QUESTO VIDEO PRESENTA "L'ANNO CHE VERRÀ", UNA DELLE CANZONI PIÙ FAMOSE DEL GRANDE CANTAUTORE LUCIO DALLA, CHE CI HA LASCIATO QUEST'ANNO.
FELICE ANNO NUOVO A TUTTI !!!
IL BLOG SI PRENDE TRE SETTIMANE DI PAUSA: CI RIVEDIAMO IL 20 GENNAIO.
domenica 30 dicembre 2012
venerdì 28 dicembre 2012
LAMBORGHINI: VELOCITÀ PURA
video: come nasce una LAMBORGHINI
Abbiamo già visto e parlato
della FERRARI nel settembre passato.
Oggi analizziamo un’altra marchio automobilistico molto importante:
la LAMBORGHINI, l’auto di BATMAN...
la LAMBORGHINI, l’auto di BATMAN...
La storia e
la leggenda delle automobili Lamborghini sono inscindibili dal carattere
volitivo del suo fondatore Ferruccio Lamborghini e
dal periodo in cui vedono la luce, ovvero nell'Italia degli anni Sessanta,
quella del Boom economico. E' infatti fra il
1962 e il 1963 che prende il via la grande avventura delle supercar del Toro,
nate proprio in quel lembo di pianura emiliana fra Bologna e Modena che da più
di trent'anni partorisce le auto più potenti e veloci al mondo. Dietro quella
che si rivelerà poi una storia di grande successo c'è lo spirito vivace, caparbio e visionario di un
imprenditore dalle grandi intuizioni tecniche, quel Ferruccio Lamborghini
(classe 1916) che di ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale stabilisce a Cento
(FE) la sua fabbrica "Trattori Lamborghini". Il grande successo dei
suoi mezzi agricoli lo porta a diversificare la produzione con bruciatori,
condizionatori e addirittura elicotteri, per arrivare infine alle automobili sportive, mezzi che utilizza abitualmente,
ma che non lo soddisfano dal punto di vista dell'affidabilità (cambio in
particolare) e delle finiture. La passione per i motori, la cultura per la
bella meccanica e un'innata sensibilità verso gli oggetti di lusso sono
un'eredità che Ferruccio ha lasciato alla Lamborghini di oggi, di proprietà
Audi, ma italiana nello spirito e nel sentire di tutte le persone che lavorano
a Sant'Agata Bolognese. Andiamo quindi a scoprire questa straordinaria storia
italiana.
NATA DA UNA SFIDA
La scintilla che dà il via all'avventura Lamborghini nasce tra realtà e leggenda, in quello storico incontro-scontro fra Ferruccio Lamborghini ed Enzo Ferrari durante il quale il patron della Casa del Cavallino liquida le rimostranze del cliente come quelle di chi "sa guidare i trattori e non le Ferrari". La sufficienza del Drake indispone l'imprenditore ferrarese e lo spinge a dimostrare di saper far meglio, sfidando Ferrari con una sua azienda di supercar che nascerà dal nulla. Lo spazio per avviare una nuova e redditizia attività industriale c'è: il terreno per lo stabilimento Lamborghini Automobili è disponibile a prezzo stracciato a Sant'Agata Bolognese, il designer Franco Scaglione è libero da impegni e può tratteggiare le forme della nuova coupé (realizzata a Torino da Sargiotto) e per il motore si rende disponibile Giotto Bizzarrini, ingegnere toscano di grande talento e già collaboratore di Ferrari. Una volontà ferrea e ritmi di lavoro serrati portano al debutto della Lamborghini 350 GTV al Salone di Torino. È l'ottobre del 1963. Per il marchio non ci sono dubbi: un Toro in posizione di "Veronica" che il tipografo Paolo Rambaldi disegna per Ferruccio su indicazioni dello stesso imprenditore che si definiva "tamugno come un toro", ovvero forte, robusto e ben piantato come il bovino da combattimento.
NATA DA UNA SFIDA
La scintilla che dà il via all'avventura Lamborghini nasce tra realtà e leggenda, in quello storico incontro-scontro fra Ferruccio Lamborghini ed Enzo Ferrari durante il quale il patron della Casa del Cavallino liquida le rimostranze del cliente come quelle di chi "sa guidare i trattori e non le Ferrari". La sufficienza del Drake indispone l'imprenditore ferrarese e lo spinge a dimostrare di saper far meglio, sfidando Ferrari con una sua azienda di supercar che nascerà dal nulla. Lo spazio per avviare una nuova e redditizia attività industriale c'è: il terreno per lo stabilimento Lamborghini Automobili è disponibile a prezzo stracciato a Sant'Agata Bolognese, il designer Franco Scaglione è libero da impegni e può tratteggiare le forme della nuova coupé (realizzata a Torino da Sargiotto) e per il motore si rende disponibile Giotto Bizzarrini, ingegnere toscano di grande talento e già collaboratore di Ferrari. Una volontà ferrea e ritmi di lavoro serrati portano al debutto della Lamborghini 350 GTV al Salone di Torino. È l'ottobre del 1963. Per il marchio non ci sono dubbi: un Toro in posizione di "Veronica" che il tipografo Paolo Rambaldi disegna per Ferruccio su indicazioni dello stesso imprenditore che si definiva "tamugno come un toro", ovvero forte, robusto e ben piantato come il bovino da combattimento.
350 GTV
La Lamborghini 350 GTV (Gran Turismo Veloce) nasconde sotto il lungo cofano anteriore il primo 12 cilindri della Casa del Toro, con una cilindrata di 3.497 cc (poi di 3.464 cc) che esprime 360 CV e 326 Nm. La velocità massima dichiarata è di 280 km/h, ma la Lamborghini 350 GTV resta un esemplare unico invenduto, cosa che porta il fondatore a bloccare i piani produttivi in attesa di un restyling importante alla sua vettura. L'unica carrozzeria non troppo impegnata in lavori per la concorrenza è la Touring di Milano, che smussa gli eccessi stilistici di Scaglione per realizzare la 350 GT, una coupé piacevolmente grintosa con sedili 2+1 e il 12 cilindri da 320 CV che le fa raggiungere i 250 km/h. Grazie anche al contributo di Giampaolo Dallara e Paolo Stanzani la 350 GT viene presentata al Salone di Ginevra del 1964, proprio quando parte la produzione a Sant'Agata Bolognese. Della Lamborghini 350 GT vengono prodotti 120 esemplari (di cui 9 sono 2+1) fino all'inizio del 1967, anno in cui è già in produzione la biposto 400 GT (o Interim) che monta il 4 litri da 320 CV e 375 Nm e la 400 GT 2+2 che offre due posti dietro. Di queste vengono realizzati rispettivamente 23 e 250 esemplari.
CONCEPT ANNI '60
Il buon successo di 350 e 400 GT spinge carrozzieri e designer a impegnarsi sul tema Lamborghini, con prototipi che cominciano ad attirare l'attenzione del pubblico nei più importanti saloni dell'auto. Una delle prime è la 3500 GTZ firmata Zagato al Salone di Londra del 1965, seguita dalla scoperta 350 GTS della Carrozzeria Touring (Torino 1965), dalla Monza 400 di Neri e Bonacini (1966) e dalla curiosa Flying Star II (1966), sempre di Touring e con forme da sportiva familiare. Ma i tempi sono maturi per passare dalle concept alla realtà e stupire il mondo intero con la nuova Lamborghini P400 Miura, una GT a motore posteriore trasversale e cambio in bloccoche sconvolge la tradizione delle supercar precedenti rifacendosi all'esperienza della Ford GT40.
MIURA, L'ETERNA
La carrozzeria della Lamborghini P400 Miura è firmata Bertone e disegnata da Marcello Gandini e contribuisce in maniera decisiva a creare il mito Lamborghini delle vetture estreme, sportivissime e futuribili come navicelle spaziali, una tradizione che dura ancora oggi. Il 4 litri da 350 CV e 369 Nm è in grado di spingere la 2 posti di Sant'Agata Bolognese fino a 280 km/h e di proiettarne la leggenda nell'empireo dell'automobilismo. Ben 475 sono le Miura prima serie prodotte fino al 1969, cui si aggiungono i 140 esemplari della P400 Miura S (370 CV) fra il 1968 e il 1971 e le 150 Miura SV (385 CV) fino all'ottobre del 1973. Con la Miura si inaugura la tradizione dei nomi "taurini", derivanti dal segno zodiacale di Ferruccio Lamborghini e dedicati ai poderosi tori da combattimento allevati nella "ganaderia" di Don Eduardo Miura Fernández.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtt3SpdrIznT8Sd0F4mtLfGo4gJQd7JuxXg5T6kOwOl_NRToWn1XReM6xJX9949k5J84WC3l_a10R6nxpi6dGDSAc5SSeO0RXI282tY3rFH4C67mcwV9TA-18rSvgy1yWmrBHWu9cRTNw/s1600/th+(4).jpg)
La Lamborghini 350 GTV (Gran Turismo Veloce) nasconde sotto il lungo cofano anteriore il primo 12 cilindri della Casa del Toro, con una cilindrata di 3.497 cc (poi di 3.464 cc) che esprime 360 CV e 326 Nm. La velocità massima dichiarata è di 280 km/h, ma la Lamborghini 350 GTV resta un esemplare unico invenduto, cosa che porta il fondatore a bloccare i piani produttivi in attesa di un restyling importante alla sua vettura. L'unica carrozzeria non troppo impegnata in lavori per la concorrenza è la Touring di Milano, che smussa gli eccessi stilistici di Scaglione per realizzare la 350 GT, una coupé piacevolmente grintosa con sedili 2+1 e il 12 cilindri da 320 CV che le fa raggiungere i 250 km/h. Grazie anche al contributo di Giampaolo Dallara e Paolo Stanzani la 350 GT viene presentata al Salone di Ginevra del 1964, proprio quando parte la produzione a Sant'Agata Bolognese. Della Lamborghini 350 GT vengono prodotti 120 esemplari (di cui 9 sono 2+1) fino all'inizio del 1967, anno in cui è già in produzione la biposto 400 GT (o Interim) che monta il 4 litri da 320 CV e 375 Nm e la 400 GT 2+2 che offre due posti dietro. Di queste vengono realizzati rispettivamente 23 e 250 esemplari.
CONCEPT ANNI '60
Il buon successo di 350 e 400 GT spinge carrozzieri e designer a impegnarsi sul tema Lamborghini, con prototipi che cominciano ad attirare l'attenzione del pubblico nei più importanti saloni dell'auto. Una delle prime è la 3500 GTZ firmata Zagato al Salone di Londra del 1965, seguita dalla scoperta 350 GTS della Carrozzeria Touring (Torino 1965), dalla Monza 400 di Neri e Bonacini (1966) e dalla curiosa Flying Star II (1966), sempre di Touring e con forme da sportiva familiare. Ma i tempi sono maturi per passare dalle concept alla realtà e stupire il mondo intero con la nuova Lamborghini P400 Miura, una GT a motore posteriore trasversale e cambio in bloccoche sconvolge la tradizione delle supercar precedenti rifacendosi all'esperienza della Ford GT40.
MIURA, L'ETERNA
La carrozzeria della Lamborghini P400 Miura è firmata Bertone e disegnata da Marcello Gandini e contribuisce in maniera decisiva a creare il mito Lamborghini delle vetture estreme, sportivissime e futuribili come navicelle spaziali, una tradizione che dura ancora oggi. Il 4 litri da 350 CV e 369 Nm è in grado di spingere la 2 posti di Sant'Agata Bolognese fino a 280 km/h e di proiettarne la leggenda nell'empireo dell'automobilismo. Ben 475 sono le Miura prima serie prodotte fino al 1969, cui si aggiungono i 140 esemplari della P400 Miura S (370 CV) fra il 1968 e il 1971 e le 150 Miura SV (385 CV) fino all'ottobre del 1973. Con la Miura si inaugura la tradizione dei nomi "taurini", derivanti dal segno zodiacale di Ferruccio Lamborghini e dedicati ai poderosi tori da combattimento allevati nella "ganaderia" di Don Eduardo Miura Fernández.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtt3SpdrIznT8Sd0F4mtLfGo4gJQd7JuxXg5T6kOwOl_NRToWn1XReM6xJX9949k5J84WC3l_a10R6nxpi6dGDSAc5SSeO0RXI282tY3rFH4C67mcwV9TA-18rSvgy1yWmrBHWu9cRTNw/s1600/th+(4).jpg)
ANCORA PROTOTIPI, ANCORA BERTONE
Sull'onda del successo incontrato dalla Miura la Carrozzeria Bertone decide di sfruttare il momento magico Lamborghini per presentare ancora un paio di prototipi che stanno fra il futuribile e il possibile. La prima è la Lamborghini Marzal del 1967, che propone un tripudio di superfici vetrate, pellami argentati e dettagli decorativi esagonali. Il motore è posteriore come sulla Miura, ma le linee anticipano la 4 posti di produzione che si chiamerà Espada. Anche la Miura si propone nelle vesti inedite di supercar scoperta, con il nome di Miura Roadster e in azzurro metallizzato al Salone di Bruxelles del 1968. Questa rimane esemplare unico e continua la sua vita come ZN75, verde e ricoperta di zincature, per tornare allo stato originale solo poco tempo fa. La Miura Jota è invece un progetto sportivo sviluppato internamente nel 1970 dal collaudatore Bob Wallace, spinta da un motore da 440 CV, alleggerita di 170 chilogrammi e che finisce distrutta in un incidente stradale. 6 repliche ufficiali Miura SVJ soddisfano le richieste di altri danarosi clienti.
LA GAMMA SI ALLARGA
frattempo la gamma Lamborghini vede l'alternanza fra 400 GT 2+2 e Islero (1968), la "tagliente" coupé disegnata dall'ex dipendente Touring Mario Marazzi. Le due versioni GT e GTS (320 e 350 CV) arrivano ad un totale di 255 esemplari, con la produzione che si interrompe nel 1969. Ben più lunga è la carriera della Lamborghini Espada che, nata sempre nel 1968 arriva fino al 1978 totalizzando 1.217 pezzi. Il V12 di 4 litri e 325 Cv permette alla Espada prima serie di trasportare in comodità 4 persone a quasi 250 km/h. La seconda serie del 1970 vanta 350 CV, mentre la terza serie aggiorna alcuni dettagli per il periodo 1972-1978. Lo stesso principio della Gran Turismo d'alta velocità e parte del telaio della Espada vengono applicati alla Jarama prodotta fra il 1970 e il 1976 in 327 unità, sia GT (350 CV) che GTS (365 CV). L''idea di una "Baby Lamborghini", compatta, con motore V8 e destinata ad un pubblico più ampio nasce nello stesso periodo, con la Lamborghini Urraco P250 del 1970. Il 2,5 litri sviluppa 220 CV, permettendo alla compatta 4 posti emiliana di raggiungere i 240 km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in 6,9 secondi. La Urraco, firmata immancabilmente Bertone, si confronta sul mercato con la Maserati Bora e la Dino 308 GT4 e fino al 1979 viene realizzata in 791 unità nelle successive versioni P200, P300 e P111.
COUNTACH, CHE MACCHINA!
Il 1971 è l'anno dell'ultimo exploit del geniale Ferruccio Lamborghini, che commissiona al fido Nuccio Bertone la supercar "definitiva", estrema nella meccanica e nel design.
Sull'onda del successo incontrato dalla Miura la Carrozzeria Bertone decide di sfruttare il momento magico Lamborghini per presentare ancora un paio di prototipi che stanno fra il futuribile e il possibile. La prima è la Lamborghini Marzal del 1967, che propone un tripudio di superfici vetrate, pellami argentati e dettagli decorativi esagonali. Il motore è posteriore come sulla Miura, ma le linee anticipano la 4 posti di produzione che si chiamerà Espada. Anche la Miura si propone nelle vesti inedite di supercar scoperta, con il nome di Miura Roadster e in azzurro metallizzato al Salone di Bruxelles del 1968. Questa rimane esemplare unico e continua la sua vita come ZN75, verde e ricoperta di zincature, per tornare allo stato originale solo poco tempo fa. La Miura Jota è invece un progetto sportivo sviluppato internamente nel 1970 dal collaudatore Bob Wallace, spinta da un motore da 440 CV, alleggerita di 170 chilogrammi e che finisce distrutta in un incidente stradale. 6 repliche ufficiali Miura SVJ soddisfano le richieste di altri danarosi clienti.
LA GAMMA SI ALLARGA
frattempo la gamma Lamborghini vede l'alternanza fra 400 GT 2+2 e Islero (1968), la "tagliente" coupé disegnata dall'ex dipendente Touring Mario Marazzi. Le due versioni GT e GTS (320 e 350 CV) arrivano ad un totale di 255 esemplari, con la produzione che si interrompe nel 1969. Ben più lunga è la carriera della Lamborghini Espada che, nata sempre nel 1968 arriva fino al 1978 totalizzando 1.217 pezzi. Il V12 di 4 litri e 325 Cv permette alla Espada prima serie di trasportare in comodità 4 persone a quasi 250 km/h. La seconda serie del 1970 vanta 350 CV, mentre la terza serie aggiorna alcuni dettagli per il periodo 1972-1978. Lo stesso principio della Gran Turismo d'alta velocità e parte del telaio della Espada vengono applicati alla Jarama prodotta fra il 1970 e il 1976 in 327 unità, sia GT (350 CV) che GTS (365 CV). L''idea di una "Baby Lamborghini", compatta, con motore V8 e destinata ad un pubblico più ampio nasce nello stesso periodo, con la Lamborghini Urraco P250 del 1970. Il 2,5 litri sviluppa 220 CV, permettendo alla compatta 4 posti emiliana di raggiungere i 240 km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in 6,9 secondi. La Urraco, firmata immancabilmente Bertone, si confronta sul mercato con la Maserati Bora e la Dino 308 GT4 e fino al 1979 viene realizzata in 791 unità nelle successive versioni P200, P300 e P111.
COUNTACH, CHE MACCHINA!
Il 1971 è l'anno dell'ultimo exploit del geniale Ferruccio Lamborghini, che commissiona al fido Nuccio Bertone la supercar "definitiva", estrema nella meccanica e nel design.
E' la Lamborghini LP500 Countach,
esemplare unico da 440 CV che inaugura la tradizione ancora attuale del motore
"Longitudinale Posteriore". La linea bassa, appuntita e futuribile
della Countach è opera del solito Marcello Gandini e con il suo look
extraterrestre contribuisce in maniera sostanziale a consolidare un mito di
sportività che verrà confermato da Diablo, Murciélago e Aventador. Il nome non
ha invece origini taurine, ma deriva dall'espressione dialettale
piemontese "cuntàcc"(caspita,
accidenti) pronunciata con ammirazione in Carrozzeria Bertone durante la
sagomatura della scocca. La Countach LP 400 di
produzione ha 375 CV e la velocità massima dichiarata di315 km/h lascia immaginare prestazioni da primato,
avvicinate solo dalla Ferrari 365 GT4 BB (Berlinetta Boxer). La Countach è il
modello più longevo della Casa di Sant'Agata Bolognese e taglia il traguardo
dei 16 anni nel 1990 con la 25° Anniversario. Nel
frattempo sono andate in archivio le versioni LP 400 S, LP 500 S e 5000
Quattrovalvole, che arriva a quota 5.167 cc e 455 CV.
FERRUCCIO LASCIA
Nel frattempo Ferruccio Lamborghini ha abbandonato la sua creatura, vendendo nel 1972 e nel 1974 le quote azionarie ad alcuni imprenditori svizzeri. La difficile decisione del patron trae origine da una serie di problemi e timori che investono l'Italia. La prima è quella della crisi petrolifera, inasprita dalle agitazioni sindacali, mentre la minaccia del terrorismo e l'annullamento di una commessa per 5.000 trattori indeboliscono l'azienda e sembrano pregiudicare la produzione a la vendita delle future supercar. Gli anni successivi sono caratterizzati da amministrazione controllata, fallimento, la rinascita per mano di Patrick Mimran (1980), il passaggio sotto l'ala protettiva di Chrysler (1987), la vendita alle società asiatiche controllate dall'indonesiano Tommy Suharto (1994) e infine l'acquisizione da parte della tedesca Audi, che dal 1998 è proprietaria della Casa del Toro.
CRISI E RINASCITA
La produzione continua a ritmi alterni con la Countach che assume il ruolo di unica vera rappresentante della tradizione Lamborghini e la Urraco che si trascina fra alti e bassi sotto forma di Silhouette prima e di Jalpa poi (1976-1988). L'impressionante fuoristrada LM 002 (1977-1992) nasce invece nel 1977 dalla lunga e tormentata evoluzione della Cheetah, avventura che costa a Lamborghini la commessa per l'assemblaggio della BMW M1 e che viene in parte compensata dal montaggio della Fiat 127 Rustica nelle linee produttive di Sant'Agata Bolognese. Nel 1990 la svolta prende il nome di Lamborghini Diablo, per gli anni a venire modello unico del costruttore italiano. L'eredità della Countach è evidente, lo stile è "by Marcello Gandini" e il motore V12 di 5,7 litri e 492 CV regalano alla sportivissima emiliana gli agognati 325 km/h. Sulla Diablo VT (1993-2000) esordisce il primo sistema di trazione integrale, con inserimento automatico tramite giunto viscoso (Viscous Traction). Nel giro di pochi anni arrivano poi la Diablo SE a trazione posteriore, la Diablo VT Roadster con tettuccio rimovibile, la SV con potenza di 492 CV e l'incredibile Diablo GT di 6 litri, 575 CV e 338 km/h. Dopo la versione da corsa GTR, la carriera della Diablo si conclude nel 2000-2001 con la Diablo 6.0 ristilizzata da Luc Donckerwolke.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNXqDqW5nxNcsi7kgwqSuird0Zj8YQHTOcbPeN_FrfuE_B3QAyE6DLwYONcUm3xtASo2Amen6AMkq5mjmB0-p02KNv15sIYfh_ok8Vodc_-QHA8h1JMu_zSvpv7yZ3jEdtXgeP_44kA3Y/s1600/th+(6).jpg)
Nel frattempo Ferruccio Lamborghini ha abbandonato la sua creatura, vendendo nel 1972 e nel 1974 le quote azionarie ad alcuni imprenditori svizzeri. La difficile decisione del patron trae origine da una serie di problemi e timori che investono l'Italia. La prima è quella della crisi petrolifera, inasprita dalle agitazioni sindacali, mentre la minaccia del terrorismo e l'annullamento di una commessa per 5.000 trattori indeboliscono l'azienda e sembrano pregiudicare la produzione a la vendita delle future supercar. Gli anni successivi sono caratterizzati da amministrazione controllata, fallimento, la rinascita per mano di Patrick Mimran (1980), il passaggio sotto l'ala protettiva di Chrysler (1987), la vendita alle società asiatiche controllate dall'indonesiano Tommy Suharto (1994) e infine l'acquisizione da parte della tedesca Audi, che dal 1998 è proprietaria della Casa del Toro.
CRISI E RINASCITA
La produzione continua a ritmi alterni con la Countach che assume il ruolo di unica vera rappresentante della tradizione Lamborghini e la Urraco che si trascina fra alti e bassi sotto forma di Silhouette prima e di Jalpa poi (1976-1988). L'impressionante fuoristrada LM 002 (1977-1992) nasce invece nel 1977 dalla lunga e tormentata evoluzione della Cheetah, avventura che costa a Lamborghini la commessa per l'assemblaggio della BMW M1 e che viene in parte compensata dal montaggio della Fiat 127 Rustica nelle linee produttive di Sant'Agata Bolognese. Nel 1990 la svolta prende il nome di Lamborghini Diablo, per gli anni a venire modello unico del costruttore italiano. L'eredità della Countach è evidente, lo stile è "by Marcello Gandini" e il motore V12 di 5,7 litri e 492 CV regalano alla sportivissima emiliana gli agognati 325 km/h. Sulla Diablo VT (1993-2000) esordisce il primo sistema di trazione integrale, con inserimento automatico tramite giunto viscoso (Viscous Traction). Nel giro di pochi anni arrivano poi la Diablo SE a trazione posteriore, la Diablo VT Roadster con tettuccio rimovibile, la SV con potenza di 492 CV e l'incredibile Diablo GT di 6 litri, 575 CV e 338 km/h. Dopo la versione da corsa GTR, la carriera della Diablo si conclude nel 2000-2001 con la Diablo 6.0 ristilizzata da Luc Donckerwolke.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNXqDqW5nxNcsi7kgwqSuird0Zj8YQHTOcbPeN_FrfuE_B3QAyE6DLwYONcUm3xtASo2Amen6AMkq5mjmB0-p02KNv15sIYfh_ok8Vodc_-QHA8h1JMu_zSvpv7yZ3jEdtXgeP_44kA3Y/s1600/th+(6).jpg)
FRA PRESENTE E FUTURO
La storia recente di Lamborghini è ancora sotto gli occhi di tutti gli appassionati e parte proprio con l'opera-capolavoro dello stesso Donckerwolke, la Murciélago del 2001 che con il suo 6,2 litri da 580 CV e la trazione integrale è in grado di arrivare a 330 km/h e di bruciare i 100 orari da fermo in 3,8 secondi. Negli ultimi anni l'attività della Casa del Toro si intensifica e si amplia sul fronte delle berlinette sportive, grazie alla Gallardo (2003) che sfrutta le sinergie con Audi per incrementare qualità e numeri di vendita. Per la prima volta lo stile è opera di Giorgetto Giugiaro e grazie al V10 di 5 litri e 500 CV la Gallardo supera in 7 anni i 10.500 esemplari prodotti, un record assoluto per Sant'Agata. Tutto il resto è attualità, un trionfo del Made in Italy che prende il nome di Murcielago Roadster, Gallardo Superleggera, Gallardo Spyder, Gallardo LP 560-4,Gallardo LP 550-2 Valentino Balboni, Gallardo LP 570-4 Superleggera, Murcielago LP 670-4 SV,Reventón e la nuova
La storia recente di Lamborghini è ancora sotto gli occhi di tutti gli appassionati e parte proprio con l'opera-capolavoro dello stesso Donckerwolke, la Murciélago del 2001 che con il suo 6,2 litri da 580 CV e la trazione integrale è in grado di arrivare a 330 km/h e di bruciare i 100 orari da fermo in 3,8 secondi. Negli ultimi anni l'attività della Casa del Toro si intensifica e si amplia sul fronte delle berlinette sportive, grazie alla Gallardo (2003) che sfrutta le sinergie con Audi per incrementare qualità e numeri di vendita. Per la prima volta lo stile è opera di Giorgetto Giugiaro e grazie al V10 di 5 litri e 500 CV la Gallardo supera in 7 anni i 10.500 esemplari prodotti, un record assoluto per Sant'Agata. Tutto il resto è attualità, un trionfo del Made in Italy che prende il nome di Murcielago Roadster, Gallardo Superleggera, Gallardo Spyder, Gallardo LP 560-4,Gallardo LP 550-2 Valentino Balboni, Gallardo LP 570-4 Superleggera, Murcielago LP 670-4 SV,Reventón e la nuova
Tutta la storia futura del Toro è ancora da scrivere, ma pare già
intrigante e vitale come i racconti di Ernest Hemingway che narrano le gesta
dei toreri e dei tori di Don Eduardo Miura. L'utilizzo esteso della fibra di
carbonio è una delle sfide tecnologiche più importanti intraprese in
Lamborghini, già realtà sulla Aventador e pronta ad esprimersi al massimo sulla
nuova Gallardo (Cabrera?),
sulla Sesto Elemento e
sulla 4 porte Estoque.
lunedì 24 dicembre 2012
NATALE 2012
BUON NATALE A TUTTI I LETTORI DEL BLOG !!! SIETE PIÙ DI 500 TUTTI I MESI: GRAZIE !!!
video composto dalla grande e cara amica italiana, la scrittrice Anna Bissi
video composto dalla grande e cara amica italiana, la scrittrice Anna Bissi
TRADIZIONE
La festività cristiana
del Natale (dal latino Natalis “natalizio, relativo alla nascita”) festeggia la
nascita di Gesù.
Il
Natale cade il 25 dicembre o il 7 gennaio nelle “Chiese orientali” a causa del
calendario giuliano che provoca uno slittamento della data.
La
sua stretta relazione con la nascita di Gesù è sottolineata anche dal suoi nomi
alternativi come “Natale di Gesù” o “Natività del Signore” sempre preceduti
dall’aggettivo “Ss” ovvero santissimo.
La
parola Natalis veniva utilizzata nel calendario romano per diverse festività
come ad esempio il “Natalis Romae” che cadeva il ventuno di aprile e
festeggiava la nascita dell’Urbe oppure il “Dies Natalis Solis Invicti” che
commemorava la nascita del dio del Sole e cadeva il 25 di Dicembre.
Questa
ultima ricorrenza, introdotta da Aureliano nel 273 d.C., si è poi trasformata
durante il III secolo nel nostro attuale Natale.
Il
calendario liturgico cristiano pone il Natale come importanza al livello
dell’Ascensione, della Pentecoste e dell’Epifania, ma a un livello inferiore
rispetto alla Pasqua riconosciuta come la ricorrenza più solenne di tutte e fondamento del cristianesimo.
La
popolarità del Natale è aumentata moltissimo negli ultimi 2 secoli grazie a fattori
come lo scambio dei regali, Babbo Natale e il tempo passato insieme alla
famiglia.
IL CENONE
Il cenone del 24 dicembre
è all’insegna del pesce. L’antipasto, fondamentale nei pranzi importanti
italiani, può essere composto da tartine con patè vari (tipo olive, carciofi,
melanzane ecc.), insalata di mare, carciofini ed altri vegetali sott’olio (nel
migliore dei casi di produzione propria), pane tostato con burro ed acciughe,
crostini e bruschettine ai funghi.
Il primo piatto può
essere un risotto alla pescatora o un piatto di spaghetti alle vongole, a cui
si aggiunge una zuppa di ceci.
Passando al secondo il
frittomisto, l’orata e la spigola al forno con patate ed insalata, la fanno da
padroni. Non mancano i fritti di verdure (carciofi, cavolfiori, zucchine) che
invece sono tipici della tradizione romana.
Nel pranzo del 25
dicembre, quindi nel giorno di Natale, è consentito mangiare la carne. Il primo
è sostituito da una lasagna e dai cannelloni o ancora da un timballo di pasta,
mentre il secondo vede l’arrivo di un bel piatto di arrosto misto o roast beef.
In entrambi i casi, per
finire, formaggi vari quindi frutta, frutta secca e dolci in quantità, il tutto
bagnato da buon vino, rosso o bianco, e fiumi di spumante, moscato, malvasia e brachetto; infine il caffè ed
ammazzacaffè.
Se il menù può variare da
regione a regione, ciò che sicuramente è possibile trovare su tutte le tavole
italiane sono il panettone, il pandoro, il panforte ed il torrone.
Il panettone ed il
pandoro (nella foto) sono i dolci natalizi per eccellenza. Il panettone, di provenienza
lombarda, è caratterizzato al suo interno da uvetta e frutta candita. Coloro i
quali non amano questi ingredienti si affidano al pandoro, di provenienza
veronese, dalla pasta soffice ed il colore dorato servito con una spolverata di
zucchero a velo.
Il torrone, il più tipico
dei dolci natalizi, è indispensabile al miele o al cioccolato con mandorle e
pistacchi all’interno.
Buone Feste a tutti.
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• chi •
• ama •
• dormire •
• ma si sveglia •
• sempre di buon •
• umore, a chi saluta •
• ancora con un bacio, a •
• chi lavora molto e si diverte di •
• più, a chi va in fretta in auto ma •
• non suona ai semafori, a chi arriva •
• in ritardo ma non cerca scuse, a chi spegne •
• la televisione per fare due chiacchere, a chi è •
• felice il doppio quando fa la metà , a chi si alza presto •
• per aiutare un amico, a chi ha l’entusiasmo di un bambino •
• e pensieri da uomo, a chi vede nero solo quando è buio •
A chi non aspetta Natale
per essere
migliore
• chi •
• ama •
• dormire •
• ma si sveglia •
• sempre di buon •
• umore, a chi saluta •
• ancora con un bacio, a •
• chi lavora molto e si diverte di •
• più, a chi va in fretta in auto ma •
• non suona ai semafori, a chi arriva •
• in ritardo ma non cerca scuse, a chi spegne •
• la televisione per fare due chiacchere, a chi è •
• felice il doppio quando fa la metà , a chi si alza presto •
• per aiutare un amico, a chi ha l’entusiasmo di un bambino •
• e pensieri da uomo, a chi vede nero solo quando è buio •
A chi non aspetta Natale
per essere
migliore
BUON NATALE!
Il Natale secondo Aldo, Giovanni e Giacomo:
venerdì 21 dicembre 2012
ELISA: LA MIGLIORE ARTISTA DEL 2001
Voce inarrivabile,
eclettica, la cantautrice ha venduto
circa 3 milioni di dischi, prevalentemente in Italia, in sedici anni di
carriera. L'artista, meno conosciuta della Pausini, riesce a trasmettere un calore e un'intensità veramente uniche.
Nata a Trieste ma originaria di Monfalcone nel 1977, Elisa è
una delle poche cantautrici italiane a scrivere la quasi totalità dei suoi
testi in inglese; ha cantato anche
in spagnolo (nei brani Háblame e Sentir Sin Embargo), francese (Pour Que l'Amour Me Quitte) e curdo (il brano Kuminist, Nostalgia), oltre che in italiano. Venne scoperta dal grande pubblico a 19 anni con l'album d'esordio Pipes & Flowers, ma la notorietà giunse
grazie alla vittoriosa partecipazione al Festival di
Sanremo 2001 con la canzone Luce.
Particolarmente attenta alla
musica nera e ai gruppi stranieri (i suoi modelli sono mostri sacri come Otis Redding, Aretha Franklin, Whitney Houston, Sarah Vaughan, Ray Charles, Ella Fitzgerald e Billie Holiday), Elisa è dotata di un talento
precocissimo. Basti pensare che, dopo i primi approcci al pianoforte e alla chitarra, ha scritto la sua prima canzone a undici anni.
Nei suoi sogni di adolescente, mentre frequentava la scuola di segretariato
d'azienda mai avrebbe pensato che sarebbe diventata una delle cantanti italiane
più richieste e che avrebbe fatto della sua passione una professione.
Le
sue radici sono da ricercare nel blues e nel rock anni '70, un repertorio che
ha esplorato appena quattordicenne quando militava nei "Seven roads",
classico gruppetto di paese.
Insoddisfatta
e perfezionista, la sua sete di esperienza non si arresta certo alle
"seratine" che riesce a procurarsi con il suo gruppo. Comincia così a
girare per il Friuli con varie band dedite all'interpretazione di cover,
affrontando di tutto, compreso serate da piano-bar.
Un
bel giorno le capita di cantare con la "Blue swing orchestra", un
organico di ventidue elementi che riesce ad elettrizzare le sue facoltà vocali
fino a portare il pubblico al delirio.
A
quel punto, il personaggio Elisa non poteva più rimanere nell'ombra. Anche
perché in tutti quegli anni l'artista friulana aveva scritto alcuni pezzi
insieme a un amico di famiglia ed era desiderosa di sentire dei giudizi
professionali. Manda allora il materiale alla "Sugar" di Caterina
Caselli (scopritrice, fra l'altro, di Andrea Bocelli), che una volta sentiti la manda
a chiamare.
Nel
1995 Elisa è ufficialmente arruolata, tramite regolare contratto, nella
scuderia "Sugar".
Grazie
a Corrado Rustici il quale ha prodotto Whitney Houston, Tori Amos, e che è da sempre il
produttore "americano" di Zucchero, Elisa si reca negli Stati Uniti a scrivere e
registrare parte delle canzoni del suo primo album "Pipes and
flowers".
Nel
1998, in occasione del Premio Italiano per la Musica, le viene assegnato
l'Award come migliore rivelazione italiana dell'anno; nello stesso anno riceve
il prestigioso premio Tenco per la migliore opera
prima con l'album "Pipes and flowers".
L'album
vende oltre 280.000 copie, consegue il doppio disco di platino e riscuote un notevole
successo radiofonico e di critica.
Dopo
un così sfolgorante ingresso nel mondo della canzone d'autore il secondo passo
doveva essere ben meditato e calibrato. Per non fallire ci si mette anche
Darren Allison, altro musicista di valore e, dopo gran travaglio, viene
partorito "Asile's world" che, stando alle vendite e al successo del
tour, si può considerare un obiettivo centrato.
Nel
2001 esce invece il singolo "Luce (tramonti a nord est)"; la canzone
è una grande novità nel repertorio dell'artista, che per la prima volta canta
in italiano. Le musiche e il testo sono stati composti da Elisa in
collaborazione, per la parte testuale, con Zucchero. Presentata al Festival di Sanremo, la canzone si
aggiudica il primo posto.
Elisa
è ormai a buon titolo un nome di riferimento per la musica italiana di qualità.
Un esempio? L'anno dopo si è aggiudicata il Premio Italiano della Musica come
Miglior artista femminile dell'anno e Miglior canzone dell'anno sempre con il
brano "Luce".
Del 2003 è il suo lavoro "Lotus", che comprende novità come
"Broken", rivisitazioni di canzoni proprie come "Labyrinth"
e rivisitazioni di grandi brani come "Almeno tu nell'universo"
dell'indimenticabile Mia Martini.
Nel 2006 celebra i suoi primi dieci anni di attività con
"Soundtrack '96-'06" che raccoglie i suoi pezzi più celebri oltre a
brani inediti, tra i quali spicca "Gli ostacoli del cuore", scritto
per lei, e con lei interpretato da Luciano Ligabue.
Dopo aver dato alla luce la primogenita Emma Cecile (22
ottobre 2009, il padre è il chitarrista Andrea Rigonat, suo compagno nella vita e componente della sua band), torna
nei negozi di dischi con il nuovo album "Heart", che contiene il
brano "Ti vorrei sollevare", in cui Elisa duetta con Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro.
Alla fine del mese di novembre 2010 esce il nuovo progetto, intitolato
"Ivy" (edera, in inglese), un disco che raccoglie tre canzoni inedite
e altre quattordici rivisitazioni.
GRAZIE ELISA, PER LE TANTE EMOZIONI...
martedì 11 dicembre 2012
MESTIERI DI UNA VOLTA: FASCINO ANTICO
PENSARE AL NOVECENTO, SIGNIFICA ANCHE RICORDARE QUEI MESTIERI QUASI DIMENTICATI DEI NOSTRI NONNI (O BISNONNI), IN UNA SOCIETÀ POVERA, MA MOLTO AFFASCINANTE.
LA SETTIMANA SCORSA PARLANDO CON DUE DELLE MIE ALUNNE PIÙ AFFEZIONATE (GIUNTE ALL'ULTIMO ANNO DI CORSO DI ITALIANO) LUCINDA E YAMICELA, ABBIAMO RICORDATO ALCUNE DI QUESTE PROFESSIONI CHE PER FORTUNA, MA SOLO IN PARTE, HO AVUTO MODO DI CONOSCERE, PUR ESSENDO ANCORA "GIOVANISSIMO"...
I funai che costruivano corde più o meno grosse.
LA SETTIMANA SCORSA PARLANDO CON DUE DELLE MIE ALUNNE PIÙ AFFEZIONATE (GIUNTE ALL'ULTIMO ANNO DI CORSO DI ITALIANO) LUCINDA E YAMICELA, ABBIAMO RICORDATO ALCUNE DI QUESTE PROFESSIONI CHE PER FORTUNA, MA SOLO IN PARTE, HO AVUTO MODO DI CONOSCERE, PUR ESSENDO ANCORA "GIOVANISSIMO"...
Aggiustare una sedia,
riparare un ombrello, affilare un coltello, farsi tingere una stoffa per poi
riciclarla.
Eppure, se per un attimo chiudessimo gli occhi e ci lasciassimo
trasportare indietro nel tempo e pensassimo ad un mondo senza il frastuono
delle auto e delle moto, sicuramente potremmo immaginare di sentire il
fischiettare del contadino mentre arava i campi, del falegname, il sordo
battere sull'incudine del fabbro, l'ombrellaio, l'arrotino, l'impagliatore di
sedie, lo stagnino, il tintore, la tessitrice, le mondine sempre con i piedi in
ammollo, ma sempre cantando...
Ciabattini, fabbri e
maniscalchi, ramai, impagliatori di sedie, e persino chi sterilizzava i cavalli e i buoi con delle spaventose tenaglie.
L'uomo del ghiaccio,
arrivava in estate con una carretta con grossi blocchi di ghiaccio che vendeva,
perchè non c'erano ancora i frigoriferi... e i ragazzini gli correvano dietro
per rubare le schegge di ghiaccio trasparente, sembravano buonissime.... anzi
erano buonissime...
Di tanto in tanto passava il materassaio con l'attrezzatura e si
piazzava nel cortile.
Lo spazzacamino, sempre con le mani nere (e non solo...).
I funai che costruivano corde più o meno grosse.
I carbonai (nella foto pesando il carbone a mano)
Il palombaro...
Il rilegatore di libri e lo scrivano. Attività svolte oggi, prevalentemente in antichi monasteri, da pazienti monaci.
e ovviamente tanti altri...
e ovviamente tanti altri...
venerdì 30 novembre 2012
GRAZIA DELEDDA: SENSIBILITÀ E INTROSPEZIONE
PREMIO NOBEL NEL 1926, QUESTA SCRITTRICE CI RICORDA DA VICINO JORGE AMADO, CON I PERSONAGGI TIPICI DI QUESTE TERRE, LE AMBIENTAZIONI, I COLORI: SARDEGNA E BAHIA SONO PIÙ ...VICINE.
Maria Grazia Cosima Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) è
stata una scrittrice e traduttrice italiana, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1926.
Nacque a Nuoro in Sardegna, quinta di sette tra figli
e figlie, in una famiglia benestante. Il padre, Giovanni Antonio, era un
imprenditore e agiato possidente; fu poeta improvvisatore e sindaco di Nuoro
nel 1892. La madre, Francesca Cambosu, era una donna religiosissima e allevò i
figli e le figlie con estremo rigore morale. Dopo aver frequentato le scuole
elementari, Grazia Deledda venne seguita privatamente da un professore ospite
di una parente della famiglia Deledda che le impartì lezioni di italiano,
latino e francese (i costumi del tempo non consentivano alle ragazze
un'istruzione oltre quella primaria e, in generale, degli studi regolari).
Successivamente approfondì, da autodidatta, gli studi letterari. Il suo
itinerario rimane sempre assai personale, senza scosse, senza forti mutazioni
di rotta e bruschi aggiornamenti, anche dopo il trasferimento, nel 1900, a
Roma, dove risiede per il resto della sua vita.
A 24 anni pubblicò il suo primo romanzo: "Anime
oneste" e collaborò con diverse riviste. Nel 1900, sposò Palmiro Madesani,
funzionario del Ministero delle Finanze, conosciuto a Cagliari e si trasferì a
Roma dove rimase per il resto della sua vita.
La sua opera fu apprezzata da Luigi Capuana e Giovanni
Verga e fu presto confermata come scrittrice, riconosciuta e stimata anche
all'estero.
Il sapore vagamente verista della sua produzione le
procurò le antipatie degli abitanti di Nuoro, in cui le storie erano
ambientate. I suoi concittadini erano infatti dell'opinione che descrivesse la
Sardegna come terra rude, rustica e quindi arretrata. In realtà non era
intenzione della Deledda assumersi un impegno sociale come quello che spesso
caratterizzò il Verismo. Il realismo della Deledda assorbe e in certa misura,
metabolizza anche ciò che contraddice al realismo. Sogno, magia, religione,
pesano sugli eventi quanro e più delle cause sociali ed economiche.
Parallelamente, la ricerca di um bello scrivere mediano, affine a um livello
discorsivo colto, ma senza dimenticare di qualche classicismo, fa sì che le pagine
della Deledda, anche quelle più nude, appaiano piene di apporti, denunciando
uma sorta di horror vacuo, di perenne inglobazione di elementi.
In una sua lettera scrive: "Leggo relativamente
poco, ma cose buone e cerco sempre di migliorare il mio stile. Io scrivo ancora
male in italiano - ma anche perché ero abituata al dialetto sardo che è per se
stesso una lingua diversa dall'italiana".
Quella della Deledda era una scrittura moderna che ben
si adattava alla narrazione cinematografica, infatti dai suoi romanzi vennero
tratti diversi film già nei primi anni dieci del XX secolo.
La relazione tra la Deledda e i russi è ricca e
profonda, legata principalmente a Tolstoj, si inoltra nel mondo complesso anche
degli altri contemporanei: Gor'kij, Anton Čechov e quelli del passato più
recente, Gogol', Dostoevskij e Turgenev.
Grazia Deledda (1871-1936) è scrittrice fondamentale
nella storia della letteratura italiana del Novecento; è quindi censita in Le
Autrici della Letteratura Italiana.
Opere principali:
Racconti sardi (1895)
Anime oneste (1895)
La via del male (1896)
Elias Portolu (1900)
Cenere (1903)
Nostalgie (1905)
L'edera (1908)
Canne al vento (1913)
Marianna Sirca (1915)
La madre (1920)
La fuga in Egitto (1925)
Il sigillo d'amore (1926)
Annalena Bilsini (1927)
Il paese del vento (1931)
Cosima (1937) pubblicato postumo
Il cedro del Libano (1939) pubblicato postumo
Il pastore delle anatre (1961)
Riduzioni cinematografiche:
Cenere 1916, regia di Febo Mari, con Eleonora Duse.
Il 15 agosto 1936 la Deledda muore a causa di un
tumore maligno, lasciando incompiuta la sua ultima opera: Cosima, quasi Grazia.
La sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (Santu
Predu), è adibita a museo.
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