lunedì 2 dicembre 2013

DESIGN ITALIANO: UN MITO INTRAMONTABILE !!!


L'ITALIA È CONOSCIUTA NEL MONDO PER TANTI ASPETTI, MA SICURAMENTE UN SETTORE IN CUI ECCELLE È IL DESIGN. A PARTIRE DAGLI ANNI '50, GRANDISSIMI DESIGNER SI IMPONGONO IN TUTTO IL MONDO: ARTE E CREAZIONI INIMMAGINABILI SI FONDONO PERFETTAMENTE, DANDO VITA A IDEE ORIGINALISSIME. TUTTI I SETTORI EVIDENZIANO QUESTA CREATIVITÀ: L'INDUSTRIA, LA MODA (CHE ABBIAMO GIÀ TRATTATO), L'ARCHITETTURA, L'ARREDAMENTO... L'ITALIAN STYLE SI AFFERMA PREPOTENTEMENTE OVUNQUE.




IL DESIGN
La ricerca di una qualità estetica per gli oggetti di produzione industriale nasce in concomitanza con il diffondersi delle tecnologie, nel corso del XIX secolo. Al ruolo trainante dell'industria inglese nel campo della produzione sono legate le prime formulazioni di un rapporto tra "arte" e "industria", da cui scaturisce la cultura dell'industrial design.

Sebbene il termine design indichi in senso più ampio la "‘progettazione’ attraverso una rappresentazione obbiettiva con mezzi grafici o plastici" (Silipo 1968: 161), le espressioni anglosassoni design e industrial design vengono ormai comunemente identificate e tradotte in italiano con quella di "disegno industriale". Altre terminologie adottate per cercare di comprendere pienamente il significato dell'espressione inglese sono state considerate quelle di "progettazione per l'industria" e di "estetica del prodotto". Tuttavia, per non limitare il contenuto originario, si preferisce in molti casi mantenere il vocabolo inglese e chiamare designer il progettista legato al disegno industriale.
Per disegno industriale non si deve intendere né il semplice disegno o schizzo, né il disegno esecutivo, cioè quell'elaborato grafico contenente tutte le informazioni necessarie per la realizzazione dell'opera rappresentata; in senso più ampio e complesso, il disegno industriale va identificato con la progettazione che precede la produzione in serie di oggetti attraverso un sistema industrializzato, che comprende sia gli aspetti tecnici che quelli estetici e che prevede gli aspetti propriamente produttivi dell'opera. In particolare è insita nel concetto di disegno industriale l'idea che l'oggetto progettato dal designer contenga già, accanto alle qualità tecniche e funzionali, determinate caratteristiche formali e che, soprattutto, queste ultime individuino la sua unicità rispetto ad altri oggetti simili per funzione e tecnologia.

È nell'aspetto progettuale, appunto, che la qualità del prodotto industriale si distingue da quella dei manufatti artistici o artigianali. Questi ultimi, infatti, sono caratterizzati da un lato dall'unicità dell'oggetto, dall'altro dal fatto che le loro caratteristiche estetiche, dovute all'azione dell'artista, sono visibili solo una volta terminata l'opera. Al contrario tutte le qualità estetiche specifiche dell'oggetto di produzione industriale sono insite del progetto, ovvero nel modello da cui deriva la successiva produzione in serie.

Il rapporto tra design e arte
Il rapporto tra arte e design ha dato luogo a innumerevoli discussioni sulla relazione di contrapposizione, subordinazione o identificazione tra bellezza e utilità. Da una parte, infatti, le caratteristiche funzionali dell'oggetto prodotto industrialmente e il postulato di non unicità della produzione in serie tenderebbero a escludere il prodotto del design dal campo artistico; dall'altra tutta la fase progettuale a monte della produzione e la finalità dell'oggetto incarnano, già per le scuole di pensiero del tardo Ottocento, il concetto di bellezza funzionale. Dorfles (Dorfles 1958: 522) sottolinea, inoltre, come anche nella filosofia kantiana la finalità contribuisca alla perfezione dell'oggetto artistico, ricordando che Kant comprende nel settore artistico della pittura anche le arti decorative, i mobili e l'arredamento, ossia gli elementi in cui la funzionalità prevale sulla forma.
Nei primi anni del Novecento alcune correnti di pensiero, nelle quali trovarono spazio personalità assai diverse come il teorico Paul Souriau e gli architetti  Adolf Loos e Louis Henry Sullivan proponevano l'identità tra bellezza e utilità o addirittura subordinazione della forma dell'oggetto alla sua funzione. Gli artisti facenti capo al Bauhaus sostenevano che, nel disegno industriale, l'utilità e la bellezza fossero necessariamente legate l'un l'altra: non a caso diverse esperienze di ricerca estetica nel campo del design sono derivate da correnti figurative. La crescente consapevolezza che il disegno industriale potesse costituire un campo autonomo di ricerca artistica è confermata dagli intenti di alcuni gruppi, come il GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel) e Gruppo T, che propongono la progettazione di "oggetti inutili".

Il rapporto tra design e architettura
Il fatto che molti grandi designer del Novecento abbiano svolto contemporaneamente anche la professione di architetto e che i processi di industrializzazione in architettura prevedano l'utilizzazione sempre più frequente di elementi costruttivi prefabbricati concorre a dare un'immagine unitaria ai settori progettuali di design e architettura. Alcuni architetti, come John Johansen negli Stati Uniti o Jonel Schein in Francia, hanno addirittura proposto la progettazione di intere abitazioni, ottenute attraverso la ripetizione di un modello in materiale plastico, del tutto riconducibili al campo del design.
Nonostante che sia il prodotto del disegno industriale sia il manufatto architettonico siano accomunati dalla necessità di un progetto compiuto in tutte le sue parti prima della realizzazione dell'opera, sussiste una differenza fondamentale tra i due elementi: mentre l'oggetto industriale è frutto di una produzione in serie reiterabile infinite volte, l'oggetto architettonico comprende in sé una concatenazione di elementi di volta in volta nuovi, come la disposizione topografica, urbanistica e planimetrica dell'edificio, e deve rispondere a requisiti ogni volta diversi.
Tuttavia l'architettura si serve costantemente del design, attingendo da questo campo tutti quegli elementi seriali prefabbricati messi in opera nell'edificio successivamente, come infissi, serramenti, maniglie, apparecchi sanitari, impianti termici. Pur rimanendo campi progettuali distinti, design e architettura mantengono quindi relazioni strettissime e molti progettisti hanno cercato di comprendere entrambi gli aspetti nella loro opera. Questo ha generato però, dal punto di vista storiografico, la tendenza a considerare la storia del design sulla falsariga di quella dell'architettura, senza valutare in questo modo gli aspetti propri del solo disegno industriale.

L'artificio storiografico proposto da De Fusco
La difficoltà di definire con precisione gli ambiti del design, nonché i rapporti tra questo e altri settori dell'arte ha determinato notevoli problemi nel proporre una storia del design. Inoltre, gli innumerevoli settori merceologici in cui si manifesta il design hanno portato molti autori a frammentare la materia e a proporre tante differenti storie del design che impediscono una visione unitaria. Per ovviare a queste difficoltà Renato De Fusco (De Fusco 1985: Introduzione) ha proposto di utilizzare un "artificio storiografico" che si basi sulla sola fenomenologia del design, scindendolo dalle definizioni teoriche che lo legano ad arte e architettura. De Fusco individua quattro fattori invarianti che rendono unitario il processo del design, qualunque sia l'angolazione teorica con cui si voglia affrontare l'analisi del fenomeno: il "progetto", la "produzione", la "vendita" e il "consumo".
In questo modo, alla fase progettuale e di produzione, già compresa in quasi tutte le teorie del design, si affiancano quella della vendita del prodotto e della sua utilizzazione. Viene quindi incluso nel lungo processo che caratterizza il prodotto industriale il ruolo del pubblico acquirente, che, con la sua adesione o meno per gusto, convenienza o motivi di prestigio, determina il successo o il fallimento di un prodotto.
È proprio la coesistenza, con uguale peso, di progettisti, produttori, venditori e consumatori che agiscono in diversi momenti sulla storia dell'oggetto di produzione industriale a determinare, secondo De Fusco, la differenza tra il processo storico del design e quello dell'arte e dell'architettura, nei quali i protagonisti sono gli artefici e le loro opere.
Questo tipo di angolazione storiografica ha il limite di trascurare alcuni aspetti comuni ai diversi processi storici, come ad esempio la committenza, che spesso assume, sia nel campo delle arti figurative e dell'architettura che in quello del design, un ruolo fondamentale nelle scelte progettuali: tuttavia, ha il pregio di proporre un metodo di analisi semplice, che allo stesso tempo comprende fenomeni molto diversi tra loro ma che discrimina quegli oggetti che non rispondono a tutti i quattro parametri proposti.
(continua...)

 fonte internet


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