L'ITALIA È CONOSCIUTA NEL MONDO PER TANTI ASPETTI, MA SICURAMENTE UN SETTORE IN CUI ECCELLE È IL DESIGN. A PARTIRE DAGLI ANNI '50, GRANDISSIMI DESIGNER SI IMPONGONO IN TUTTO IL MONDO: ARTE E CREAZIONI INIMMAGINABILI SI FONDONO PERFETTAMENTE, DANDO VITA A IDEE ORIGINALISSIME. TUTTI I SETTORI EVIDENZIANO QUESTA CREATIVITÀ: L'INDUSTRIA, LA MODA (CHE ABBIAMO GIÀ TRATTATO), L'ARCHITETTURA, L'ARREDAMENTO... L'ITALIAN STYLE SI AFFERMA PREPOTENTEMENTE OVUNQUE.
IL DESIGN
La ricerca di una qualità estetica per gli oggetti di produzione industriale nasce in concomitanza con il diffondersi delle tecnologie, nel corso del XIX secolo. Al ruolo trainante dell'industria inglese nel campo della produzione sono legate le prime formulazioni di un rapporto tra "arte" e "industria", da cui scaturisce la cultura dell'industrial design.
Sebbene il termine design indichi
in senso più ampio la "‘progettazione’ attraverso una rappresentazione
obbiettiva con mezzi grafici o plastici" (Silipo 1968: 161), le
espressioni anglosassoni design e industrial design vengono
ormai comunemente identificate e tradotte in italiano con quella di
"disegno industriale". Altre terminologie adottate per cercare di
comprendere pienamente il significato dell'espressione inglese sono state
considerate quelle di "progettazione per l'industria" e di
"estetica del prodotto". Tuttavia, per non limitare il contenuto
originario, si preferisce in molti casi mantenere il vocabolo inglese e chiamare designer il
progettista legato al disegno industriale.
Per disegno
industriale non si deve intendere né il semplice disegno o schizzo, né il
disegno esecutivo, cioè quell'elaborato grafico contenente tutte le
informazioni necessarie per la realizzazione dell'opera rappresentata; in senso
più ampio e complesso, il disegno industriale va identificato con la
progettazione che precede la produzione in serie di oggetti attraverso un
sistema industrializzato, che comprende sia gli aspetti tecnici che quelli
estetici e che prevede gli aspetti propriamente produttivi dell'opera.
In particolare è insita nel concetto di disegno industriale l'idea che
l'oggetto progettato dal designer contenga già, accanto alle
qualità tecniche e funzionali, determinate caratteristiche formali e che,
soprattutto, queste ultime individuino la sua unicità rispetto ad altri oggetti
simili per funzione e tecnologia.
È nell'aspetto
progettuale, appunto, che la qualità del prodotto industriale si distingue da
quella dei manufatti artistici o artigianali. Questi ultimi, infatti, sono caratterizzati
da un lato dall'unicità dell'oggetto, dall'altro dal fatto che le loro
caratteristiche estetiche, dovute all'azione dell'artista, sono visibili solo
una volta terminata l'opera. Al contrario tutte le qualità estetiche specifiche
dell'oggetto di produzione industriale sono insite del progetto, ovvero nel
modello da cui deriva la successiva produzione in serie.
Il rapporto tra arte
e design ha dato luogo a innumerevoli
discussioni sulla relazione di contrapposizione, subordinazione o
identificazione tra bellezza e utilità. Da una parte, infatti, le
caratteristiche funzionali dell'oggetto prodotto industrialmente e il postulato
di non unicità della produzione in serie tenderebbero a escludere il prodotto
del design dal campo artistico; dall'altra tutta
la fase progettuale a monte della produzione e la finalità dell'oggetto
incarnano, già per le scuole di pensiero del tardo Ottocento, il concetto di
bellezza funzionale. Dorfles (Dorfles 1958: 522) sottolinea, inoltre, come
anche nella filosofia kantiana la finalità contribuisca alla perfezione
dell'oggetto artistico, ricordando che Kant comprende nel settore artistico
della pittura anche le arti decorative, i mobili e l'arredamento, ossia gli
elementi in cui la funzionalità prevale sulla forma.
Nei primi anni del
Novecento alcune correnti di pensiero, nelle quali trovarono spazio personalità
assai diverse come il teorico Paul Souriau e gli architetti Adolf Loos
e Louis Henry
Sullivan proponevano l'identità tra bellezza e utilità o addirittura
subordinazione della forma dell'oggetto alla sua funzione. Gli artisti facenti
capo al Bauhaus sostenevano che, nel disegno industriale, l'utilità e la
bellezza fossero necessariamente legate l'un l'altra: non a caso diverse
esperienze di ricerca estetica nel campo del design sono derivate da
correnti figurative. La crescente consapevolezza che il disegno
industriale potesse costituire un campo autonomo di ricerca artistica è
confermata dagli intenti di alcuni gruppi, come il GRAV (Groupe de Recherche
d’Art Visuel) e Gruppo T, che propongono la progettazione di "oggetti
inutili".
Il rapporto tra design e architettura
Il fatto che molti
grandi designer del Novecento abbiano svolto
contemporaneamente anche la professione di architetto e che i processi di
industrializzazione in architettura prevedano l'utilizzazione sempre più
frequente di elementi costruttivi prefabbricati concorre a dare un'immagine
unitaria ai settori progettuali di design e architettura.
Alcuni architetti, come John Johansen negli Stati Uniti o Jonel Schein in
Francia, hanno addirittura proposto la progettazione di intere abitazioni, ottenute
attraverso la ripetizione di un modello in materiale plastico, del tutto
riconducibili al campo del design.
Nonostante che sia
il prodotto del disegno industriale sia il manufatto architettonico siano
accomunati dalla necessità di un progetto compiuto in tutte le sue parti prima
della realizzazione dell'opera, sussiste una differenza fondamentale tra i due
elementi: mentre l'oggetto industriale è frutto di una produzione in serie
reiterabile infinite volte, l'oggetto architettonico comprende in sé una
concatenazione di elementi di volta in volta nuovi, come la disposizione
topografica, urbanistica e planimetrica dell'edificio, e deve rispondere a
requisiti ogni volta diversi.
Tuttavia
l'architettura si serve costantemente del design, attingendo da questo
campo tutti quegli elementi seriali prefabbricati messi in opera nell'edificio
successivamente, come infissi, serramenti, maniglie, apparecchi sanitari, impianti termici. Pur rimanendo campi progettuali distinti, design e
architettura mantengono quindi relazioni strettissime e molti progettisti hanno
cercato di comprendere entrambi gli aspetti nella loro opera. Questo ha
generato però, dal punto di vista storiografico, la tendenza a considerare la
storia del design sulla falsariga di quella dell'architettura,
senza valutare in questo modo gli aspetti propri del solo disegno industriale.
La difficoltà di
definire con precisione gli ambiti del design,
nonché i rapporti tra questo e altri settori dell'arte ha determinato
notevoli problemi nel proporre una storia del design.
Inoltre, gli innumerevoli settori merceologici in cui si manifesta il design hanno portato molti autori a
frammentare la materia e a proporre tante differenti storie del design che impediscono una visione unitaria.
Per ovviare a queste difficoltà Renato De Fusco (De Fusco 1985: Introduzione)
ha proposto di utilizzare un "artificio storiografico" che si basi
sulla sola fenomenologia del design,
scindendolo dalle definizioni teoriche che lo legano ad arte e architettura. De
Fusco individua quattro fattori invarianti che rendono unitario il processo del design, qualunque sia
l'angolazione teorica con cui si voglia affrontare l'analisi del fenomeno: il
"progetto", la "produzione", la "vendita" e il
"consumo".
In questo modo, alla
fase progettuale e di produzione, già compresa in quasi tutte le teorie del design, si affiancano quella
della vendita del prodotto e della sua utilizzazione. Viene quindi incluso nel
lungo processo che caratterizza il prodotto industriale il ruolo del pubblico
acquirente, che, con la sua adesione o meno per gusto, convenienza o motivi di
prestigio, determina il successo o il fallimento di un prodotto.
È proprio la
coesistenza, con uguale peso, di progettisti, produttori, venditori e
consumatori che agiscono in diversi momenti sulla storia dell'oggetto di
produzione industriale a determinare, secondo De Fusco, la differenza tra il
processo storico del design e quello dell'arte e
dell'architettura, nei quali i protagonisti sono gli artefici e le loro opere.
Questo tipo di
angolazione storiografica ha il limite di trascurare alcuni aspetti comuni ai
diversi processi storici, come ad esempio la committenza, che spesso assume,
sia nel campo delle arti figurative e dell'architettura che in quello del design, un ruolo fondamentale
nelle scelte progettuali: tuttavia, ha il pregio di proporre un metodo di
analisi semplice, che allo stesso tempo comprende fenomeni molto diversi tra
loro ma che discrimina quegli oggetti che non rispondono a tutti i quattro
parametri proposti.
(continua...)
fonte internet
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