini) e Vannucci-Bertuccelli (Carlo Vannucci e Sandro Bertuccelli). La prima durò fino al 1958; la seconda fino al 1960.
1952: Fra i costruttori dei grandi carri apparve Beppe Domenici.
1953: Si formò la coppia Domenici-Galli (Beppe Domenici-Arnaldo Galli) che lavorò solo per un anno.
1954: A operare con Renato Santini entrò la coppia Lenci-Palmerini (Nilo Lenei e Giulio Palmerini), che poi si rese autonoma. I carri piccoli furono trasformati in complessi: articolazione di più strutture su uno stesso tema.
1956: "Tempodi mambo" fu l'ultimo carro di Renato Santini; s'ispirò al ballo di Sofia Loren l'anno prima all'Esplanade.
1958: Il primo carro costruito da solo da Silvano Avanzini fu "Anche laggiù". Ademaro Musetti pure realizzò, per la prima volta da sè un carro: "Carnevale si pavoneggia".
1959: Alfredo Pardini, con il carro "La danza delle ore", portò in corso un orologio a colori cangianti. Due carri dell'anno prima, "Miss Universo" di Antonio D'Arliano e "L'allegro satellite" di Lenci-Palmerini rappresentarono l'Italia a Estoril in Portogallo in una Triangolare di carri carnevaleschi Portogallo-Spagna-ltalia. Si piazzarono al primo e al secondo posto davanti a un carro spagnolo progettato da Salvator Dalì.
Con gli Anni Sessanta il Comitato Carnevale, in accordo con l'Avac, Associazione dei costruttori, introdusse
nella classifica dei carri il meccanismo di passaggio di categoria dei costruttori: promozione dai piccoli ai grandi carri, retrocessione dai grandi ai piccoli carri. Il metodo adottato fu quello applicato alle serie dei Campionato di calcio. Al termine di un biennio, la somma di due punteggi avrebbe determinato i promossi e i retrocessi.
1960: La morte in gennaio di Fred Buscaglione mandò a monte l'allestimento del carro "Eri piccola" di Lenei-Palmerini. La coppia confezionò a tempo di record il carro "Hello Jolm!".
1961: Nilo Lenci iniziò a costruire i carri da solo. La classifica biennale dei complessi fu vinta da Arnaldo Galli, che acquisì il diritto di costruire un carro. Di contro, la retrocessione investì Nilo Lenci, che impugnò la prima classifica del biennio, invocando, come attenuante, la circostanza che lo aveva costretto a realizzare "Hello John!", finito all'ultimo posto.
1962: Il numero dei carri fu portato da otto a nove: nella prima categoria restò Nilo Lenci ed entrò Arnaldo Galli.
1963: Il primo premio dei grandi carri non fu assegnato. Il secondo in classifica "Le scimmie stanno a guardare" di Arnaldo Galli fu il primo, in assoluto, a essere costruito su due piani, completamente libero delle masse voluminose dette "paretoni". Col carro 'Fatiche mie venitemi dietro" Alfredo Pardini si congedò dal Carnevale.
1964: A lasciare il Carnevale fu la volta di Antonio D'Arliano; il suo ultimo carro, "La... casta azzurra" fu dedicato a Nizza, nel contesto dei corso a tema unico, "Il Carnevale nel mondo", per cui ogni carro illustrò una città nota per le feste di Carnevale. Per effetto della classifica biennale, Renato Galli, fratello di Arnaldo, costruì il primo carro grande. Non ci furono retrocessioni. Silvano Avanzini dette forfait e i carri da dieci ritornarono a otto, uno per capannone. I complessi furono trasformati in "corteggi" di supporto ai carri grandi.
1965: Al candidato alla promozione, Giovanni Lazzarini, fu negato un capannone. Col rientro di Silvano Avanzini, l'AVAC difese l'equazione otto carri, otto capannoni.
Con l'abbandono di Alfredo Pardini e di Antonio D'Arliano, i due "grandi" dei Carnevale che avevano diviso la città su due fronti di passionale tifoseria, si aprì fra gli epigoni la corsa a subentrare nelle simpatie dei Viareggini.
1966: A compenso dell'impossibilità di costruire un grande carro, il Comitato assegnò a Giovanni Lazzarini il compito di realizzare un complesso speciale fuori concorso, "Donne e motori". Il risultato straordinario raggiunto dal Lazzarini aprì la concezione del tutto innovativa di portare in corso un'allegoria carnevalesca, composta da una "collana" di piccoli carri per un soggetto unico.
1967: Cadde l'opposizione dell'Avac ad aumentare il numero dei carri, che salirono a nove dopo che l'Aarv, d'intesa col Comitato, inviò ai costruttori un'ingiunzione di sfratto a seguito della liberalizzazione del concorso per i carri. Fra i non associati all'Avac ottenne il benestare la domanda di Beppe Domenici. Al nono carro furono sacrificati quattro complessi. Il Domenici, durante la lavorazione, per l'obbligo di rispettare un impegno all'estero, lasciò che il carro "Premio Nobel per la pace", fosse terminato dalla moglie Ivana Barsotti. Alla "prima donna" costruttrice di un carro dette una mano il "pensionato"D'Arliano.
1968: Fra i costruttori dei grandi carri entrò Giovanni Lazzarini affiancato da Oreste Lazzari e le costruzioni salirono a dieci. Il meccanísmo della promozione e della retrocessione fu rispettato a metà.
LE MASCHERATE DEL CARNEVALE DI VIAREGGIO
L'immancabile Berlusconi
Un primo sfogo di autentica satira politica con le
mascherate in gruppo, il corso lo ebbe assai più tardi che coi carri e coi
complessi. Ci volle l'arrivo del "Sessantotto".
In passato, sia le mascherate che le maschere
privilegiarono i fatti di costume, i modi di dire, i giochi di parole, il
divertimento fine a se stesso.
1969: Con "Western all'italiana" Vittorio Lippi
presentò la contestazione come un vincente "mucchio selvaggio" di
pistoleros. Angelo Romani in "Come la cucincremo?" immaginò la
colomba della pace pronta a divenire ricetta per più cuochi. Fabio Romani con
"Anonima omertà- accusò l'italiano che non legge la ... legge.
1973: Dopo un triennio senza una mascherata politica, per
il centenario Fabio Romani, con "Chi è che tira la carretta",
presentò una sequenza di operai reclutati come soldati e Giovanni Pardini, in
"L'italiano ottimista", accodò a un irriducibile (o cieco) utopista
una sequenza di guai.
1974: Nei "soliti noti" a capo dei governi
Angelo Romani, sotto il titolo di "I camaleonti", segnalò degli
imitatori di Stalin, Hitler, Mussolini... . Fabio Romani ne "I padroni del
vapore", segnalò gli sceicchi del petrolio.
1975: Un primo esempio di satira autentica venne da Paolo
Lazzari con "Il rilancio dell'esportazione": fascisti, generali,
preti, politicanti, poliziotti da spedire fuori d'Italia, imballati da
Burlamacco. Con "Giochi d'equilibrio" Guidubaldo Francesconi travestì
gl'italiani da foche, sul naso la pensione, lo stipendio, il salario... Gli
fece eco Giovanni Pardini con "La stangata", cioè la cassa
integrazione. Ne "I grandi bugiardi" Angelo Romani, in coda ai
cacciatori e ai pescatori, fece sfilare i politici e i giornalisti.
1976: Con "I mangiatutto" Angelo Romani anticipò
l'esistenza degli ingordi negli enti pubblici: Cassa del Mezzogiorno, Rai,
Anas... Giovanni Pardini in "Fantasmi", l'uno dietro l'altro, con un
aspetto orribilmente caricaturato, portò in corso Nerone, Napoleone, Stalin,
Hitler, Mussolini.
1977: Furono tre le mascherate politiche. Tre su cinque.
"Lo spaventapasseri" di Paolo Lazzari: il proletariato che tiene alla
larga dal campo Italia famelici uccellacci. "Ilcollasso" di Carlo
Bomberini: medici inaffidabili al capezzale dell'Italia in coma. "La ristangata"
di Angelo Romani e Giovanni Mangini: il rincaro generale dei prezzi che fa
salire il "mercurio" della... scala mobile.
1978: Due mascherate per due denunce: "Prigioni
senza sbarre" di Angelo Romani, per la serie come è facile lasciare il
carcere in Italia" e "I dicasteri" di Giovanni Pardini per la
regola non scritta, ma praticata, dei "governanti manovrati dai
partiti".
Dopo il corso del 1979, dedicato alla nuova ed unica
esperienza dei Gruppi (complesso più mascherata) - sfilarono comunque le
mascherate dei rioni -, con gli Anni Ottanta riprese la tradizione delle
mascherate in gruppo.
1980: "Italia,bel paese" di Angelo Romani e
Giovanni Maggini fu un accostamento dello Stato italiano al
"BelPaese" formaggio, divorato dai topi. Guidubaldo Francesconi in
"La repubblica di legno" dette ai governanti d'Italia il lungo naso
di Pinocchio.
1981: Gilbert Lebigre e Corinne Roger, in "Le
colonne dell'avvenire", denunciarono la governabilità, ovunque...
garantita da decrepiti, logori dinosauri della politica. Roberto e Sabrina
Galli in "Italy zoo", chiusero nelle gabbie i governanti, trasformati
in bestioni da esposizione. Carlo Bomberini con "Vampiria Spa" fondò
la società dei salassatori; fra i soci l'Iva, l'Irpef, l'Ilor e via... sigle
dicendo.
1982: Con "Ogni moneta ha la sua poltrona",
Roberto Musetti assegnò una scala di valori allo SME, facendo accomodare ogni
moneta su poltrone, sedie, sgabelli secondo il rapporto di cambio col dollaro.
Ne "Gli spaventapasseri" Nilo Lenci individuò i piduisti; ne "I
bronzi di Riace" Carlo Bomberini segnalò politici, facce di bronzo; in
"Sagra gastronomica" Piero Ghilarducci indicò i partiti, ingordi e
avidi.
1983: Le mascherate ritornarono a essere numerose, nove.
Ma una soltanto toccò il tema politico: "La vispa Teresa" di Roberto
setti con l'Italia gentil fanciulletta.
1984: Dieci le mascherate. Due le politiche "Uccelli
migratori" di Giovanni Pardi gabbie di politicanti, pretonzoli, soldatuco
da lanciare in volo verso altre sponde e---M sica maestro- di Piero Farnocchia,
u banda maldiretta con Craxi, De Mita, Spadolini e via elencando suonatori.
1985: Su tredici mascherate, di cui, tre fuori concorso,
una soltanto ebbe un chiaro riferimento alla politica: "I giullari"
di Luigi Miliani, che assegnò ai partiti il ruolo di "rigoletti"
beffati dai "duchi" dell'industria e della finanza.
1986: Con "Andiamo a lavorare", Emilio Cinquini
presentò i politici italiani come de boia con la mannaia, pronti a tagliar
teste e con "Premiamo quel bottone", Rossella Disposito li legò a dei
missili da lanciare nell'ignoto. L' ultimo Comitato lasciò alla Fondazione
l'eredità di un ragguardevole numero di costruttori di mascherate, allievi
della Scuola della cartapesta. Non tutti, anzi pochi, versati alla satira
politica.
1987: Di quattordici mascherate una appena si presentò in
corso con un soggetto politico: "Le collegiali" di Carlo e Giorgio
Bomberini che, al seguito dell'istitutrice Nilde Jotti, mise in fila gli
onorevoli, i più noti, i leader.
1988: Su undici mascherate due s'interessarono di
razzismo e di servilismo: "Scacco al re" di Luigi Miliani, con il re
bianco vinto dai pedoni neri e "Il mistero della sfinge" di Roberto
Musetti che illustrò come il potere fosse generato dagli adulatori.
1989: Una mascherata politica soltanto, su quattordici:
"Sedute di gabinetto" di Piero Ghilarducci, che modellò delle teste
raffiguranti i ministri in carica, scaricate... nel water.
1990: Con "Nuovi idoli" Rossella Disposito
trasformò i capipartito in totem coloratissimi. Giampiero Ghiselli in "I
cavalieri della tavola gioconda" illustrò un duello medioevale in
Parlamento per la conquista di Cicciolina, dama e regina; fra i duellanti anche
la... Jotti.
1991: La guerra nell'Iraq fu evocata da Piero Ghilarducci
in "A veglia nel Golfo": il Ministro degli Esteri De Michelis con
Reagan e Gorbaciov fra gli sceicchi del petrolio. Con "Gladio, operazione
merenda" Giorgio Bomberini armò di spiedo Cossiga, in giacca ed elmetto
mimetici, seguito da un Occhetto spaventato e un Andreotti equivoco. In
"Anche i ricchi piangono", Umberto Cinquini mise in fila Agnelli e
Berlusconi, Baudo e Costanzo in attesa, davanti a un wc, occupato da Andreotti.
Ne "Lagrande svendita" Riccardo Luchini portò al mercato i busti di
Marx, Lenin, Stalin, Mao, le divise, le insegne, le bandiere dei comunismo.
1992: Riccardo Luchini in ---Tuttigli uomini del
Presidente-, pose Cossiga al centro di un bersaglio; a sparare, Andreotti,
Forlani, De Mita ed altri. Marco Dolfi in "Colombo 2000" dette al
navigatore genovese le sembianze di De Michelis per una riscoperta dell'America
del cinema e della Tv.
1993: La satira politica nelle mascherate ebbe
un'impennata: sette su tredici. Umberto Bossi si ritrovò nelle vesti di Pietro
l'eremita, in "Ghe pensi mi" di Giorgio Bomberini e d Goffredo di
Buglione in "La lega li lega" di Riccardo Luchini. Unico il tema: la
Crociata contro gl'infedeli, i vecchi capipartito. Il fisco fu l'ispiratore di
"Gioco pesante" di Luigi Miliani e Maria Lami che caricarono i cittadini-cariatidi
di pesanti tasse, e di "Spremute all'italiana" di Roberto Musetti che
inscenò un corteo di donne magre, così ridotte dall'entità dei tributi
indiretti. Con "Tagli alle spese" Piero Ghilarducci escogitò
l'eliminazione, a forbiciate, dei personaggi invisi, stantii, da distruggere.
In "Canzoni di Stato" Marco Dolfi assegnò ai politici un aspetto da
topi e da papere; a tutti, non solo ad Amato ed Occhetto. In "Operazione
mani pulite" Marzia Etna inventò la "Banda dei guanti gialli",
composta da diavoli truccati da angioletti.
(tratto
da versilia.it)
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