In Italia il rinnovamento della
scultura diede risultati notevoli nel XX secolo, dopo le esperienze impressioniste di Medardo Rosso e quelle futuriste di Umberto Boccioni (nella foto la sua opera più famosa: Forme uniche della continuità nello spazio).
Tralasciando artisti
ancora legati alla scuola del vecchio realismo, come Evaristo Boncinelli
(1883-1948) e Angelo Zanelli (1879-1942), autore del grande fregio del
Vittoriano a Roma, un posto a parte occupa la figura di Adolfo Wildt (1868-1931), vero virtuoso del marmo
nelle sue composizioni grevi di suggestioni simboliche (Trilogia, Milano, Villa
reale; la Concezione, Milano, Museo della scienza e della tecnica) e vibranti
di trasparenze floreali, come nei metafisici ed esangui ritratti. Toccato dalle
esperienze futuriste di Boccioni fu Roberto Melli (Signora dal cappello nero,
Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), mentre notevoli influenze francesi
sono rintracciabili nell'opera liberamente tradizionale di Libero Andreotti (1875-1933). Nell'ambito del rinnovato
classicismo si espressero Romano Romanelli (1882-1968), autore di monumenti e
notevoli ritratti, e ancora Alfredo Biagini (1886-1952), Arturo Dazzi, Italo
Griselli, Attilio Selva.
Ben altra importanza assume nella prima metà del secolo la
personalità di Arturo Martini (1889-1947), creatore inesauribile e
virtuoso di ogni tipo di materiale, dalla creta al legno, alla pietra, al
bronzo. Narratore di vena sempre fresca, sembra talvolta riscoprire antichi
mondi mediterranei (La lupa, Vado Ligure, Casa Martini; La sete, Milano,
Galleria d'arte moderna), mentre altre volte si rifugia in una lirica intimità
nei deliziosi bozzetti in terracotta (Gli acrobati, Intra, Collezione Rosmini;
Attesa, Vado Ligure, Casa Martini; Chiaro di luna, Anversa, Museo di scultura)
e nei sensibili ritratti.
Mentre la produzione di Martini appare dunque varia e
imprevedibile, quella di Marino Marini (1901-1980) appare concentrata quasi
esclusivamente su un unico tema, quello del Cavallo e del Cavaliere (New York,
Museo d'arte moderna; Milano, Collezione Jucker; Rotterdam, Museo Boymans;
Dusseldorf Kunstmuseum). Sono figure e gruppi che hanno la forza e il fascino
di prodotti di antichissime civiltà, nei quali si ravvisano reminiscenze
etrusche e romaniche, eppure risultano di straordinaria modernità per il
supremo dominio dello spazio e la superba astrazione formale.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRZEl-Mj-kHr7A1c5KKy5eTaAh2bLQrNQj5Ga_H2_CCmRQ76OOxZRGjhpTucq1pqYLSjKtdN0Y9aEk8L3QrnmKu7796r_tV2Gows2MR-L9qm86AV1QnxFZPv_UYEENWeT_WeJQVG4du9k/s320/Francesco+Messina+-+Cavallo+morente+(Roma,+Palazzo+della+Rai,+1966).jpg)
Ancora figurativo, Emilio Greco (1913-1995) ha creato eleganti figure,
soprattutto femminili, dall'espressione talora ambigua e inquietante, con una
tecnica sempre raffinatissima (Anna, Milano, Galleria d'arte moderna).
Una passionale foga espressionista prevale chiaramente nelle opere
del primo periodo figurativo di Mirko Basaldella (1910-1969, David, Roma, Galleria
nazionale d'arte moderna), passato poi all'astrattismo, senza nulla perdere
però della violenza formale che lo contraddistingue (cancellata per le Fosse
Ardeatine; nella foto Linee forze nello spazio 1953).
In Italia l'affermazione dell'astrattismo nella scultura fu
lenta e progressiva, e molti artisti oscillarono a lungo tra figurativo e
astrazione. Questa situazione è evidente nelle opere diMarcello Mascherini (1906-1983), di Pericle Fazzini (1913-1987), di Luigi Broggini (1908-1983),
Il vero inizio dell'astrattismo in Italia può però datarsi 1930
quando Lucio Fontana tenne a Milano la sua prima
"personale" di scultura astratta; mentre forme sempre più
semplificate e pure sono create da Alberto Viani (1906-1986), memore
dell'esempio di Arp, in marmi di eccezionale purezza, ove il ricordo
dell'archetipo umano si stempera in curve fluide e superfici luminose
(Cariatide, Venezia, Ca' Pesaro). Gli esseri reali di Agenore Fabbri (1911-1998) sono snaturati e
drammatizzati dalla trattazione a piani aguzzi e spezzati, di una crudele
spigolosità (L'uomo di Hiroshima, Venezia, Ca' Pesaro), ma il passo decisivo
sulla via dell'astrattismo è compiuto da Umberto Mastroianni (1910-1998; Il cavaliere
alato, Torino, Galleria d'arte moderna), la cui visione libera nello spazio è
pienamente nuova e originale; da Luciano Minguzzi (1911-2004) con le sue fragili
composizioni di fili di metallo (Pas de quatre, Milano, Collezione privata) ;
da Francesco Somaini (1926-2005) e da Umberto Milani (1912-1969). Tra i risultati più
apprezzabili di questa tendenza sono da annoverare le opere di Pietro Cascella (nato nel 1920), geometrici incastri
di ruvida pietra, di primordiale risonanza; quelle di Pietro Consagra (1920-2005), che anima di improvvise
lacerazioni le sue composizioni di sottili lastre metalliche; e infine quelle
dei fratelli Arnaldo Pomodoro (nato nel 1926) e Gio' Pomodoro (1930-2002) , creatori di un nuovo
linguaggio in rilievi palpitanti di sottili corrispondenze tra i minuti
elementi geometrici che li compongono (Terra e sole, Torino, Galleria d'arte
moderna; Colonna del viaggiatore, Collezione Nelson A. Rockefeller).
Un ulteriore allargamento del ventaglio dei materiali della
scultura si registra nella seconda metà del Novecento. Nei primi anni Sessanta
i minimalisti utilizzano elementi modulari e per lo più di asettica produzione
industriale privi di qualsiasi contenuto specifico; essi lavorano sul ritmo o
su variazioni iterate della struttura modulare di base rifiutando qualsiasi
interiorità ed emotività della forma scultorea, allontanando ogni espressione
individuale e gusto della piacevolezza a vantaggio dell'essenzialità esecutiva.
Un'estrema libertà di sperimentazione materica si ritrova
nell'ambito variegato dell'Arte Povera e
dell'arte concettuale. Negli anni Sessanta Pino Pascali realizza Bachi da setola con
spazzoloni colorati. Nella Venere degli stracci (1967) Michelangelo Pistoletto contrappone alla Venere classica,
proposta in una banale copia in gesso collocata di spalle, una montagna
disordinata di stoffe e stracci. Con una serie di palle di cemento disposte per
terra Alighiero Boetti compone il suo autoritratto: lo che
prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969. Mario Merz, crea i suoi celebri Igloo
in terra, vetro e tubi fluorescenti; Gilberto Zorio, realizza opere in
ghiaccio colorato chimicamente, o impresse sul cuoio;Jannis Kounellis (di origine greca, ma da anni
residente in Italia), realizza grandi sculture in ferro e carbone, o in piombo; Giuseppe Penone, con i suoi tronchi
sezionati e pazientemente lavorati rende evidente la struttura dei condotti
linfatici.
Negli ultimi decenni del Novecento si è assistito anche al
riemergere di tendenze espressionistiche, con le opere di artisti come Mimmo Paladino, membro del gruppo
della Transavanguardia (nella foto: i dormienti).
Tra le altre importanti personalità del Novecento ricordiamo:
Nessun commento:
Posta un commento