Ormai snobbato e dimenticato dai grandi cantanti, il Festival di Sanremo, da una ventina d’anni, sopravvive di... altre “cose”.
Era l'anno 1950, all'epoca la canzone italiana, era poco considerata e poco capita, dalla maggioranza del popolo, che parlava solo il dialetto, e non capiva alcuni testi neologistici e fuori tempo, contenuti appunto in alcuni brani. La canzone italiana, era però la preferita, (primeggiava) anche se per qualche tempo gli italiani, si rivolsero a generi musicali di altre nazioni. Erano gi anni delle canzoni Francesi, il trionfo mondiale di Edith Piaf con "La vie en rose" divenne la beniamina, anche di quegli ascoltatori, raffinati e colti, ai quali tutto non si riduceva nell'apprendere, una strofa, o in un ritornello. I ritmi latino-americani, ebbero nel nostro paese una grande notorietà, ricordiamo "Besame Mucho" di Velasques, Fecchi e Nati.
Le canzoni incalzavano notoriamente, mentre nuovi tipi di danza stravaganti ed esotici, tipo la "Rumba" la "Samba" erano in voga, "arginarono" per poco, ma non ci riuscirono, a mettere da parte la canzone melodica italiana. Era il periodo della concupiscente, prorompente, Rita Hayworth, con la sua "Amado mio" nel film dove interpretò Gilda.
Quando nacque l'idea del festival della canzone italiana, la città di Sanremo, era ancora mal ridotta, con tanti problemi da affrontare e risolvere. il Teatro comunale era andato distrutto dai bombardamenti, la guerra era finita da poco, però c'era la volontà di uscire dall'impedimento guerresco, era intenzionata di riprendersi il suo ruolo principale, nel campo turistico e floricolo.
In quegli anni esisteva solo la radio, ed era la protagonista, e le canzoni diffuse divennero il simbolo della nostra società.
Si racconta che il festival sia nato quasi casualmente, nell'indifferenza, generale. Fu il pubblico invece a decretarne il grande successo.
Grazie all'interessamento di alcuni personaggi, e del gestore della Casa da Gioco, Pier Busseti, e del Maestro Razzi della Rai, nacque così il -Festival di Sanremo- e fu la Radio a diffondere la sera del lunedì del 29 gennaio 51, le prime note del festival nella case italiane, trasmissione in diretta da uno dei locali più eleganti, il salone delle feste del casinò. Il presentatore Nunzio Filogamo, così annunciò il suo saluto, che divenne proverbiale, dicendo; "Cari Amici, vicini e lontani...".
Oggi il Festival è molto cambiato... Col nuovo millennio, le canzoni e i partecipanti, alla ricerca di qualche novità, propongono musiche quasi inaudite; così come i presentatori e le loro soubrette che li accompagnano. La volgarità è in crescita esponenziale e pochissime canzoni possono dirsi tali in questi ultimi 10 anni. Gli scandali più o meno voluti, sono l’unico diversivo di una manifestazione snobbata dai grandi cantanti e cantautori. Come il titolo di un famoso film con Benigni e Troisi “Non ci resta che piangere”.
Sarà il progresso?
Con questo amletico dilemma lasciamo questo ormai nauseante appuntamento canoro annuale e con gioia passiamo senz’altro... ad altro.
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