domenica 29 dicembre 2013

I COMICI ITALIANI: ISTINTO NATURALE (1^ parte)

LA COMICITÀ ITALIANA È DA SEMPRE UNA GRANDE CARATTERISTICA DEL POPOLO ITALIANO. A PARTIRE DAI GIULLARI DI CORTE FINO AI GIORNI NOSTRI, IRONIA E SARCASMO HANNO SEMPRE ACCOMPAGNATO LE VICISSITUDINI DEL “BELPAESE”.


 PARTENDO DAI PRIMI ANNI DEL SECOLO SCORSO RIPERCORRIAMO ALLORA, QUELLI CHE SONO STATI I GRANDISSIMI E INTRAMONTABILI RE DELLA RISATA !!




GILBERTO GOVI
         Gilberto Govi, simbolo ed emblema del teatro genovese, nasce il 22 Ottobre 1885 da una famiglia di origine mantovana;
   
     Appassionato di teatro recita fin da ragazzino e l'amore per questa forma d'arte lo induce ad iscriversi all'Accademia filodrammatica italiana; inizia ad esibirsi nei maggiori teatri genovesi, tentando la prima sortita a Torino nel 1917. Il successo a livello nazionale arriva nel 1923.
       La sua prima tournée all'estero è in America Latina nel 1926. 
     Govi presenta sui palcoscenici di tutto il mondo 78 commedie (alcune delle quali registrate dalla televisione italiana e incise anche su vinile) tra le quali si ricordano "Pignasecca e Pignaverde", "Colpi di timone", "Maneggi per maritare una figliola".
     La carriera di Gilberto Govi lo vede impegnato anche in quattro film: "Colpi di timone" (1942), "Che tempi!" (1947), "Il diavolo in convento" (1950), "Lui, lei e il nonno" (1961).
  La sua comicità senza tempo e frizzante come una gassosa, rimane unica nel tempo e la sua indole comica, la sua mimica e le sue espressioni, varcano le soglie del tempo.

        Gilberto Govi morì a Genova il 28 aprile 1966.
ETTORE PETROLINI
Ettore Petrolini  nasce a Roma il 13 gennaio del 1884. Già nella prima infanzia si esibisce in piccoli siparietti nella bottega del padre e in quella del nonno falegname. Da bambino frequenta piazze e localini che fanno da palcoscenico alle sue esibizioni, espressione solare della sua gran voglia di divertirsi.
 Nel 1903 conosce la quindicenne Ines Colapietro, che assieme alla sorella Tina cantava al Gambrinus, e con lei, dalla quale avrà anche dei figli, divide la vita e il lavoro per tanti anni. Nel 1907 vengono scritturati per una tournée in Sudamerica (cui ne seguirono altre negli anni successivi), il cui successo fu tale che, al ritorno a Roma, l’artista viene scritturato da Giuseppe Jovinelli per il suo nuovo teatro. Petrolini diviene popolarissimo. Nel 1915 costituisce una sua compagnia di varietà, con la quale mette in scena le prime riviste. Petrolini si rivela non solo un bravo attore, ma anche un prolifico e fantasioso drammaturgo, capace di nobilitare anche creazioni altrui. Alla base del suo repertorio c’è la ‘macchietta’, alla quale dà lustro, creando personaggi ben delineati e di spessore, che diventano punto di riferimento per il teatro comico dell’epoca e non solo. Ricordiamo: ‘Gigi er bullo’, ‘Sor Capanna’, ‘i Salamini’, ‘Fortunello’, tanto amato dai Futuristi, con i quali, seppur burlandosi di loro negli “Stornelli maltusiani”, collabora, come in “Radioscopia di un duetto”, trasposto cinematograficamente nel 1918 da Mario Bonnard, col titolo “Mentre il pubblico ride”, con Petrolini e Niny Dinelli. Riguardo al suo lavoro diceva: ”Imitare non è un arte perché se così fosse ci sarebbe arte anche nella scimmia e nel pappagallo. L’arte sta nel deformare”. Petrolini infatti è il re dello sberleffo, della burla, della satira pungente, caustica, con la quale condanna ipocrisia e malcostume e non risparmia alcuno, né popolani, né potenti e neppure il regime fascista, che criticò con sapiente sarcasmo, anche con ‘Nerone’. Negli anni venti porta in scena numerose commedie, gli scrittori facevano a gara per scrivergli dei testi; nel 1924 porta in scena il fortunato ‘Gastone’, col quale vuole prendersi gioco di alcuni cantanti dell’epoca, pieni di sé, e di molte star del cinema muto, oramai destinato a morire. Petrolini è anche scrittore di testi non teatrali e autore e/o interprete di canzoni di successo, che arricchivano i suoi lavori: indimenticabili ‘Una gita ai castelli’, conosciuta anche come ‘Nannì’, e la famosissima ‘Tanto pe’ cantà’, simbolo di una certa romanità. Con gli anni Trenta arriva il cinema. Seguono anche tournée internazionali in Egitto e nelle principali città europee, che porta un certo immalinconirsi delle sue opere, dove mostra una maggiore pietà per le debolezze umane. Il re del varietà, della rivista, dell’avanspettacolo, il precursore del moderno cabaret, si ritira dalle scene nel 1935 per una grave forma di angina pectoris. Muore il 29 giugno del 1936 a soli 52 anni, senza aver mai perso la verve comica: prima di morire disse “Che vergogna morire a cinquant’anni!”. Con addosso il frac del famoso Gastone, viene sepolto al Cimitero Monumentale del Verano, a Roma.

TOTÒ: IL PIÙ GRANDE...
Figlio illegittimo del principe Giuseppe De Curtis e della giovane Anna Clemente, che solo nel 1921 riusciranno a sposarsi, Totò nasce a Napoli, nel famoso Rione Sanità, nel 1898. Registrato all'anagrafe con il cognome materno, Totò verrà riconosciuto come figlio dal principe soltanto nel 1941. Nel 1933 si farà adottare dal marchese Francesco Maria Gagliardi, che gli trasmetterà i suoi titoli gentilizi. Solo nel 1946, un anno dopo la morte del Principe De Curtis, il Tribunale di Napoli autorizza Totò a fregiarsi del nome e del titolo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero. All'educazione del piccolo provvede la madre, che gli darà il nomignolo di Totò. 
Dopo aver frequentato le scuole elementari, si iscrive al collegio Cimino, dove un suo precettore, tirando di boxe, gli causa quella deviazione del setto nasale che col tempo sarebbe diventata un tratto caratteristico della sua maschera. Dopo il collegio, a 14 anni, abbandona gli studi e prende a recitare in piccoli e scalcinati teatri di periferia imitando il macchiettista Gustavo De Marco. Con lo scoppio della grande guerra, nel 1915, si arruola volontario, ma riesce ad evitare la prima linea fingendo un attacco epilettico. Ed è proprio sotto le armi che conia il celebre motto: « Siamo uomini o caporali?? », originato dall'incontro con un graduato che lo costringeva ai compiti più umili, che in seguito sarà la sua filosofia di vita. Nel 1918, alla fine del confitto, torna a Napoli e comincia a recitare in piccoli teatri con un repertorio di imitazioni. Nel 1922, dopo un clamoroso "fiasco" al Teatro Della Valle di Aversa, decide di lasciare Napoli per Roma. Qui ottiene una scrittura al Teatro Ambra Jovinelli prima, al Teatro Umberto poi, entrambe coronate da un enorme successo. La sua figura di marionetta disarticolata, in bombetta, tight fuori misura, scarpe basse e calze colorate, si consolida ben presto e Totò conserva questo personaggio per tutta la vita. Con la notorietà arrivano anche le relazioni sentimentali. Dopo una sua burrascosa relazione con la cantante del cafè-chantant Liliana Castagnola, iniziata nel 1929 (la donna si sarebbe poi tolta la vita un anno dopo a causa di un litigio), Totò sposa nel 1932 la diciassettenne Daria Rogliani, che nel 1933 dà alla luce una figlia chiamata Liliana, come il suo primo amore scomparso. A causa della tremenda gelosia del comico, il matrimonio viene annullato nel 1940 ma la coppia resterà insieme fino al 1950, separata definitivamente dalle voci di un presunto flirt fra l'attore e Silvana Pampanini, conosciuta sul set del film 47 morto che parla (1950). In preda alla gelosia, l'ex moglie finirà per lasciare il comico e sposare un altro uomo. Ciò ispira a Totò il testo della stupenda canzone Malafemmena. Intanto in Italia, all'inizio degli anni '30, ha un grande successo l'avanspettacolo. Fiutato l'affare Totò diviene impresario e finanziatore della sua compagnia che, fra il 1933 e il 1940, rappresenta in tutta Italia diversi spettacoli. Nel 1940, a Roma, viene messa in scena la rivista Quando meno te l'aspetti, con Anna Magnani e Mario Castellani, che segna l'inizio della collaborazione tra Totò e Michele Galdieri. La Magnani torna a lavorare con Totò in Che ti sei messo in testa??, del 1943. Nel dopoguerra è ancora in teatro come interprete di riviste esilaranti come C'era una volta il mondo (1947) e Bada che ti mangio! (1949), nel quale propone per la prima volta il famoso sketch del "vagone letto". Sul grande schermo aveva esordito nel 1937 col film Fermo con le mani, diretto da Gero Zambuto, dove faceva chiaramente il verso al personaggio del vagabondo di Chaplin. La pellicola nella quale afferma il suo vero personaggio sarà San Giovanni Decollato (1940), tratta dall'omonima commedia di Martoglio. In seguito partecipa ad altri film, ma solo con I due orfanelli (1947) e Fifa e arena (1948) otterrà il vero e meritato successo cinematografico. Seguono altri stupendi film, come Totò le Mokò (1949), Totò cerca casa (1949), Totò sceicco (1950) e Napoli milionaria (1950). I lazzi, gli sberleffi, la mirabile capacità gestuale, si completano al cinema con l'uso di un linguaggio che si rinnova in continuazione attingendo con intelligente tempismo ad inflessioni dialettali, a paradossali giochi di parole e ad espressioni tratte dalla vita quotidiana. Nel 1951, per l'interpretazione del film Guardie e ladri, di Steno e Monicelli, riceve il Nastro d'argento e la Maschera d'argento. In seguito è il magnifico interprete di esilaranti pellicole, come Totò a colori (1952), primo film italiano a colori nel quale propone lo sketch del "vagone letto", Miseria e nobiltà (1954),L'oro di Napoli (1954), Siamo uomini o caporali? (1955) e Totò, Peppino e la... malafemmina (1956), nel quale c'è l'indimenticabile scena della dettatura della lettera fra Totò a Peppino De Filippo. Intanto nel 1952, grazie ad un giornale, conosce Franca Faldini, con la quale vivrà fino alla morte. Nel '56, dopo una lunga parentesi cinematografica, Totò torna in teatro con la rivista A prescindere. Purtroppo mentre recita a Palermo viene colpito da un male agli occhi e, nonostante non riesca più a vedere, recita fino all'ultimo. Si tratta di "corioretinite emorragica essudivante a carattere virale", ed è probabilmente causata da una precedente polmonite mal curata. Pian piano le condizioni migliorano, ma il grande comico ha timore che "il telefoni non squilli più". Invece il regista Camillo Mastrocinque lo vuole come protagonista diTotò, Vittorio e la dottoressa (1957), divertente commedia accanto a Vittorio De Sica. A questo film seguiranno altri successi, come I soliti ignoti (1958), Totò a Parigi (1958), Signori si nasce (1960), Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi (1960 con Aldo Fabrizi) e I due marescialli (1961). Una grande occasione gli viene offerta da Alberto Lattuada, che lo dirige ne La mandragola (1965), tratto dall'opera di Machiavelli, nella quale veste i panni del corrotto fra Cristoforo. L'anno seguente avviene l'importante incontro col regista Pier Paolo Pasolini. Il primo frutto del loro incontro sarà il film Uccellacci e uccellini (1966). Nella rappresentazione del film Totò ha un senso profondo di disillusione, tristezza e malinconia, legato alla descrizione della realtà del suo tempo. Il comico nel film si fa scoprire dal pubblico come attore di gran sensibilità e intelligenza, in un ruolo che incarna una gran capacità di sarcasmo e riserva anche momenti di profonda commozione. Per questa interpretazione si aggiudica il Globo d'oro. Con Pasolini Totò girerà ancora gli episodi "La terra vista dalla luna", dal film Le streghe (1967), e "Che cosa sono le nuvole?", dal film Capriccio all'italiana (1968). Da ammirare è anche la sua attività di poeta: dalla sua penna scaturiscono straordinarie poesie che spesso rispecchiano la sua vena napoletana malinconica. La più famosa è certamente 'A livella. Poco prima di morire il regista Daniele D'Anza lo vuole come protagonista della serie televisiva "Tutto Totò", che comprende nove divertentissimi telefilm, nei quali ripropone il meglio del suo repertorio teatrale. 
Il 15 aprile 1967, intorno alle tre e mezzo del mattino, dopo un susseguirsi di vari attacchi cardiaci, Totò si spegne. Quel giorno se n'era andato il più grande comico italiano di tutti i tempi.

ALDO FABRIZI
Aldo Fabrizi nasce a Roma il 1° novembre del 1905.
La madre resta vedova a trentasette anni. Aldo, che ha 11 anni, è costretto a lasciare la scuola e, per aiutare la famiglia, si adatta a fare qualsiasi mestiere: facchino, vetturino, tipografo, falegname, portiere e tanti altri.
Comincia ben presto a scrivere poesie e testi di canzoni che lo avvicinarono al mondo del teatro e dello spettacolo.
Nel 1928 lavora nella redazione del giornale Rugantino e scrive poesie dialettali che pubblica quasi quotidianamente.
Alla fine del 1929 conosce in un teatro la cantante romana Beatrice Rocchi, in arte Reginella, cui era stata affidata l’interpretazione di alcune canzoni di Fabrizi; a lui piacque subito, soprattutto la voce: la più bella del mondo. Lei era famosa, cantava nei teatri più importanti di Roma. Si fidanzarono ed iniziarono a cantare insieme in vari teatri di tutta Italia.
Nel 1932 sposa finalmente la sua “Reginella” che in seguito lascia definitivamente il palcoscenico, per dedicarsi alla casa e ai due figli gemelli Wilma e Massimo. Padrino del battesimo Federico Fellini, che diventerà sceneggiatore dei suoi primi film.
Il mondo del cinema apre le porte a Fabrizi con “Avanti c’è posto” del 1942 e “Campo de’ Fiori” del 1943 ed arriva subito il successo. Ma il neorealismo lo renderà celebre nel mondo attraverso il film di Roberto Rossellini: “Roma città aperta” del 1945.
Seguono molti altri film che ingrandiscono la sua popolarità. Negli anni ’50 è lui stesso regista di nove film e nel teatro è memorabile la sua interpretazione del boia di Roma, Mastro Titta, nel Rugantino di Garinei e Giovannini (anni ’60).
Ottiene il Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista del film di Ettore Scola “C’eravamo tanto amati”, basato sugli ultimi giorni dell’occupazione di Roma da parte delle milizie naziste alla fine della seconda guerra mondiale.
Gli piaceva mangiare e scherzava sul suo fisico imponente, evidente prova della sua passione per il cibo, principalmente per i piatti caratteristici della cucina romana; testimoniano questa sua passione due raccolte di poesie, “La Pastasciutta” del 1971 e “Nonna Minestra” del 1974.
Nel 1983 muore la moglie Reginella e dal quel momento si chiude sempre di più in casa.
Il 2 aprile del 1990 Aldo Fabrizi muore. Aveva da pochi giorni ricevuto un David di Donatello alla carriera.
Fabrizi è considerato uno dei migliori comici romani, l’anima di Roma; in quanto si trovava perfettamente a suo agio nei ruoli brillanti così come in quelli drammatici. Del popolo romano l’attore ha canzonato, in oltre cinquant’anni di carriera, cattive abitudini e debolezze, con quella sua comicità cinica e senza illusioni.


MACARIO
Erminio Macario nasce a Torino il 27 maggio 1902; le condizioni economiche della famiglia lo costringono a lasciare la scuola per lavorare. Comincia a recitare fin da bambino nella compagnia filodrammatica della scuola; a diciotto anni entra a far parte di una compagnia che si esibisce nelle fiere paesane. L'anno di esordio nel teatro di prosa è il 1921.

E' il 1925 quando viene notato dalla grandissima Isa Bluette che lo chiama a far parte della sua compagnia di rivista. Erminio Macario si costruisce nel tempo una comicità personale e una maschera clownesca le cui caratteristiche più appariscenti sono un ciuffo di capelli sulla fronte, gli occhi arrotondati e la camminata ciondolante; i suoi personaggi sono caratterizzati inoltre da un adattamento del dialetto torinese.
Interprete di una comicità dal candore surreale, Macario incarna la maschera di una comicità innocente. Accanto alla Bluette Macario intuisce che il successo di uno spettacolo consiste soprattutto nella presenza sulla scena di donne avvenenti, belle e soprattutto dalle gambe lunghe. Il comico è ben consapevole dell'efficacia del contrasto tra il candore e la semplicità della propria maschera e il sottinteso erotico delle belle soubrette che lo affiancano sulla ribalta, sfilando seminude in una nuvola di cipria, per la gioia degli sguardi del pubblico.
Nascono così le famose "donnine" che si chiameranno via via, Wanda Osiris, Tina De Mola, Marisa Maresca, Lea Padovani, Elena Giusti, Isa Barzizza, Dorian Gray, Lauretta Masiero, Sandra Mondaini, Marisa Del Frate.

Nel 1930 Macario forma una sua compagnia di avanspettacolo con cui girerà l'Italia fino al 1935. Il comico è minuto, scompare tra le sue donnine; la sua parlata dialettale che inciampa nelle consonanti decreta il suo successo: viene consacrato come "Re della rivista". Nel 1937 scrittura Wanda Osiris insieme alla quale mette in scena una delle prime commedie musicali italiane, "Piroscafo giallo" di Ripp e Bel-Ami, debuttando al Teatro Valle di Roma.
Nel 1938 nasce il grande amore per la bellissima sedicenne Giulia Dardanelli che ben presto diviene la sua seconda moglie.
Parallelamente, ad una prima e sfortunata esperienza cinematografica con "Aria di paese" (1933), fa seguito nel 1939 il grande successo di "Imputato, alzatevi" diretto da Mario Mattoli e sceneggiato da grandi umoristi come Vittorio Metz e Marcello Marchesi.
Per tutti gli anni '40 Macario sforna in teatro un successo dietro l'altro. Memorabili restano le riviste "Febbre azzurra" (1944-45), scritta in collaborazione con l'inseparabile Mario Amendola, "Follie d'Amleto" (1946), "Oklabama" (1949) e tante altre. Nel 1951 il comico conquista anche Parigi con "Votate per Venere" di Vergani e Falconi, grande e lussuosa rivista femminile. Tornato a Roma, Macario tenta di estendere le sue attività alla produzione cinematografica, realizzando il film "Io, Amleto" (1952). Questa sua idea però fallisce e il film è un disastro. Nonostante l'esito fallimentare non si da per vinto e riscuote con le sue riviste successive un grande successo di pubblico. C'è né una che lo ricompensa ampiamente con successo di incassi di oltre un milione di lire al giorno: è la rivista "Made in Italy" (1953) di Garinei e Giovannini, che segna il suo ritorno in coppia con la "divina" Wanda Osiris.
Dalla metà degli anni '50 le riviste cedono il posto alle nuove commedie musicali e si affermano nuovi gusti e tendenze. Il comico piemontese si dedicherà alla commedia musicale accanto a grandissime primedonne qualiSandra Mondaini e Marisa Del Frate con le quali realizza indimenticabili spettacoli come "L'uomo si conquista la domenica" (1955), "E tu, biondina" (1957) e "Chiamate Arturo 777" (1958).
Nel 1957 il cinema gli offre una grande prova: il regista e scrittore Mario Soldati lo vuole nel film "Italia piccola", nel quale Macario si offre nell'inconsueto ruolo di attore drammatico, dimostrando ancora una volta una notevole versatilità. Il regista da così modo al comico di dimostrare una volta di più che dietro alla sua maschera si nasconde un attore completo e dalle grandi potenzialità. Da allora tornerà spesso sullo schermo, soprattutto accanto all'amico Totò, col quale gira sei film campioni di successo al botteghino.

Macario accetta quel pacchetto di lavoro per stare vicino a Totò che in difficoltà con la vista, esprime il desiderio di avere al suo fianco l'amico fidato con cui stabilire, in totale tranquillità d'animo, le battute, le gag e le scenette. Impegna gli ultimi anni nella creazione di un suo teatro in via Maria Teresa, a Torino: nel 1977 decide di inaugurarlo misurandosi col grande Molière, realizzando un'esilarante rivisitazione della commedia "Il medico per forza", ma le lungaggini burocratiche gli impediranno la realizzazione di questo sogno. Anziano, continua la sua attività teatrale: l'ultima replica dello spettacolo "Oplà, giochiamo insieme" è del gennaio 1980. Durante la rappresentazione Erminio Macario accusa un malessere che si scoprirà essere un tumore. Si spegne il 26 marzo 1980, nella sua Torino.

RENATO RASCEL
Renato Rascel, al secolo Renato Ranucci è nato a Torino nel 1912. E' uno dei monumenti del teatro leggero italiano, purtroppo oggi un po' dimenticato. Nella sua lunghissima carriera (è morto a Roma nel 1991), ha spaziato dall'avanspettacolo alla rivista, dalla commedia musicale, all'intrattenimento televisivo e radiofonico, coprendo in pratica tutti gli spazi che lo spettacolo ha mutevolmente occupato nell'arco di quasi un secolo.
Si può dire che Rascel lo spettacolo lo avesse in qualche modo nel sangue, se si tiene in considerazione il fatto che i suoi genitori erano cantanti d'operetta. Fin da piccolo, quindi, si ritrovò a calcare i palcoscenici di compagnie filodrammatiche e teatrali, senza trascurare generi più "nobili" come il coro di voci bianche allestito dal compositore don Lorenzo Perosi (un altro illustre dimenticato della smemorata Italia).
Dotato di una carica umana non indifferente e di una simpatia travolgente, fa le sue prime esperienze importanti poco più che adolescente. Suona la batteria, balla il tip-tap e, appena diciottenne, prende parte al trio delle sorelle Di Fiorenza come cantante e ballerino. Nel 1934 viene notato dagli Schwartz e debutta, come Sigismondo, in "Al Cavallino bianco" . Poi torna con le Di Fiorenza, e poi con Elena Gray e parte per una tournée in Africa. A partire dal 1941 fonda uan compagnia propria, insieme a Tina De Mola, allora sua moglie, con testi di Nelli e Mangini, di Galdieri e infine di Garinei e Giovannini.
Grazie a queste esperienze ha la possibilità di mettere a punto un suo personaggio caratteristico, quello per cui sarà di fatto riconosciuto dal pubblico in modo infallibile. Si tratta della macchietta del piccoletto mite e distratto, stralunato e quasi inadatto a stare al mondo. Elabora sketch e canzoni che sono autentici capolavori del genere della Rivista, in compagnia di sodali e amici rimasti poi nel tempo (su tutti, Marisa Merlini, e gli immancabili autori Garinei e Giovannini). Nel 1952 è la volta di uno spettacolo che otterrà un clamoroso successo e che lo conferma una volta di più beniamino del pubblico. Si tratta di "Attanasio cavallo vanesio", a cui farà seguito "Alvaro piuttosto corsaro" altro successo travolgente. Sono spettacoli che vanno in scena in un'Italia segnata dalla fine dell'ultima guerra mondiale, vogliosa di svago e di divertimento ma che non dimentica gli episodi amari e il sarcasmo. Rascel continua sulla stessa strada, sfornando titoli con continuità, tutti segnati dal suo stile raffinato e candido. Eccolo applaudito in "Tobia la candida spia" (i testi continuano a essere di Garinei e Giovannini), "Un paio d'ali" (uno dei sui maggiori successi in senso assoluto) e, nel 1961, "Enrico" studiato con i soliti fidati autori per celebrare il centenario dell'unità d'Italia. Da segnalare, ad ogni modo, che i rapporti di Rascel con Garinei e Giovannini, al di là delle apparenze e della solida stima, non sono mai stai propriamente idilliaci.
Per quanto riguarda il cinema, l'attività di Rascel prende il via nel 1942 con "Pazzo d'amore", per proseguire in tutti gli anni '50 con una serie di titoli non proprio memorabili. In queste pellicole, infatti, l'attore tende a ripercorrere pedissequamente gli sketch e le macchiette applaudite a teatro, senza un vero sforzo inventivo e senza tener conto delle peculiarità del nuovo e diverso mezzo di comunicazione.
Fanno eccezione "Il cappotto" (tratto da Gogol'), non a caso girato sotto la regia di Alberto Lattuada o "Policarpo ufficiale di scrittura", diretto da un altro mostro sacro del macchina da presa (nonché della letteratura), Mario Soldati. Da segnalare la grande interpretazione di Rascel nei panni del cieco Bartimeo nel "Gesù di Nazareth" di Zeffirelli. Si è trattato di un "cammeo" reso da Rascel con tono estremamente drammatico e commovente senza essere patetico.
Una curiosità derivata da tale partecipazione è rappresentata dal fatto che nelle piscine di Lourdes è ora effigiata in un mosaico proprio quella scena, utilizzando come modelli l'attore americano Powell (che nel film era Gesù), e proprio Rascel nei panni del cieco.
Infine, l'attività musicale. Si tende a dimenticare che Rascel ha scritto moltissime canzoni, alcune della quali sono entrate di diritto nel repertorio popolare e hanno avuto diffusione in tutto il mondo. Fra i molti titoli, "Arrivederci Roma", "Romantica", "Te voglio bene tanto tanto", "E' arrivata la bufera" ecc.
Infiniti i programmi alla radio che sarebbe lunghissimo ricordare. Per la televisione invece ha interpretato "I Boulingrin" di Courteline e "Delirio a due" di Ionesco e nel '70, sempre in tv, "I racconti di padre Brown" da Chesterton. Inoltre ha scritto le musiche per l'operetta "Naples au baiser de feu". Anticipatore della comicità surreale, Rascel ha rappresentato il versante nobilmente popolare della commedia, capace di piacere a tutti senza mai cadere nella volgarità o nel facile qualunquismo.

PEPPINO DE FILIPPO
Fratello minore di Titina ed Eduardo, figlio naturale di Eduardo Scarpetta e Luisa De Filippo, esordisce giovanissimo nella compagnia diVincenzo Scarpetta, ma ben presto la sua inquietudine lo porta a passare in formazioni dialettali secondarie, dove ha modo di farsi le ossa. Dopo aver raggiunto una certa fama, agli inizi degli anni '30 decide di formare - assieme ad Eduardo e Titina - la compagnia del Teatro Umoristico I De Filippo, destinata a riscuotere grandi successi grazie a commedie scritte da loro stessi (la più celebre delle quali resta la straordinaria Natale in casa Cupiello): il sodalizio dura sino al 1944, sempre sostenuto da un enorme consenso di pubblico. 
Peppino fa il suo esordio nel cinema, assieme ad Eduardo, con Tre uomini in frack (1932) di Mario Bonnard: sino al '44, saranno rare le occasioni in cui compare da solo. Finita la seconda guerra mondiale, divisi i suoi destini da quelli di famiglia, egli intraprenderà una propria strada autonoma sia in teatro sia al cinema: sul grande schermo, in verità, concedendosi sovente a prodotti commerciali poco adatti a metterne in luce le non comuni qualità. Fanno eccezione Luci del varietà (1950) di Fellini/Lattuada, dove è uno straordinario capocomico; Policarpo, ufficiale di scrittura (1959) di Mario Soldati, in cui indossa i panni d'un pignolo capoufficio; Le tentazioni del dottor Antonio, episodio di "Boccaccio '70" (1961) ancora firmato da Fellini, che lo vede ragioniere moralista e bigotto. Ma i risultati migliori li ottiene senza dubbio nel sodalizio quasi decennale con Totò, che produce tra il '55 ed il '63 ben 14 pellicole: l'unico Nastro d'argento della sua carriera gli viene assegnato quale attore non protagonista per Totò, Peppino e i fuorilegge(1956). Successivamente, si dedica al palcoscenico ed alla riduzione per la televisione di alcuni suoi testi teatrali; conoscendo, in tivvù, un momento di eccezionale popolarità col personaggio di Gaetano Pappagone, nella "Canzonissima" 1966-67.
(fonte internet)


Tra gli altri dello stesso periodo, ricordiamo anche: Paolo Panelli, Alighiero Noschese, Carlo Dapporto e Nino Taranto.

Vi aspettiamo per la seconda parte...



mercoledì 25 dicembre 2013

BUON NATALE !!!

BUON NATALE A TUTTI I LETTORI DEL BLOG.

LASCIO UNA RIFLESSIONE DI "QUALCHE" ANNO FA DI TAULERO.

«Ed ecco, sarai muto» (Giovanni Taulero - ca 1300-1361) 

A Natale, celebriamo una triplice nascita... 
La prima e più sublime nascita è quella del Figlio unigenito, generato dal Padre nell’essenza divina, nella distinzione delle persone. 
La seconda nascita è quella che si compie in una madre che, nella sua fecondità, ha custodito la purezza assoluta della sua castità verginale.
La terza è quella in cui, ogni giorno e in ogni cosa, Dio nasce in verità, spiritualmente, mediante la grazia e l’amore, in un’anima buona...
Per questa terza nascita, non deve rimanere in noi nulla se non una ricerca semplice e pura di Dio senza più alcun desiderio di possedere qualcosa di nostro..., con la sola volontà di appartenere a lui, di fargli posto il più possibile, soli con lui, affinché egli possa compiere la sua opera e nascere in noi senza che lo ostacoliamo...
Per questo Sant’Agostino ci dice: “Svuotati per poter essere riempito; esci per poter entrare”, e altrove: “O tu, anima nobile, nobile creatura, perché cerchi fuori di te ciò che è dentro di te, interamente, nel modo più vero e più manifesto? E poiché partecipi della natura divina, cosa ti importano le cose create, e cosa hai a che fare con esse?” .
Se l’uomo preparasse in questo modo il posto nel fondo del suo essere, Dio, senz’alcun dubbio, sarebbe costretto a riempirlo totalmente; altrimenti sarebbe piuttosto il cielo a rompersi per riempire questo vuoto.
Dio non può lasciare le cose vuote; sarebbe contrario alla sua natura, alla sua giustizia.
Per questo devi tacere; allora il Verbo di questa nascita, la Parola di Dio, potrà essere pronunciato in te e tu potrai sentirlo.
Ma sii ben certo che se vuoi parlare, Egli deve tacere.
Non possiamo servire meglio il Verbo che nel tacere e nell’ascoltare.
Se dunque esci completamente da te stesso, Dio entrerà completamente; tanto tu uscirai, tanto Egli entrerà, né più, né meno.

(Omelia per il Natale)




venerdì 20 dicembre 2013

IL FORTE DI FENESTRELLE: IL PIÙ LUNGO D'EUROPA

A POCHI CHILOMETRI DA TORINO, NELLA VAL CHISONE, PER ANDARE IN FRANCIA, TROVIAMO UNA BELLEZZA UNICA IN ITALIA ED EUROPA: IL FORTE DI FENESTRELLE, COSTRUITO A PARTIRE DAL 1727 E CONCLUSO DOPO 122 ANNI DI LAVORI. SI PUÒ CONSIDERARE UN GIOIELLO DELL'ARTE DIFENSIVA; OGGI È UN SIMBOLO DELLA PROVINCIA DI TORINO.



Il forte di Fenestrelle è la più grande struttura fortificata d’Europa, uno degli edifici militari più imponenti, estesi ed importanti al mondo, tanto da essere chiamato anche “la grande muraglia piemontese”. Si tratta di un’opera colossale composta da tre forti (Forte San Carlo, Tre Denti e Delle Valli), sette ridotte, due batterie, venti risalti, polveriere, cannoniere e magazzini.
Tutti questi elementi del complesso di Fenestrelle sono collegati tra loro addirittura da due scale: una interamente coperta di oltre 4.000 gradini scavata in galleria artificiale, l’altra (detta “scala reale“) all’aperto, voluta da Carlo Emanuele III, con circa 2.550 gradini e lunga circa 2 Km.

Con le sue mura, batterie, ridotte e scale, la struttura di Fenestrelle parte dal fondovalle e sale lungo la montagna percorrendo oltre 3 Km ed un dislivello di 635 metri, coprendo una superficie di 1.300.000 mq.
Il forte fu voluto da re Vittorio Amedeo II per difendere il Piemonte dagli attacchi dei Francesi, che si erano già rivelate più volte alquanto pericolose per il Piemonte. La costruzione del forte ebbe inizio nel 1728 dalla cima della montagna e terminò 122 anni dopo quando, nel 1850, raggiunse praticamente il fondo valle.

L’imponenza del complesso e la lunghezza delle mura risultarono sempre talmente impressionanti da aver scoraggiato in partenza ogni tentativo di attacco da parte nemica. Di conseguenza, al forte di Fenestrelle non è mai stato sparato neanche un colpo in battaglia, ma venne al massimo utilizzato come prigione militare. Per un certo periodo (dal 1860 al 1870 circa) il forte fu anche usato come una specie di campo di concentramento dove vennero rinchiusi i prigionieri politici (prevalentemente del centro e del sud Italia) che si opponevano alla realizzazione dell’unità del Paese.
La fortezza è visitabile dai turisti che devono scegliere tra le diverse tipologie proposte:
1. La “Passeggiata reale” con partenza alle ore 9 del mattino, pranzo al sacco e rientro nel pomeriggio (verso le ore 16 circa). Si tratta della visita completa alla fortezza, anche se con un taglio escursionistico. Si visita in modo meno approfondito il Forte San Carlo, ma si percorre per intero la meravigliosa e panoramica Scala Reale con i suoi 3.000 gradini collocati sul tetto della famosa Scala Coperta.
2. La passeggiata dentro le mura: dura tre ore, con partenza due volte al giorno (alle ore 10 del mattino e alle 15 del pomeriggio). In questo itinerario si approfondisce la visita interna della fortezza, privilegiando e approfondendo la storia e la cultura della fortezza e della valle, ma percorrendo solo un tratto della Scala Reale.
3. Visita al San Carlo: per i turisti di passaggio con poco tempo a disposizione o per coloro che ritengono troppo impegnativi i due precedenti itinerari. La visita si concentra su uno dei forti (il Forte San Carlo), soffermandosi sulla Piazza d’Armi e sui palazzi, sulla Chiesa e sulle tenaglie occidentali.
4. Visita guidata di 1 ora al Forte e visita libera alla collezione degli Animali del Governatore.
5. Visita guidata di 3 ore al Forte e visita libera alla collezione degli Animali del Governatore.
Il noto scrittore Edmondo De Amicis, riferendosi al Forte di Fenestrelle, scrisse:
“Uno dei più straordinari edifizi che possa aver mai immaginato un pittore di paesaggi fantastici: una sorta di gradinata titanica, come una cascata enorme di muraglie a scaglioni, un ammasso gigantesco e triste di costruzioni, che offriva non so che aspetto misto di sacro e di barbarico, come una necropoli guerresca o una rocca mostruosa, innalzata per arrestare un’invasione di popoli, o per contener col terrore milioni di ribelli. Una cosa strana, grande, bella davvero. Era la fortezza di Fenestrelle.”

 tratto da "Pinerolo e dintorni"



Un altro bellissimo video sul Forte:
http://youtu.be/zu2GQMRh9V0




sabato 14 dicembre 2013

LE TERME ITALIANE: LA SALUTE PARTE DALL'ACQUA.


LE TERME IN ITALIA SONO PRESENTE IN TUTTE LE REGIONI ITALIANE A PARTIRE DA QUELLE FAMOSE DI FIUGGI, SATURNIA, CHIANCIANO, LURISIA, ABANO, AQUI, FINO AD ALCUNE MISCONOSCIUTE COME QUELLE IN VAL D'AOSTA O SARDEGNA.
I CENTRI TERMALI ORGANIZZATISSIMI E BELLISSIMI, SONO OGGI, DEI VERI E PROPRI CENTRI BENESSERE CON UNA SERIE DI APPARATI MEDICI E ESTETICI VERAMENTE INCREDIBILI: MASSAGGI, FANGHI, PALESTRE, FISIATRI, OSTEOPATI, ECC.
DA PIÙ DI DUEMILA ANNI LE TERME FANNO PARTE DELLO SPLENDIDO TERRITORIO ITALIANO: APPROFITTATENE NELLA VOSTRA PROSSIMA VISITA IN ITALIA




Le Terme in Italia sono famose in tutto il mondo grazie all'efficacia dei trattamenti praticati, ai numerosi servizi offerti, ma soprattutto per le bellezze naturali dei paesaggi in cui sono inserite. Negli ultimi anni, il turismo termale è tornato al centro dell'attenzione grazie anche alla diffusione della cultura del benessere della persona, e di conseguenza, al piacere ed alla necessità, di ristabilire un equilibrio fisico e mentale che spesso viene meno a causa della caoticità della vita quotidiana.

In Italia le proprietà curative delle acque sorgive, erano conosciute già nell'antichità: si fa risalire ad Ippocrate il primo trattato di medicina sullo studio delle acque dal punto di vista scientifico. Non dimentichiamo inoltre che durante l'antico impero romano il fenomeno termale conobbe uno sviluppo enorme. Inizialmente l'uso del bagno aveva un significato prettamente igienico, in un secondo momento, la frequentazione delle terme diventò parte integrante della cultura, luogo di incontro e benessere in senso moderno, e utilizzato anche per usi terapeutici.
Oggi le Terme sono sinonimo di turismo, un turismo rivolto ad un pubblico sempre più ampio. Per questo nelle centinaia di stabilimenti termali e centri benessere che troviamo in tutta Italia, ogni aspetto del soggiorno è curato con particolare attenzione. L'ambiente naturale, la variegata offerta gastronomica, i diversi trattamenti e le proprietà curative delle acque, costituiscono un mix ideale per il raggiungimento di quell'equilibrio psico-fisico che costituisce la base dello star bene della persona.

In questo portale dedicato esclusivamente alle Terme d'Italia, forniremo per ogni regione: le località che ospitano le varie Terme, insieme ad una breve descrizione del luogo e dei dintorni, alla composizione chimica dell'acqua e al suo impiego; l'insieme degli hotel e centri benessere ed infine i diversi trattamenti termali praticati all'interno delle strutture ricettive divisi per tipologia.

Vediamo ora nel dettaglio alcune terme tra le più famose.

Terme Fiuggi
Famose acque termali che sgorgano da due sorgenti: Fonte Bonifacio VIII (dal nome dell'omonimo papa) e Fonta Anticolana (dal nome del paese un tempo Anticoli di campagna, mutato oggi in Fiuggi). Si praticano in particolar modo le cure idropiniche, mentre le patologie curate sono quelle relative all'apparato urinario e delle vie respiratorie.


Composizione dell'acqua:
radioattiva, oligominerale.

Luoghi circostanti:
Cittadina di origine medioevale circondata da boschi di pini e castagni. Nelle vicinanze diverse località d'interesse storico artistico quali Palestrina, Anagni, Cassino.



Abano Terme
Abano Terme è centro termale particolare, non esiste un'unico stabilimento termale, bensì gli alberghi e i centri benessere hanno dei pozzi propri dai quali estraggono l'acqua per i trattamenti e per le piscine termali. Le acque di Abano terme raggiungono il sottosuolo del bacino euganeo dopo un percorso sotterraneo di circa 100 km e della durata di circa 25-30 anni. Le acque ed i fanghi di Abano sono particolarmente indicate per la cura delle malattie reumatiche, dei dolori articolari, nell'osteoartrosi, nei traumi causati da fratture, e per l'apparato respiratorio. Vasta è la gamma dei trattamenti praticati: balneoterapia, idrokinesiterapia, fangoterapia, terapia inalatoria, remise in forme e trattamenti di bellezza e benessere.
Composizione dell'acqua:
acqua salso - bromo iodica e radioattiva.

Luoghi circostanti:
Abano era una stazione termale conosciuta e frequentatata gia dal tempo dell'impero romano come dimostrano i numerosi resti archeologici. Oggi è una graziosa e piacevole cittadina. Merita una visita il colle del Montirone, il Parco regionale dei Colli Euganei, la cittadina di Arquà Petrarca, il borgo di Monselice ed i parchi di Villa Barbarigo. Poco più distanti troviamo Padova, Verona e Venezia.


Terme di Chianciano
Le Terme di Chianciano erano conosciute già al temo degli Etruschi e dei Romani. La leggenda vuole che Sillene, dea della bellezza per gli antichi Etruschi, si celasse nei bagni che era solita fare nelle acque della sorgente che ha poi preso il suo nome. Ancora oggi il territorio mantiene inalterata la sua qualità essenziale: l'acqua.

A Chianciano terme, le acque termali sgorgano da 4 fonti diverse, ognuna delle quali presenta delle proprie caratteristiche e si adatta di conseguenza a specifici trattamenti. Le 4 fonti sono: l'Acqua Santa che si adatta particolarmente a terapie idropiniche, dupurative e disintossicanti; l'acqua di Fucoli, acqua ipotermali che sgorga a 16,5° C. particolarmente indicata per regolarizzare la motilità intestinale, esercitando un'azione antinfiammatoria sulla mucosa gastroduodenale. Abbiamo infine l'Acqua Santissima e l'Acqua Sillene; la prima viene utilizzata per inalazioni e areosolterapia per adulti e bambini, per docce nasali ed insufflazioni; esercita un'azione antinfiammatoria, mucolitica e sedativa sulla mucosa delle prime vie respiratorie e sull'albero bronchiale; la seconda costituisce la base dei fanghi, dei bagni termali e della cosmetica, ingrediente principale di una linea di cosmesi propria delle Terme di Chianciano.

Il moderno ed elegante complesso termale di Chianciano terme (le cui origini risalgono già al XVII secolo) è dotato di un Centro Benessere e un Centro Sanitario: in quest'ultimo, all'interno della strutture ambulatoriali, vengono effettuate le visite di prescrizione delle cure termali da parte di specialisti in medicina termale e gastroenterologia ed è dotato delle più moderne attrezzature.

Il Centro Benessere offre numerose formule innovative per il raggiungimento e mantenimento del benessere psicofisico globale della persona in
un ambiente circondato da verde, sano e incontaminato.

Composizione dell'acqua alle terme di Chianciano:
bicarbonato, solfato, calcica – bicarbonato, alcalino, ferrosa.

Luoghi circostanti le terme di Chianciano:
Situata tra la Val d'Orcia e Val di Chiana, a circa 550 metri sul livello del mare, Chianciano Terme occupa una posizione geografica felice per quanto riguarda sia il clima che la ricchezza naturalistica e storico-culturale. Conserva una grande quantità di verde essendo circondato da colline boscose, di faggi, querce, castagni, di verdi parchi e bellissime ville.
Oltre alle famose acque terapeutiche delle sue terme, Chianciano vanta di numerosi tesori artistici di epoche e culture differenti, dall'epoca etrusca a quella rinascimentale. Tra i monumenti ricordiamo la Torre dell'Orologio e il Tempio della Madonna della Rosa.
Importante anche la visita al Museo delle Acque che testimonia l'antica storia del sito termale. Tra le bellezze naturalistiche, escursioni lungo la Val d'Orcia e Val di Chiana. Oggi Chianciano terme è una delle più famose e antiche località termali d'Europa, dotata di un'ottima capacità ricettiva, ricca di alberghi e altre strutture, capace di offrire un soggiorno distensivo, a diretto contatto con la natura e orientato al benessere psicofisico.
Ricordiamo infine le vicine città d'arte di Pienza, Montepulciano, Siena, Arezzo.

Storia delle Terme dall’antica Roma al 1800
Le strutture tremali oggi occupano un posto molto importante sia per quanto riguarda la cura di alcune malattie, sia per le tecniche di rilassamento e per i numerosi trattamenti per il corpo che vengono offerti; studi recenti hanno confermato che il turismo termale e le richieste di passare qualche giorno nei centri termali per sottoporsi a varie tipologie di cure sono aumentati notevolmente.

In Italia si trovano moltissimi centri termali che vantano origini antichissime, gli stessi romani infatti conoscevano ed apprezzavano le proprietà delle acque delle terme; non spetta però a questo popolo il primato di aver scoperto le qualità delle terme, furono infatti i greci a comprendere che alcune tipologie di acqua, in particolar modo quelle che scaturivano dal sottosuolo e che si caratterizzavano per densi vapori caldi, avevano particolari caratteristiche e per questo gli attribuirono una forte valenza sociale e sacra.

L’importanza che le terme rivestivano in Grecia è testimoniata dalle numerose statue che rappresentano figure femminili che, sotto il getto di acqua di una fontana si bagnano con le acque delle terme; ma la grande diffusione delle terme e la costruzione di bagni e centri termali avvenne in epoca romana.

L’introduzione per mano del popolo romano di centri termali e di bagni procurò effetti sicuramente positivi sia per quanto riguarda l’igiene personale dei cittadini, sia per quanto riguarda la propensione della popolazione a esercizi ginnici e alla cura del corpo.

I primi bagni pubblici non erano molto accoglienti, ma permettevano anche alla povera gente di beneficiare degli effetti curativi delle acque; ben presto, vista la larga adesione che i bagni trovarono tra la gente, vennero costruite numerose altre strutture e già nel 25 a.C. vennero costruite la prime terme che andarono a sostituire i bagni pubblici.

Le terme divennero un luogo estremamente importante per la vita sociale della città e ben presto gli imperatori per ottenere il favore del popolo ridussero notevolmente il costo dell’entrata nelle strutture termali, così da permettere a tutta la popolazione di accedervi. Prima dal III secolo a.C. però, tra il popolo romano non era molto diffusa la cultura del bagno termale e l’igiene personale era molto ridotta e limitata a qualche bagno nel Tevere; sotto l’influenza del popolo greco invece le terme ebbero una vastissima diffusione e, all’interno delle case vennero realizzate delle stanze dedicate alla cura del corpo e all’igiene personale che presero il nome di Balnea, ispirandosi alle Balenae pubbliche.

Queste ultime erano i bagni pubblici ai quali il popolo accedeva per concedersi un bagno; la struttura si componeva di tre parti distinte:
-Frigidarium; che si costituiva di una piccola stanza per il bagno freddo,
-Tepidarium; costituito da una stanza in marmo che faceva abituare il corpo allo sbalzo di temperatura tra una stanza e l’altra,
-Calidarium; l’ultima stanza che era molto luminosa ed era costituita da tinozze e bacini e nelle strutture più grandi e più importanti si trovava una vera e propria piscina.

L’antica struttura prevedeva anche altre stanze per la ginnastica, per i massaggi e dedicate ad incontri e discussioni; i bagni divennero così veri e propri luoghi di aggregazione che non erano destinati solo ad una élite aristocratica, ma a tutto il popolo.

In questo periodo le terme più importanti erano quelle di Caracalla e si costituivano come luogo di incontro di politici e personaggi importanti; le terme di Roma si presentavano come un luogo di relax, benessere, con piscine, parchi e librerie, ma c’era una sostanziale differenza tra le terme pubbliche, destinate all’igiene personale al popolo, dalle terme private che si caratterizzavano per un’indole più aristocratica e politica.

Le terme videro però un periodo di abbandono con la diffusione del cristianesimo che imponeva ai fedeli di non dedicarsi al piacere  che avrebbe portato al peccato, molte struttura infatti vennero chiuse e solo nel Medioevo si ebbe la rinascita delle terme e dei bagni. È proprio nel periodo medievale che le terme diventano famose per le proprietà curative delle acque che interessarono molti medici e studiosi che scrissero numerose ricerche; tra i medici che più si dedicarono a questa attività ricordiamo Michele Savonarola e Ugolino da Montecatini, che scrissero testi di rilevante importanza.

In questo periodo le strutture termali divennero luogo di svago e gioco, delineando però una sostanziale differenza sociale, i bagni infatti cominciarono ad essere frequentati solo dal popolo più ricco; le stesse terme si differenziavano le une dalle altre per i servizi che offrivano e per la qualità dei trattamenti che offrivano a chi vi soggiornava.

La presenza di un centro termale di grande fama garantiva importanza al territorio sul quale sorgeva, ragion per cui chi gestiva la struttura aveva notevole interesse nel garantire strutture e servizi di elevata qualità.

Nel corso del 1800 l’interesse per le terme non è più strettamente legato alle strutture nelle quali rilassarsi e godere degli effetti curativi delle acque, ma anche e soprattutto alle acque minerali; si scoprì che molte terme potevano garantire acque adatte per l’imbottigliamento e la vendita nelle farmacie e negli alberghi.

Le qualità delle acque, testimoniate anche dai medici che a lungo studiarono le loro proprietà, incrementarono notevolmente la diffusione dei centri termali, vennero inoltre realizzate delle Guide che descrivevano le proprietà curative delle acque e dei trattamenti che venivano effettuati all’interno delle terme.

Nel corso del XIX secolo la presenza delle terme in un paese simboleggiava la sua buona condizione economica  e la fiorente attività politica e sociale, la realizzazione di strutture termali prevedeva però la costruzione di efficienti reti di collegamento e quindi di strade e ferrovie; in tutta Europa nacquero numerosi centri che sfruttavano la presenza delle acque minerarie, in particolar modo nei territori del Danubio, del in Spagna, in Grecia e in Ungheria.

In questo periodo storico inoltre una rilevante importanza era occupata dalle strutture architettoniche all’interno delle quali dovevano essere realizzate le terme, come centro termale venivano quindi preferite strutture che si presentavano con maggiore eleganza, raffinatezza e cura dei particolari, in questi termini le terme che erano maggiormente frequentate erano quelle della Francia, dell’Italia e dell’Inghilterra.

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